Lunghi travagli durati quasi quattro anni (l’ultima album risale al 2008) sono serviti a concepire un autentico ‘revelation album’. Non si poteva chiedere di piu’ al sestetto che porta il nome Tystnaden, dopo l’ennesimo cambio di line up che ha visto entrare in pianta stabile Giancarlo Guarrera alle tastiere e Marco Cardona alle sei corde, giunti a rinvigorire con nuove idee il gia’ rodato e importante passato del gruppo.
L’album si è fatto desiderare ma l’attesa non è stata tanto vana. La band friulana ha sciorinato una lodevole maturita’ artistica, incentrata sull’efficacia della struttura dei brani (notevole la quantita’di melodie accessibili e a tratti orecchiabili) ed allo stesso tempo ha mantenuto un’identita’ potente ed energica…un vero ‘carroarmato’ pronto anche in sede live.
L’opener song “Lust” è a tutti gli effetti preludio di quello che l’album per intero ci offrirà, ovvero grandi riffs uniti a possenti schiaffi melodici alternati a giuste iniezioni di growl. “Struggling At The Mirror” è uno strano ‘piece de resistence’ correlato da un energico video clip che fa risaltare l’insana furia del brano in questione. “Egonist” si candida come probabile capolavoro, ed è soltanto il terzo brano in scaletta. Un vortice di melodia quasi progressive valorizzato da uno strepitoso guitar solo di mr. Cardona…leggermente meno coinvolgente “Days And Lies” comunque negli standards anche grazie ad un altro assolo di chitarra da brividi. Rompe il ritmo vorticoso la circense intro di “Against The Windmills”, song che via via si ingigantisce a dismisura fino a diventare l’ennesimo capolavoro. Con “Father Mother” sale in cattedra un’infinita Laura De Luca…intensa ballad che diversi gruppi dal blasone piu’ imponente avrebbero voluto scrivere, composta da voce suadente e mai scontata, che esplode in un refrain non comune alle canzoni del genere. A riportare in ‘carreggiata heavy’ il gruppo è il tris “Mindrama”, “War” e “The Life Before”, dove il duo vocale Guarrera/De Luca trasforma questi pezzi in veri e propri grovigli vocali e sinfonici degni di nota. Tocca a “Innerenemy” a far letteralmente sobbalzare dal divano, song che non sfigurerebbe in un album dei molto piu’ quotati Within Temptation. Chiude l’opera la toccante “The Journey”, brano acustico dal principio avvolto da sole chitarre, piano e voce, che assume via via un crescendo progressivo trasformandosi in un gothic schiacciasassi, grazie anche ad un Alberto Iezzi ispiratissimo dietro le pelli.
Un album al quale non manca nulla, dove il combo in questione ci fa stare sempre con occhi vigili e orecchie ben aperte, risultato di un prodotto di indiscutibile valore.