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VASTATOR – Machine Hell

Vecchi volponi del metallo, questo in buona sostanza sono i Vastator. Non preoccupatevi se non sapete chi sono nonostante la lunga militanza sulla scena, è normale. Sono cileni e bazzicano nelle bettole sudamericane dal lontano ’85, per un breve periodo come Hammer, ben presto sotto il monicker attuale. In questo lasso di tempo non sono stati esattamente prolifici, Machine Hell è solo il terzo disco della formazione, oggi distribuita in Europa dalla Inferno Records, label che scandaglia l’underground alla ricerca di band per niente avvezze alle rivoluzioni sonore e provenienti da ogni angolo del pianeta.
Del tipico prodotto underground “Machine Hell” ha dalla sua, purtroppo, una produzione frettolosa e amatoriale, che sacrifica la forza d’urto della sezione ritmica e non esalta nemmeno l’impatto delle chitarre. Non un disastro assoluto, ma si poteva fare di meglio. A livello stilistico, i Vastator prendono un po’ qua e un po’ là dai propri gruppi preferiti, mostrando un po’ di indecisione e arrivando a percorrere tante strade diverse nell’arco dell’album. Quando pestano decisi e alzano i giri del motore, i quattro mischiano con discreto mestiere i Judas Priest dell’era Painkiller e lo US metal più arrembante, oltrepassando spesso il traballante muro che divide heavy classico e speed metal. Contribuisce ad andare in questa direzione il cantato iper-acuto di Sr. Díaz, una lama affilata che non ha pietà alcuna nell’affondare fino all’osso i colpi. In brani con queste caratteristiche, tra i quali troviamo la sconquassante title-track, X-Terminate (puro Exciter-style), Puñado de Almas, i cileni si dimostrano diligenti allievi che ripetono la lezione un po’ a memoria, ma palesano poche incertezze. Se invece ai Vastator salta in mente di imitare i Maiden ultimo periodo (Fiend), il Ronnie James Dio più malefico, avvalendosi delle vocals di Veronica Freeman (The Gods Give No Reply), addirittura i Blind Guardian, nella ballad vagamente folkloristica Reminiscense, i risultati sono decisamente meno apprezzabili. Nel primo caso, è palese che il singer si sforzi di cantare in una maniera che non gli è consona, e il resto della band appare impacciato a interpretare partiture meditate e progressive. Il pezzo con la Freeman non sarebbe malaccio, ma la pettoruta vocalist starnazza un po’ a sproposito, mentre il pezzo lento poteva essere tolto dalla tracklist tranquillamente, occupa spazio sul disco e basta.
Il rischio di fare il passo più lungo della gamba c’è anche nella suite conclusiva Caleuche, indubbiamente troppo lunga e articolata per le capacità dei musicisti, ma che riesce a salvarsi grazie a un riffing darkeggiante piuttosto ispirato. Tra luci ed ombre, Machine Hell strappa lo stesso la sufficienza: ci sentiamo però di consigliarlo solo ai completisti del genere, quelli che morirebbero a sapere di non avere in casa anche una sola release classic metal buttata sul mercato. Gli altri spendano pure diversamente i loro denari.

  • 6/10

  • VASTATOR - Machine Hell

  • Tracklist

    01.Machine Hell
    02.8.8
    03.The Gods Give No Reply
    04.Fiend
    05.X-Terminate
    06.Hawker Hunter
    07.Reminiscense
    08.Combustible en la Sangre
    09.Puñado de Almas
    10.El Ultimo Grito en el Infierno
    11.Caleuche


  • Lineup

    Felipe Hernández - chitarra
    Peyote Barrera - basso, tastiere
    Gerardo Barrenechea - batteria
    Sr. Díaz - voce