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VENIAL SIN – Sphere of morality

Delle volte è difficile per un redattore riuscire a mantenere una certa imparzialità nel giudizio e valutare una band con evidenti affinità ad un gruppo che si ama alla follia. Per questo nell’ascolto dell’ultima fatica dei portoghesi Venial Sin mi sono più volte concentrato sugli elementi di unicità che contraddistinguono il loro progressive death metal, ovvero un growl molto brutale, a tratti prossimo al black, e una forte presenza di tastiere vicine al gothic che aggiungono una discreta profondità alla proposta musicale. Poi viene il momento in cui si capisce che è inutile nascondersi dietro un dito e bisogna dire le cose chiare e tonde: i portoghesi nelle parti più pulite e prog suonano uguali agli Opeth. Identici. Spaccati. Difficile dire se questa cosa sia un bene o un male, perché da un lato misurarsi con dei mostri sacri come gli svedesi (l’album di riferimento è il monumentale Ghost Reveries) è indubbiamente una sfida ardua, ma il risvolto della medaglia è una evidente carenza di personalità che impedisce ai Venial Sin di staccarsi dai modelli di riferimento e costruire qualcosa di veramente personale. Sphere of morality rimane comunque un album (in teoria sarebbe un EP, ma i brani sono comunque talmente lunghi da far raggiungere al disco un buon minutaggio) interessante, per forza di cose poco originale ma comunque coinvolgente e articolato nella sua struttura. I brani sono molto lunghi, ben sviluppati nella loro alternanza tra parti death e passaggi prog molto ariosi e dalle partiture interessanti ed evocative. Forse la parte più interessante e personale dei Venial Sin sono i momenti death metal, dove le varie influenze e gli stili dei membri si incontrano per dare vita a un patchwork abbastanza ricco e particolare: se gli influssi black di cantante e batterista aggiungono velocità e profondità ad una sezione altrimenti un po’ monocorde, il background gothic doom del chitarrista e tastierista Pedro Matos va ad inserire quel pizzico di malinconia che non fa di certo male. Purtroppo una registrazione un po’ approssimativa mortifica il prodotto finale, che con dei suoni migliori e meno impastati sarebbe stato decisamente più gradevole. Dovendo parlare di un brano su tutti, l’unico che mi ha veramente impressionato è la conclusiva titletrack: primo blocco in cui finalmente death e prog si sposano e si amalgamano benissimo tra di loro, rifuggendo per una volta il clichè della parte death con growl seguita dalla parte prog con voce pulita, e tranche finale in cui i portoghesi omaggiano alla grande i Pink Floyd con qualche munuto di pura psichedelia strumentale. Il resto dell’album è interessante ma maledettamente derivativo, quindi Sphere of morality purtroppo non è altro che un buon biglietto da visita per una band che ha delle ottime idee ma difetta ancora in personalità.

  • 6/10

  • VENIAL SIN - Sphere of morality

  • Tracklist
    1. A new rose
    2. Prepared for battle
    3. Novembers fall
    4. Real end
    5. Vanishing into death
    6. Sphere of morality (Part I; Part II)

  • Lineup
    Renato Sousa. voce
    Pedro Matos. chitarra, tastiere, voce
    Rafael Pinto. chitarra
    Gustavo Gonçalves. basso
    Helder Guedes. batteria