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BURZUM – Fallen

Tutto ciò che è profondo nasce dall’insanità mentale.

Questa massima è sicuramente la più adatta per spiegare l’operato del Genio Varg. Lui ha vinto
tutti i riluttanti scettici, e tutti coloro che ritenevano che egli fosse tornato al Black solo per i soldi, con le vorticose anti-melodie dell’ottimo”Belus”, che era sia una vera e propria visione dell’ultimo girone infernale, sia l’album estremo dell’anno, ma anche un decisivo riscatto per la figura del Conte e del Suo operato. Ma già dopo pochissimo tempo abbiamo una graditissima notizia, inaspettata ma meravigliosa per la sottoscritta, ovvero il suo ritorno sulle scene, figlio di una rinnovata ambizione, in questo Marzo 2011, con l’inedito LP “Fallen”,disco del quale ci occuperemo in questa sede, un ritorno che effettivamente fa parecchio male. E sono fiera di annunciare che abbiamo diversi cambiamenti da segnalare, e già osservando l’inusuale cover, inaspettata per il Signore del suono norvegese, si evige che effettivamente qualcosa è cambiato e che Burzum, anche se non comporrà mai musica per tutta la famiglia, si dimostra ancora uno dei pochissimi innovatori odierni, insieme al transalpino Alcest: Un artwork affogato in colori pastello, che sicuramente ha causato una sincope ai fans storici, come porcellana dal vetro quasi rosato, una diafana donna, dalle forme tipicamente classiche, è appoggiata su un capitello, il quale ha come sfondo uno scenario boschivo. Una copertina stupenda per carità, ma che sicuramente è qualcosa di completamente diverso da quanto mi aspettassi dal vecchio mister Varg, romantica e più vicina a certe Cover di un certo Funeral Doom decisamente elitario e raffinato, e ed è davvero diversa rispetto a quelle dello stesso magnate nordico di tanti anni fa, una volta immerse nel nero e in cui le chitarre sembravano motoseghe arrugginite. Con orgoglio affermo che il suo canonico Black Metal ha un nuovo volto, il quale non è certo un stravolgimento o una rivoluzione eccessiva ma che comunque non manca di qualche novità: Ci troviamo davanti all’album più melodico del nostro nordico interlocutore affascinate, che abbandona le sue solite atmosfere da castello dei fantasmi, presenti a iosa anche nell’ultimo e oscurissimo “Belus”, trovandoci di fronte ora ad un album tutto fuorché gelido, assumendo connotati diversi rispetto ai suoi celeberrimi precedenti. Un altro elemento di innovazione è l’uso particolare della melodia anche nel cantato del nostro Principe delle Tenebre, che sperimenta spesso e volentieri con le voci pulite, causando possibili malori ai fans true e raw, con l’ausilio del suo timbro quasi come un esperimento, molto armonioso, e riuscendo ad andare oltre, in maniera positiva, e che caratterizza il disco nella sua particolarità, a cui dona dunque un’inusuale ma gradita vena epica, che io ho trovato vincente, suggestionando il mio cuore, scovando qualche parentela con il suo conterraneo Garm, nel fondamentale Bergnatt targato Ulver, composto nel lontano 1994. Altro leggero cambio di rotta: In questo album le sue solite tematiche testuali, care al nostro liberto di Norvegia, quelle di stampo mitologico e pagano, vengono abbandonate a favore di temi più lirici, intimistici e introspettivi.
Si inizia con l’intro canonico di Fra Verdenstreet .Poi si prosegue con la finestra spalancata sull’armonia, davvero divina, di Jeg Faller, in cui non manca la sua solita ed elitaria furia di alta classe, ma essa ci da anche una lezione sul significato di consonanza estrema, che assume connotati davvero fuori dal comune, frantumandosi in una matassa di modulazioni vocali, limpide come l’acqua, mai così drammatiche, intense, enfatiche e soprattutto narrative. Si prosegue in un baleno con la catchy, per gli standard di Burzum, Valen, e la sua spirale densa di vita ed ebbra di luna, la quale vanta un inciso delle sei corde memorabile, e una devozione sempre costante per le magie vocali, e che entra in noi totalmente, come occhio del ciclone ammaliante, per restarci per sempre. Semplicemente indimenticabile, perfetto nel ruolo di climax assoluto. Tornano sul luogo del delitto con Vanvidd, che si apre con un riff morboso e vibrante, che, nella sua immensa dimensione fatata, lontana da qualsiasi stereotipo costituito dai soliti ghiacci e foreste nella terra dei fiordi, ci offre una panoramica perfetta di energia e vigore, introspezione e follia. Si continua alla grande con la turbata Enhver til Sitt, dove chitarre che dipingono strofe che il cantato marchia eternamente, nella quale i nostri ricordi più assurdi ed indelebili emergono uno dopo l’altro, allineati come ceri. La quasi dolcissima, nella quale viene alzato il tiro, Budstikken, a volte mitigata da aperture più solari, sembra esser costruita da rarefatti ed evanescenti rivoli di fumo che danzano nella luce rossa, solenne come non mai, e non mancherà di emozionarci ancora, ora e per sempre. Si conclude l’ lp con Til Hel og tilbake igjen, che si fregia di insoliti giochi percussivi di suoni ricercati, dalle inaspettate tessiture orientali e dai languidi vortici acustici: strumentale finale che però non cede alla tentazione di nessun rivolo di elettricista ed è un overture più tipica dal sommo Neige che dall’altrettanto sommo Varg.

Dopo aver ascoltato “Fallen” tutto d’un fiato mi sbilancio dicendo che si tratta di un platter colmo di mero orgoglio Burzumiano, che con le sue premesse poteva allarmarci, ma che invece il suo nebuloso flusso è un altro grandissimo Goal, dimostrando che, cosa nota ormai, ormai la strafa maestra, da Belus in poi, è stata ripresa, e che è impossibile non cedere alla catalessi che questo disco provoca. Dunque le lodi si sprecano e coloro che vivono di pane e di metal estremo non possono che prepararsi a metter mano al portafogli.

  • 8/10

  • BURZUM - Fallen

  • Tracklist

    01. Fra V0erdenstreet
    02. Jeg Faller
    03. Valen
    04. Vanvidd
    05. nhver Til Sitt
    06.Bud 0stikken
    07. Til Hel Og Tilbake Igjen


  • Lineup

    Varg Vikernes "Count Grishnackh" (b. Kristian Vikernes) - voce, tutti gli strumenti