Si cresce, si impara molto dalla vita e con gli anni matura una sempre maggiore comprensione dei propri mezzi; benché possa essere facile provare a mentire a sé stessi, sarà l’appagamento nell’ottenere risultati che ci porrà al cospetto dei nostri limiti: ciò che è fatto con passione e cuore viene accolto come autentico, sentito e coinvolgente.
Se ai Cannibal Corpse chiedeste, per una volta, di snaturare la propria arte, finireste per distruggere un mito. E sebbene il nuovo “A Skeletal Domain” non stravolga una virgola del loro costante e tecnicissimo brutal death metal, il quintetto floridiano pone invece un accento maggiore sulla qualità. Sempre fedelmente accasati sotto la Metal Blade Records, i Cannibal Corpse scelgono di affidare la produzione a Mark Lewis, cercando di ottenere un sound più moderno e innovativo rispetto al proprio passato. Operazione che riesce ad hoc, estraendo dodici tracce che spaccano le gambe, permettono un ascolto ‘agevole’ e non lasciano nulla al caso.
George Fisher e soci inseriscono la violenza anche in consolle, optando per una produzione fredda oltremodo, capace di esternare una agghiacciante opprimenza. I suoni sono limpidi e martellanti, dotati di un’impatto devastante e inarginabile, mentre le performance rappresentano a pieno lo status dei cinque componenti: esperienza e voglia di rimettersi in gioco ad ogni uscita per propinare qualcosa che possa sempre ‘andare oltre’.
“A Skeletal Domain” in tutta la sua lunghezza rimane una lezione estrema invidiabile…violenza allo stato brado la si può trovare in “High Velocity Impact Spatter”, “Asphyxiate To Resuscitate” e “Hollow Bodies”, mentre se si cercano attimi di respiro o cadenzati la titletrack e “Funeral Cremation” faranno al caso vostro…George Fisher da il meglio della propria gola in “Kill Or Become” e “Vector Of Cruelty”, dove il cantante riesce maggiormente a esternare la violenza contenuta nei concetti ‘estremisti’ delle lyrics.
Un disco di portata volutamente violenta, come sempre. Dai Cannibal Corpse non ci si può aspettare altro che quaranta minuti di devastazione ragionata e meticolosa; niente di nuovo sul fronte occidentale…per fortuna.