I Dead Cowboy’s Sluts dimostrano un amore così viscerale (è proprio il caso di dirlo!) verso quel particolare genere di horror chiamato “torture porn” da costruirci quasi la propria musica intorno. Per chi non lo sapesse, parliamo di quel filone reso famoso da Hostel e che ultimamente annovera certe “perle” del calibro di Human centipede, quindi non propriamente lo stato dell’arte fatto film, semplicemente un’accozzaglia di immagini forti e disturbanti in sequenza per disgustare lo spettatore. I francesi portano quindi fortemente questa estetica all’interno della propria proposta musicale, col risultato di suonare un misto di death e thrash fieramente old school che colpisce come un macigno peccando però parecchio di originalità. C’è da dire che però la personalità c’è tutta, perché il quintetto si ispira sì in modo massiccio ai buoni vecchi Haunted di una volta, ma ci mette dentro anche pesanti dosi di Pantera e tocchi decisamente propri, con un’attitudine vicina all’hardcore e una sfrontatezza che conquista chi ha un animo un po’ tamarro. Altra nota di merito per i Dead Cowboy’s Sluts (oltre al nome semplicemente sublime!) va ai suoni che caratterizzano l’intero album: anziche puntare su una facile produzione plastificata affine agli ultimi standard death metal, i francesi hanno dato una netta impronta swedish alle chitarre ed al contempo un suono molto marcio e sporco alla sezione ritmica, quasi southern, creando un impasto decisamente potente e vitale, quantomai particolare. La voce è ovviamente molto in risalto, capace di trainare ed energizzare i brani grazie ad un timbro particolarmente bello e un’ottima versatilità. L’aggressività che viene espressa in ogni brano è palpabile, pulsante e lacerante, ben sorretta a tratti da leggere digressioni melodiche di chitarra atte a creare stati di tensione che enfatizzano al meglio i passaggi più tirati. Il grosso lato negativo dei giovani francesi è che purtroppo non c’è mai un passaggio, uno stacco, un breakdown che colpisca fino in fondo e che faccia gridare al miracolo. Certo, la testa si scuote incessantemente dall’inizio alla fine, ma ogni pezzo è purtroppo prevedibile e chi è un po’ scafato nel genere avrà la spiacevole sensazione di sapere dove il tutto andrà a parare. Bisogna rendere atto che The hand of death è un debut album e che ci sono anche tentativi di andare ad esplorare territori affini al genere che regalano qualche brivido, come ad esempio la titletrack divisa in due parti che è un ottimo brano sludge/doom, anche se la voce tirata troppo in screaming di Benjamin toglie un po’ quell’atmosfera di oppressione che poteva graziare la composizione. Non un album completamente sbagliato quindi questo The hand of death, semplicemente un debut ancora abbastanza acerbo da parte di una band che con l’esperienza tirerà sicuramente fuori tutta la propria personalità.Per ora i Dead Cowboy’s Sluts sopperiscono al frequente senso di déjà entendu con un’aggressività notevole che rende il lavoro decisamente frizzante.
DEAD COWBOY’S SLUTS – The hand of death
DEAD COWBOY’S SLUTS - The hand of death
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Tracklist
1. B.T.K.2. Asylum Breakout3. I will hunt you down4. Lusk5. Must be broken6. Criminal7. Purify by fire8. This hate9. Gates of perdition10. Skull crusher11. Life, death, and its painful intervening period12. The hand of death pt. 113. The hand of death pt. 214. Backdraft
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Lineup
Benjamin Leclerc. voceMathieu Leclerc. chitarraPierre Plathey. chitarraMorgan Djinadou. bassoGuillaime Thiebault. batteria
- GenereDeath/Thrash metal
- Anno2012
- Casa discograficaM & O Music
- Websitewww.deadcowboyssluts.com