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PLAYGROUND TRAMA – Playground Trauma

Per parafrasare il bardo immortale, c’è del marcio in Italia. Spieghiamoci meglio: il grosso problema della nostra bella penisola sono le centinaia di band che si plagiano a vicenda fino a creare una schiera infinita di cloni senza personalità. Il processo più o meno è questo: un gruppo straniero inventa o porta alla notorietà un dato genere musicale, dopodichè una band italiana si mette in scia di tale gruppo e poi viene a sua volta copiata da altri centinaia di giovani senza idee nè personalità. Questo squallido e ridicolo processo si è verificato in tutti i generi musicali, dal power metal al punk al crossover, come in questo caso.

Stavolta la sequenza è questa: i Rage against the machine portano al successo il crossover, in Italia i Linea 77 ne fanno una riuscita rielaborazione personale e dopo di loro ecco spuntare i gruppi fotocopia. Come questi Playground trauma. Ascoltare il loro debut album non è altro che sorbirsi una sbiadita copia di musica vecchia di vent’anni dove ogni elemento è esattamente dove dev’essere, dal cantato rap, alle liriche sociali, i ritornelli facili, il basso groovy ed il tentativo di modernizzare il tutto inserendo un po’ di metalcore che male non fa. Così si fanno felici i nostalgici degli anni 90 e anche i ragazzini modaioli di oggi che sembrano apprezzare ogni cosa che abbia inserito il suffiso core. Spero di non essere l’unico a pensare che tutto questo sia tremendamente sbagliato, non voglio dire che ogni gruppo deve ricercare l’originalità a tutti i costi, ma quantomeno suonare con passione e mettendoci il cuore. Il quintetto pistoiese appare invece un prodotto studiato a tavolino e anche quella genuina irruenza che dovrebbe caratterizzare i gruppi con un background hardcore latita. Basta sentire un brano come “Cuore sanguina” per rendersi conto di cosa sto parlando: il ritornello che tende pericolosamente all’emo seguito da un breakdown cattivissimo e noiosissimo. Quello che potrebbe salvare i Playground trauma potrebbero essere i testi socialmente impegnati, ma sono così pacchiani e scontati da scadere nel ridicolo. Slogan da centro sociale e frasi da giornalino studentesco ciclostampato si susseguono senza sosta, strappando alla fine più sorrisi che riflessioni serie. Intendiamoci, ritengo indubbiamente migliori questi testi rispetto a una qualsiasi black metak band che canta della superiorità della razza ariana, ma sono passati ormai dieci anni dai fattacci di Genova e ritengo che si possano fare riflessioni più profonde sullo stato dell’attuale società italiana anzichè scandire slogan come “Stato di fermo! Preclude libertà! Azione diretta! L’unica scelta!”. Anche il rap, che dovrebbe essere il punto forte dei livornesi, è ancora una volta derivativo e risulta molto forzato nella scelta di alcune rime e nella metrica.

Sostanzialmente un album completamente sbagliato quest’esorsio dei Playground trauma, non tanto per la qualità musicale che è bene o male discreta, quanto per l’irritante mancanza di originalità e di personalità.

  • 4/10

  • PLAYGROUND TRAMA - Playground Trauma

  • Tracklist

    1. L'era artificiale
    2. Nel nome del progresso
    3. D fondamentale
    4. Fight this time
    5. Immagini di guerra
    6. Cuore sanguina
    7. Morte ai padroni
    8. Stato di fermo
    9. Rimani in superficie
    10. Trauma #1


  • Lineup

    Riccardo Rufo: voce
    Matteo Cialdi: chitarra
    Iacopo Mati: chitarra
    Micheal Grein: basso
    Alberto Marini: batteria