Chi ha detto che un disco per piacere deve per forza essere innovativo? Quest’album è la prova che, anche presentando un progetto con uno stile molto ben definito e già sentito nella storia, si può comunque penetrare facilmente nelle orecchie degli ascoltatori, facendogli battere il piede e desiderare di essere sotto il palco a pogare.
Come si sente fin da subito l’influenza principale è quella dei Motley Crue, con quei riff così serrati e i cori nei ritornelli che inquadrano immediatamente il genere. Nonostante ciò ci sono molti riff che sembrano usciti da un disco degli AC/DC, come ad esempio quello di “American Dream”, quello di “Run for your Life” o quello di “So Young So Bad”. Oltre alle sonorità, il disco è facilmente riconducibile al Glam anche per le strutture molto semplici e per la breve durata dei brani, che arrivano direttamente alle orecchie dell’ascoltatore, senza troppi giri di accordi diversi tra loro. La più grande particolarità del disco è sicuramente il fatto che tutti i membri della band hanno prestato la loro voce nei cori, rendendo l’ascolto più avvolgente soprattutto nei ritornelli.
In molti potrebbero definirlo un disco monotono, ma sarebbe un grave errore: è evidente che lo scopo di quest’album non è far rimanere a bocca aperta l’ascoltatore, ma quello di fargli ricordare i vecchi tempi d’oro delle grandi band Glam Rock che dominavano le strade di Los Angeles, e continuare a tenere alto il nome di quel genere ancora oggi.
Probabilmente se questo disco fosse uscito negli anni ’80 sarebbe alla pari di molte band per le quali oggi spendiamo 80 Euro di biglietto.