Loading

PENTHAGON – Penthagon

La rinascita del thrash ha rinverdito solo marginalmente i fasti del movimento ipertecnico, lasciando campo libero più che altro alle formazioni dall’approccio rozzo e selvaggio, o comunque molto old-school, da albori del thrash, mentre gli sviluppatori del genere in una direzione anticonvenzionale e contorta non hanno finora avuto degni epigoni, escluse poche eccezioni (vedi Vektor e Urto). Nell’anno 2012, cinque ragazzi bresciani provano a riprendere il filo del discorso, incastonando quel tipo di visione musicale, propensa a complicare le cose a più non posso per creare ragnatele di riff e cadenze mai osate prima, nel contesto attuale, amalgamando al thrash vecchio stampo corpose iniezioni power e un misurato modernismo.

La sintesi apportata dai Penthagon ha un punto di contatto molto forte con la migliore realtà metal non estrema degli ultimi 15 anni, i Nevermore, dei quali i Nostri hanno nelle corde il dosaggio perfetto di riff schiacciasassi e melodie profonde, una dicotomia realizzata attraverso frenetici accavallamenti di chitarre possenti come muraglioni medievali e aperture meno arcigne, che fanno da sfondo a chorus abbastanza catchy. Le parti più facili e dai toni smussati sono quelle dei refrain, che esulano spesso dal thrash per scendere a più miti consigli, direzionandosi su un power ipervitaminizzato e scevro da alleggerimenti, che richiama facilmente i fasti degli Eldritch; stessa potenza, stessa visionarietà e quel flavour progressive in digitale che i toscani maneggiano come pochi in circolazione. Le scorribande ritmiche sono azzardate e stordenti ma sempre digeribili anche per i non amanti delle sofisticazioni strumentali, i Penthagon hanno quella padronanza dei mezzi che consente di osare cose difficili senza perdere la bussola. Essere trascinanti e suonare intricati possono andare di pari passo, i ragazzi ne fanno un vessillo e non abdicano a questo concetto per l’intera release. Come i colleghi Mad Maze, esorditi anche loro praticamente in contemporanea per Punishment 18, i Penthagon non scadono a livello canoro, tutt’altro; il singer Marco Spagnuolo, coadiuvato alla grande da backing vocals possenti e di grande rinforzo alle linee vocali principali, graffia sia con le tonalità sporche e in semi-growl, sia quando c’è da interpretare i pezzi. I chiaroscuri della sua voce, tenebrosa e profonda in alcuni casi e in altri più cristallina e pulita, ampliano lo spettro di sensazioni che il gruppo riesce a donare.

L’esordio autointitolato di questo quintetto è quindi, in definitiva, un gran bel disco: l’unica osservazione da muovergli è che alcuni refrain avrebbero potuto essere più cattivi e assassini, una maggiore spietatezza di fondo non avrebbe guastato e avrebbe conferito al disco una scorza più dura. “Penthagon” è in ogni caso un primo capitolo ben più che promettente, che si spera non rimanga isolato: non deve diventare un disco culto, ma l’inizio di una luminosa carriera.

  • 7,5/10

  • PENTHAGON - Penthagon

  • Tracklist
    1.Digital Trap Box 
    2.All I Guess  
    3.In The Name Of Peace  
    4.Ash In My Hands  
    5.Asleep Or Awake  
    6.No Way Out  
    7.Labyrinth Of Fear  
    8.Shine Like The Sun  
    9.Innuendo

  • Lineup
    Stefano Selvatico - basso
    Francesco Parlatore - batteria 
    Alessandro Venzi - chitarra 
    Mario Monteverde - chitarra, backing vocals
    Marco Spagnuolo - voce