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HATE TYLER – The great architect

Se ci sono due cose che per me hanno un valore assoluto nella musica sono la passione e una registrazione quantomeno decente. Tutto il resto diciamo che è il bonus che aggiunge punti agli album. Ora, se il metalcore è notoriamente un genere preconfezionato (anche se in questo caso le cose sono leggermente diverse), almeno una registrazione all’altezza generalmente salva la situazione. Invece gli Hate Tyler, una specie di supergruppo di recentissima fondazione, sembrano avere un po’ tirato la cinghia per quello che riguarda i suoni, facendo risultare il loro album d’esordio abbastanza raffazzonato e carente del giusto impatto. Passi che la mancanza di un batterista in formazione abbia portato alla registrazione mediante l’uso di una drum machine (ma tanto ormai è quasi una prassi comune anche per i gruppi con la line-up completa), ma sentire i suoni della batteria simili a quelli di un nintendo 8-bit per colpa di un suono della cassa indecoroso fa accapponare la pelle. Soprattutto perchè copre parecchio le chitarre ed il basso, sostanzialmente le cose migliori di questo disco in quanto suonate da gente del calibro di Marco Pastorino dei Sectret Sphere e Luke J Abbott dei The Ritual. Pezzi da novanta della scena musicale italiana che hanno deciso di staccarsi momentaneamente dalle loro band per formare un supergruppo dalle sonorità più accessibili ed immediate dei gruppi di provenienza. Il metalcore degli Hate Tyler risulta comunque qualcosa di parecchio diverso rispetto alle band più giovani e modaiole della scena, anche grazie alle personalità dei musicisti coinvolti che ci mettono esperienza ed estro. Non solo breakdown “chugga-chugga” quindi all’interno di The great architect, ma anche spruzzate di prog e un po’ di thrash che richiama vagamente i Pantera. Molto più “metal” che “core” quindi gli Hate Tyler, soprattutto nella struttura dei brani, lunghi, articolati e generalmente privi del ritornello zuccheroso. Ecco, questa è una cosa che può piacere o meno, ma bisogna ammettere che è una cosa decisamente nuova: i ritornelli con la voce mielosa emo-style vengono quasi completamente accantonati in favore di strutture melodiche molto vicine al power metal. Per me non c’entrano niente, ma bisogna ammettere che risultano più intriganti di un brano come “Devil park” dove vengono scimmiottati i Killswitch Engage con risultati non esaltanti. Buoni invece i momenti in cui il gruppo si scrolla un po’ di dosso le eccessive quadrature e suona semplicemente come una band metal, con discreti richiami ai Nevermore. In generale comunque l’impressione è che i brani siano eccessivamente prolissi e manchino dell’impatto necessario per svettare in un mercato molto competitivo. Per tacere di cose come “Anything else” che sembra una ballata degli Skid Row riadattata al metalcore. Imbarazzante. Purtroppo la bocciatura agli Hate Tyler questa volta non glie la toglie nessuno, ma vista la caratura dei musicisti coinvolti il seguito indubbiamente sarà di un’altra levatura. In fondo basta una registrazione migliore e più attenzione nella stesura dei brani.

  • 5,5/10

  • HATE TYLER - The great architect

  • Tracklist
    1. Devil Park
    2. Hate Tyler
    3. Stop me
    4. The different
    5. Need to hate you
    6. Inferno
    7. Anything else
    8. Welcome to Tortuga
    9. The great architect

  • Lineup
    Davide Grillo. voce
    Marco Pastorino. chitarra, voce
    Federico Maraucci. chitarra
    Liuk J Abbott. basso