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BARONESS – Yellow & Green

Diciamolo chiaro e tondo, l’ultimo lavoro dei Baroness farà discutere. Già mi immagino le critiche degli ascoltatori meno attenti e dei fan più oltranzisti che accusano il quartetto di essersi ammorbidito e di avere seguito la facile strada degli ultimi Mastodon. Niente di più sbagliato, a mio modo di vedere le cose. Semmai la strada seguita dai Baroness ricorda molto più da vicino quella dei Cave In, con un apparente incomprensibile cambio di rotta musicale tra un album e l’altro che però nasconde una notevole crescita personale e musicale. Il quartetto di Savannah non ha stravolto completamente il proprio stile, ma è evidente che la decostruzione sistematica della musica che costituiva gli album precedenti, con brani dai minutaggi lunghissimi e cambi di tempo come se piovesse, viene parzialmente abbandonata in favore di una formula più tradizionale e lineare. I fan più intransigenti probabilmente grideranno allo scandalo sentendo il frontman John Baizley (un genio assoluto, guardate i suoi artworks!) abbracciare completamente il cantato melodico, nonché parecchi brani costruiti sulla formula classica con strofe e ritornello, ma dopo svariati ascolti per metabolizzare le novità c’è da dire che Yellow & Green è comunque un gran lavoro. Dopo quasi un decennio passato a martellare le orecchie degli appassionati con la loro particolarissima visione dello sludge, ci sta che i Baroness abbiano deciso di dare spazio anche alla loro vena più melodica ed intimista, con il pregio però  di non aver perso il pathos e l’intensità che hanno sempre caratterizzato i precedenti lavori. Dietro brani all’apparenza orecchiabili ed accessibili c’è comunque un grandissimo lavoro, sia dal punto di vista della produzione che propone dei suoni semplicemente perfetti che nel songwriting che presenta sempre quel pizzico di sperimentazione e un’animo prog che dona una grande varietà al doppio disco. Ebbene sì, disco doppio come si può intuire dal titolo che propone due sfaccettature dell’animo musicale dei Baroness, entrambe interessanti e meritevoli di un’analisi nel dettaglio.

Yellow è il disco che più presenta elementi di continuità con il passato, con le canzoni sorrette da riffoni di chitarra grossi come macigni e la sezione ritmica che delizia con fantasia e tecnica. Su tutto si staglia la splendida voce di John, efficacissima nel presentare ritornelli che si insinuano nella mente e non se ne vanno più. Basta ascoltare un brano come “Take my bones away”, non a caso scelto come singolo, per rendersi conto di come il quartetto sia riuscito ad unire una nuova accessibilità con l’energia e lo spessore del loro passato. Grande merito va anche ai testi, toccanti e ricchi di significati su più strati, come ad esempio nel gioiello “Back where I belong”.

Green invece è il disco dove i Baroness vanno a toccare territori quasi completamente inseplorati, fatti di un intimità e di una delicatezza quasi ermetiche, graziate da passaggi acustici e una elettronica soffusa che impreziosisce il tutto. Il gioiello assoluto a mio parere qui è “Collapse”, un brano quasi fragile nella sua bellezza, capace di cullare l’ascoltatore e di metterlo davanti alla fugacità della vita. Ogni traccia di Green è intrisa di una malinconia tutta particolare che dona all’album uno spessore ed una caratura che lasciano senza fiato, rendendo questo il più riuscito tra i due progetti per il coraggio e l’intelligenza di intraprendere strade completamente nuove con voglia di sperimentare e mettersi a nudo.

La speranza è che i vecchi fan del quartetto non abbandonino la band perché sono convinto che questo nuovo lavoro vada apprezzato ed amato come quelli precedenti; d’altro canto sono sicuro che arriveranno di sicuro nuove leve a rimpolpare la base di utenza dei georgiani, perché adesso risultano accessibili ed apprezzabili anche per chi è orientato verso il rock più easy listening di Foo Fighters e Queens of the Stone Age. E se qualche ottuso può giudicare questo un male, lasciatelo pure crogiolare nelle sue convinzioni. I Baroness spaccano adesso come una volta. Solo in modo diverso.

  • 8/10

  • BARONESS - Yellow & Green

  • Tracklist
    YELLOW
    1. Yellow theme
    2. Take my bones away
    3. March to the sea
    4. Little things
    5. Twinkler
    6. Cocainium
    7. Back where I belong
    8. Sea lungs
    9. Eula
    GREEN
    1. Green theme
    2. Board up the house
    3. Mtns. (the crown & anchor)
    4. Foolsong
    5. Collapse
    6. Psalms alive
    7. Stretchmarker
    8. The line between
    9. If I forget Thee, lowcountry

  • Lineup
    John Baizley. chitarra, voce
    Peter Adams. chitarra
    Allen Blickle. batteria
    Matt Maggioni. basso