Sulla scia di quell’Hard Rock, che, ai nostri giorni, tanto spopola da occidente ad oriente, e che vede produzioni come quelle degli Alter Bridge e di Slash ai primi posti di ogni classifica, fa il suo acclamato ingresso “Risen“, l’album di debutto della band svizzero-americana Khaos.
Il gruppo nasce nel 2012 con il conclamato scopo di aggirare qualsiasi limite nella sua creazione musicale: primo in assoluto, quello della distanza fra due continenti. Sebbene, infatti, i membri di questa band non abbiano mai suonato insieme, nella stessa stanza, sono ugualmente riusciti a mettere su una produzione di ben dodici tracce.
Un’idea tanto insolita quanto inusuale, ma che è riuscita a dare i suoi frutti: l’album dalle melodie catchy di “Exalted“, non manca di una solida struttura ritmica e della cornice di un sound piuttosto heavy, a partire dalla prima traccia, nonchè primo singolo “After The Silence“.
“End Of Daze“, che lascia trasparire l’influenza nordica degli Shinedown, e la strappalacrime “As Far As We Go“, sono le due semi-ballad di questa produzione, più leggere nel sound e nei riff, più melodiche ed anche meno accattivanti.
L’Hard Rock emerge, invece, totalmente in “Crisis Factor“, “Loaded Question” e “Ride The Chain“, che non possono far altro che richiamare le influenze Alter Bridge dell’era “Fortress”, dal sound tremontiano, alla voce meravigliosa di Chandler Mogel, che non poi così lontanamente richiama quella di Myles Kennedy, come dimostra chiaramente dagli acuti di “Imagined Danger“.
Che dire, nel complesso un buon album, leggermente carente nella produzione e nel mixaggio: una voce di tale calibro non dovrebbe passare assolutamente in secondo piano, come invece accade in questo “Risen“, dove appare come una linea musicale a sè, in contrapposizione ad un tessuto strumentale unitario.
Piccole critiche a parte, i Khaos non hanno nulla da invidiare ai big del Rock del duemila: assolutamente consigliati.