I musicisti rock/metal degli anni 90 hanno avuto una fortuna immensa: trovare la strada spianata e pronta da due decadi (70 e 80) di grandi movimenti rock, di rivoluzioni sonore e musicali e di processi di innovazione e sperimentazione. Solo uno stupido con poco senso logico avrebbe potuto lasciarsi passare vent’anni di grande rock sotto il naso senza apprenderne il profondo messaggio culturale…
Personaggi come Alex Beyrodt e Mat Sinner hanno vissuto e fatto proprio ogni singolo attimo di quegli anni, studiandoli e riuscendo a concepire un modus esprimendi che ne esternasse la maturazione…aggiungete due comprimari tutt’altro che di ‘primo pelo’, come Jimmy Kresic e Markus Kullmann, unite un’ugola d’oro di grande caratura interpretativa come David Readman e otterrete un combo dalla verve più viva e live che mai…i Voodoo Circle arrivano al terzo disco nel giro di un quinquennio, sempre con il proprio rock molto retrò, che in questo caso abbandona le abbondanti influenze blues del precedente “Broken Heart Syndrome” in favore di un sound più grezzo e caro al hard rock vero e proprio.
La produzione, affidata alle mani sapienti dello stesso Mat Sinner, è un vero fiore all’occhiello, capace di estrarre certe corposità esecutivo/compositive che necessitano di grande ricerca…i suoni sono caldi e polverosi, ben amalgamati e ricercati in studio, mentre le performance lasciano quell’alone di ‘imperfezione stilistica’ tipica dei dischi a cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80, dove a emergere sono ovviamente le sei corde del buon Alex Beyrodt e la voce ‘coverdaliana’ di David Readman, sempre più impegnato a cercare la giusta interpretazione piuttosto che il ‘tetto’ vocale fine a se stesso…
Indubbiamente, come c’era da aspettarsi, i capitoli più easy sono anche quelli più impattanti e veloci…”Graveyard City”, “Heart Of Babylon”, “Bane Of My Existence” e “The Killer In You” colpiscono per le strutture graffianti ma sempre di gran classe…”Tears In The Rain” e “The Ghost In Your Heart” necessitano di ascolti più mirati per essere capite, mentre “Cry For Love”, “The Saint And The Sinner” e la stessa titletrack passano per essere gli episodi più ispirati e convincenti di un album, comunque, dal grande mordente.
Ennesimamente i Voodoo Circle virano leggermente e stabiliscono una rotta diversa rispetto al recente passato…”More Than One Way Home” fornisce una diversa prospettiva di cinque artisti che non vogliono smettere di portar in auge la musica calda che portano nel cuore. Bravi davvero.