Quando parliamo di Folk Metal e soprattutto “metal da battaglia”, per così dire, si pensa alla Finlandia e ai pionieri del genere, Ensiferum, Wintersun, Turisas, e dintorni scandinavi. Sentire quindi band che fanno metal battagliero che rompono questo pregiudizio geografico è rinfrescante. I Wind Rose, toscani loro, un po’ ispirandosi mitologia tolkieniana, un po’ all’animismo dei nativi americani, a modo loro fanno questo lavoro magistralmente, giungendo al terzo album “Stonehymn”.
Suoni pesanti e immaginario quando tolkieniano quando del Far West si alternano e si mischiano in questo album.
I ragazzi, con l’esperienza di già due album alle spalle, inglobano anche strumenti folklorici e melodie che fanno l’occhiello al folklore del centro Italia – vedi “Under the Stone” o “The Returning Race”, ma ciò che veramente colpisce è l’utilizzo dei cori che in tutte le tracce – tranne che nell’intro e nel ponte strumentale “The Animist”, hanno un ruolo fondamentale inducendo stupore e magnificenza nell’ascoltatore.
L’album è diviso essenzialmente in due parti distinte sia per sonorità che per tematica: nella prima parte, introdotta da “Distant Battlefields” sembra andare in un mondo fantastico, con espliciti riferimenti tolkieniani, “To Erebor” essendo l’esempio lampante, con razze orgogliose, mondi straordinari e battaglie epiche. D’altra parte dopo “The Animist” si viene trasportati nel Far West, tra nativi americani, natura incontaminata e riti sciamanici. “Fallen Timbers” in particolare dà proprio l’idea del Far West, con un po’ di chitarre acustiche country, un po’ di fisarmoniche ballerine e violini che sembrano usciti da Saloon texani.
Non sono un amante delle divisioni nette negli album, ma l’idea di accostare sotto la bandiera del Folk Metal battagliero l’atmosfere e tematiche dal Far West e dal fantasy è molto interessante. Sotto l’aspetto tecnico, è un album ineccepibile, curato in ogni dettaglio che sicuramente piacerà agli amanti del genere. Promosso!