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HYPNOTIC HYSTERIA BAND

Tra stoner, grunge, hard rock e psichedelia si muove inquieta una creatura strana: si chiama hPNOTIC hYSTERIA e viene a turbare i vostri sonni tranquilli con un’opera prima dal fascino magnetico e dalla straripante originalità. La band al gran completo ci racconta la genesi dell’esordio “Feed On Me” e le idee che spingono l’operato del gruppo.

Partirei con un giro di presentazioni: diteci un po’ come nascono gli hYPNOTIC hYSTERIA e cosa li ha portati alla realizzazione dell’esordio “Feed On Me”.

Visto che dopo non ci sarà spazio per scriverlo, innanzitutto grazie a voi di averci offerto la possibilità di apparire su Heavyworlds! Gli hYPNOTIC hYSTERIA esistono ormai dal lontano 2004 e l’attuale formazione (Ale alla voce, Tiz al basso, Dowi alla chitarra e Gabri alla batteria) è stabile da circa 2 anni. Il percorso che ci ha portato alla realizzazione di “Feed On Me” è stato abbastanza naturale: se nei primi anni di esistenza della band il suono e la composizione erano più scarni e semplici, man mano si è fatta sentire da tutti un’urgenza di staccarsi dai canoni per così dire “classici”, per provare a seguire percorsi più sperimentali. Quest’ album è il risultato di tutte queste esigenze (ed influenze) che finalmente siamo riusciti a fare sboccare in un album che non sembrasse un’accozzaglia di idee di vario tipo, ma una unità dal nucleo definito.

Ho trovato il vostro disco molto profondo, intenso, oltre che imprevedibile nella struttura dei pezzi. Come nascono le vostre canzoni? Chi è di solito che ha l’input iniziale nella composizione dei brani?

Ah beh, in questo c’è da dire che siamo decisamente democratici. In fase di composizione le idee partono da tutti, l’importante è che siano buone. A volte passiamo le serate a fare jam sessions infinite da cui poi cerchiamo di estrapolare le idee migliori, oppure spesso qualcuno porta qualche idea dalla quale poi si inizia a creare il pezzo, ma niente ci vieta di togliere un riff già definito per poi riassemblarlo in maniera diversa o agganciarci idee scartate da altre canzoni in un secondo momento. Probabilmente è questo tipo di lavoro che rende le tracce del disco così imprevedibili: il fatto che in ciascuna ci sia un po’ di ognuno di noi, perché giustamente tutti vogliono mettere il proprio punto di vista e finchè non è così non si passa ad un’altra canzone!

Partite dallo stoner, ma arrivate un po’ dappertutto: doom, psichedelia, hard rock, grunge. Voi come definireste la vostra proposta a chi non vi conosce?

Hehehe, questo è un tasto moooolto dolente, ogni volta che ci fanno questa domanda si scatena il panico! Ci hanno definito in vari modi: alternative rock, indie metal, psychedelic, stoner, grunge, post-grunge (quest’ultimo non ditelo mai se no ci incazziamo come belve e non rispondiamo delle nostre azioni)… Come hai detto giustamente ascoltando il disco si sentono una quantità di generi notevoli proprio perché a noi non piace porci limiti, né tantomeno etichettarci, ma se dovessimo darci una definizione penso che ci butteremmo nel calderone dell’ alternative, dove sta tutto e niente, giusto per rimanere di maniche larghe.

A quale canzone dell’album vi sentite più legati?

Se dovessimo scegliere quella a cui siamo legati punteremmo il dito sulla setlist con gli occhi chiusi, qualsiasi pezzo uscisse andrebbe bene. Considerando i ribaltamenti che hanno subito col tempo non riusciamo a sceglierne una in particolare, perché su ognuna di esse abbiamo speso un sacco di tempo. Se adesso andassimo a ripescare le strutture e i riff iniziali dei pezzi da cui poi sono derivate le canzoni dell’ album, penso che non ne ricorderemmo nemmeno mezzo. Certo canzoni come “New Delhi” o “Inside your Mouth” sono nate in maniera più semplice rispetto ad altre, però il lavoro che ha portato alla versione definitiva della canzone ci ha legati tutti in modi diversi ai vari pezzi.

Cosa rappresenta la vaporosa ed enigmatica figura femminile in copertina?

La figura in copertina è una versione leggermente modificata di un quadro, gentilmente concesso da un nostro amico, Mattia Acerbis, il cui titolo era “La Morte”. Nel nostro caso il significato che gli si può dare è ambiguo poiché si può considerare la figura in relazione al titolo dell’ album, al contenuto dei testi, o anche da sola… Ad ognuno la propria lettura, non saremo certo noi a svelare il segreto!

Quale messaggio cercate di veicolare con la vostra musica?

Più che un singolo messaggio vero e proprio lo definiremmo un “mood”. Principalmente prestiamo attenzione al tipo di ambiente che si viene a creare nel comporre un pezzo, a quali sensazioni ci dà la musica, e da qui cerchiamo di assecondarle come se fosse un discorso, poi in un secondo momento aggiungiamo i testi (tutti a cura di Ale) adattandoli all’ umore della musica. Cerchiamo di indurre l’ascoltatore in determinati stati d’animo, ecco.

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Dei gruppi che ho citato nella recensione (Pearl Jam, Danzig, Isis,Type O Negative…) ce n’è qualcuno che sentite particolarmente vicino, o sono altre le vostre fonti d’ispirazione?

Qui bisognerebbe fare un discorso personale per ognuno di noi, visti i vari tipi di provenienze musicali. Abbiamo molti gruppi che ci accomunano, e che apprezziamo per caratteristiche più o meno diverse: Tool, A Perfect Circle, Queens of the Stone Age, Deftones, e Soundgarden (e Mastodon! – aggiunti da Dowi) sono forse quelli che hanno influenzato il nostro sound più direttamente, ma come approccio musicale vero e proprio siamo stati influenzati anche da Cure, Pink Floyd etc. C’è anche da dire che sicuramente le band menzionate nella recensione, in particolare Pearl Jam, Isis e i Korn di Issues, hanno influenzato tutti noi, chi più chi meno. Fondamentalmente siamo influenzati da tutto ciò che ci passa per le orecchie e ci piace, che siano una formazione storica del rock o un gruppo underground semisconosciuto: se è buona musica lo è a qualsiasi livello.

A chi pensate possa piacere un disco come il vostro? Ai fan dello stoner, dell’hard rock, del metal sperimentale, o chi altro ancora?

Sinceramente speriamo che il disco possa piacere a più gente proprio per questa sua caratteristica di essere “multinfluenzato”. Certo non ci aspettiamo che un fan di Bon Jovi impazzisca per noi, però anche lì non si può mai dire, sai. Diciamo che pensiamo possa essere apprezzato da persone di mentalità aperta e che apprezzano la musica suonata con il cuore e non i prodotti preconfezionati.

Come sono state in genere le recensioni di “Feed On Me”? Quali sono le doti del disco che sono state messe maggiormente in luce?

Abbiamo avuto dei buonissimi riscontri, sia in Italia che all’estero. Le caratteristiche saltate all’occhio e nella maggior parte dei casi sono state la grande cura dei suoni e degli arrangiamenti, cosa di cui andiamo fieri vista la quantità di tempo spesa per studiarli e farli nel miglior modo, e la lunghezza con la conseguente complessità strutturale delle canzoni, largamente apprezzate, contrariamente a quanto avevamo paura accadesse proprio per gli stessi motivi, segno di una riuscita da parte nostra nel dare una coesione ad ogni pezzo, nonostante il grande numero di parti di cui sono composti. Una nota a parte va fatta alla qualità di registrazione che è stata esaltata in ogni recensione ci sia stata fatta, merito del nostro amico fonico Davide Perucchini che ha fatto un lavoro più che ottimo sia in fase di registrazione che di mixaggio e mastering…TOTALE!

Riuscite a portare abbastanza spesso dal vivo la vostra musica?

Ma sì, dai, riusciamo a portare la nostra musica dal vivo con regolarità, soprattutto nei locali durante l’autunno e l’inverno, situazione che si addice di più anche rispetto al tipo musica che suoniamo ed all’ atmosfera che si viene a creare. Ovviamente ci piacerebbe riuscire a farlo con maggior frequenza, anche perché la dimensione live è quella da cui siamo partiti e in cui noi per primi mettiamo tutti noi stessi in gioco per riuscire a trasmettere quello che vogliamo in ogni situazione, quindi chiunque abbia voglia di una serata psichedelica ma al tempo stesso carica di distorsioni non esiti a chiamarci, anzi!!!