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Inside Mankind – Claire Briant Nesti

Incontrare una band italiana è sempre un piacere…la ‘tranquillità’ linguistica aiuta a far scaturire quella scintilla che permette all’artista di sciogliersi e all’intervistatore di diventare fan di chi si trova di fronte. Claire Briant Nesti, voce regina degli Inside Mankind, è una interlocutrice onesta e precisa; ben disposta a lasciarsi andare in spiegazioni meticolose mostra, anche in campo promozionale, la grande visione tipica della musica della band. Eccovi “Oikoumene”, ultima fatica della band, spiegata per voi…

– Ciao Claire. Benvenuta su Heavyworlds.com! Come vanno le cose in casa Inside Mankind?

Buongiorno a tutti! In casa Inside Mankind le cose sono molto, molto movimentate. Personalmente ancora non mi rendo conto di quello che sta accadendo in questi ultimi giorni di enormi cambiamenti.


– Partiamo a parlare di “Oikoumene”, il vostro debut…ti va di presentarlo ai lettori di Heavyworlds?

“Oikoumene” rappresenta il percorso della band. Per citare una delle mie band preferite, è l’END OF AN ERA degli Inside Mankind. Ogni membro che è passato qui dentro ha lasciato qualcosa, dai testi, alle idee, alla musica stessa. Il nostro compito (avviato due anni fa con l’ultima formazione) è stato quello di riordinare questa grande eredità e di far vivere all’ascoltatore il grande passaggio tra i pezzi più vecchi e conosciuti (“City (The Street Of Our)”, “Forty” e “Fear”) e i nuovi (“Keep Me By The Stars”, “Phariseum” e “Toccata”). “Oikoumene” è un disco molto energico, a volte quasi disperato. Deve stordire. Non si può capire al primo ascolto. Per ogni persona sarà diverso in base alle emozioni che sta vivendo nel momento dell’ascolto.


– Ascoltando “Oikoumene” è riscontrabile il vostro amore per il progressive metal, specie nel strutturare le parti dei brani…ma come nasce un brano degli Inside Mankind?

Al mio arrivo nella band, tutti i brani avevano già una struttura e una linea vocale di base. La mia ‘audizione’ fu proprio sui classici “Fear” e “Forty”. Le linee che ho scritto ex novo sono quelle di “Out Of The Loop”, “Phariseum” e alcune parti di “Human Divine” (l’inizio a cappella, le voci del coro -mezzosoprano Margherita Tani e tenore Francesco Azzini-, il duetto e il finale). “Out Of The Loop” è stata una sfida perché il brano è completamente fuori di testa… un mix di generi, sonorità, effetti che ricordano molto il funky e il blues. E’ difficile fermare qualcuno che intraprende la strada della follia e quindi ecco una linea completamente lirica. La melodia della seconda strofa con arpeggi, volate, scale discendenti e trilli non può far che ricordare le bellissime arie delle grandi opere di Rossini e Bellini, ma anche l’aria di Donna Anna “Non Mi Dir Bell’Idol Mio” dal “Don Giovanni” di Mozart. “Phariseum” al contrario nasce da un’improvvisazione in sala. Il nostro batterista Matteo ci faceva studiare i pezzi a metronomo in sala prove, ma il problema era il volume di tale aggeggio. Durante il mio futile tentativo di inserire qualche melodia giusta ecco il picchiettato violento, acuto e sempre più incessante con un urlo finale di disperazione.

– Altro fiore all’occhiello sono le orchestrazioni e gli arrangiamenti che in alcune occasioni scavallano in generi differenti…secondo te, specie oggigiorno, è importante inserire nel proprio songwriting il maggior numero di influenze?

Questa è un’ottima domanda. Se contiamo tutti quelli che hanno fatto musica da quando l’uomo ha cominciato a scriverla, avremmo qualcosa come centinaia di migliaia, e forse più, di persone che hanno prodotto, scritto, suonato o cantato musica. Permettetemi di dire che è naturale quanto ovvio che ci siano delle influenze, anzi molto spesso sono anche inconsce. Durante lo studio del canto o di uno strumento si affrontano brani di quello piuttosto che di quell’altro. In questo modo scegliamo i nostri preferiti ed è abbastanza normale avere uno stile simile a loro. Nel nostro caso siamo cinque musicisti con bagagli culturali e musicali totalmente diversi. Le influenze sono inevitabili. Interessante è il modo con cui ci si confronta con esse, miscelandole insieme e cercando di creare qualcosa di unico.

– La tua voce fa da padrona in ogni contesto, riuscendo a creare delle melodie vocali che si differenziano notevolmente dalla maggioranza delle ‘female fronted bands’ odierne…cosa richiedi a te stessa quando crei o arrangi le tue parti?

Sono molto esigente con me stessa e perfezionista. Questo è frutto di un metodo di studio del canto quasi ‘militare’. Cerco di creare pezzi che mi sorprendano, linee che in poche riuscirebbero a fare. Dopo la mia entrata negli Inside Mankind mi sono messa in gioco, in modo da acquisire una tecnica unica nel suo genere che mi permettesse di affrontare ogni brano con molta tranquillità. Ho unito canto lirico puro con la tecnica moderna e musical, fino a giungere a questa tecnica mista che fornisce molte sfumature. Questo percorso si sente molto bene in “Keep Me By The Stars”, dove nella prima frase c’è proprio un passaggio dalle note basse in tecnica moderna, a quelle più alte e aggressive fatte in tecnica lirica. Molti miei amici musicisti mi dicono sempre che se sai fare 100, quando crei devi utilizzare il 70-80% in modo da lasciarti un margine. Invece io credo che se riesco a fare 100 devo usare tutto quello che ho a disposizione. A volte sono quei piccoli tocchi a farti differenziare dagli altri e poi lo confesso… sono un po’ spericolata nella musica! Devo comunque molto anche a Giacomo Jac Salani de La Fucina Studio, perché mi ha fatto provare a fare cose mai pensate, mi ha dato molti consigli utili ed è riuscito a rendere esattamente le sfumature che io stessa ho voluto donare agli ascoltatori tramite la mia voce.

– Ci parli del concept alla base delle lyrics del disco, magari chiarendo anche la copertina così ricca di dettagli?

Le lyrics, come del resto i brani, sono state scritte in momenti diversi durante questi anni ed ognuna di esse parte dall’esperienza umana, un momento di smarrimento o dolore, di gioia o di dubbio, giungendo alla necessità del Mistero: non basta l’uomo per comprendere l’uomo e la sua vita. E’ nella necessità di Dio che si snoda il concept, senza la Sua presenza tutto appare insensato e futile. Qui sta la nostra testimonianza di cristiani, e l’aver messo in musica ciò che crediamo e viviamo. Il disco e il suo artwork sono densi di riferimenti simbolici e numerologici. Il solido al centro della copertina è un pentacisdodecaedro a 60 facce, che si piega e deforma. Il riferimento è ad un aneddoto storico riguardante il Vasari e Michelangelo: ne “Le Vite” il primo attribuisce al secondo la realizzazione di un solido regolare a 72 facce, [72 è il numero dei -Nomi di Dio-] che simbolicamente avrebbe significato la possibilità di inscrivere l’assoluto nelle logiche umane, misurabile e regolare. Un falso storico, poiché questa possibilità semplicemente non esiste e l’oggetto in questione ne aveva solo 60. Accanto a questa forma c’è l’umanità, un bambino che indica quel Mistero col dito senza toccarlo. Il pavone, simbolo di resurrezione; la Croce, chiave della salvezza; il Pesce dei cristiani perseguitati; la Rosa a cinque petali, figurazione medievale di purezza. Sopra di essi, il panneggio ha in sé il sole la luna e le stelle: è il -Caelum-, il cielo nel suo significato di celare, nascondere ancora una volta quel Mistero che sta alla base del disco. I simboli stessi sono 7.. 3 sono gli scalini.. Non voglio annoiarvi oltre, a breve scriveremo tutto quanto sul nostro sito web, per chi fosse desideroso di approfondire l’argomento. Anche le foto del booklet, ad opera del maestro Enrico Borgogni, hanno un forte carico simbolico e accompagnano e completano ogni brano.

– Per “Keep Me By The Stars” avete prodotto un video ufficiale…come è andata questa esperienza? Siete riusciti a ottenere il risultato che volevate?

Prima esperienza di questo tipo per tutti noi, a dir poco memorabile e divertente. Non so contare quanti aneddoti, incidenti, disastri, ferite più o meno accidentali e popolazioni locali sconvolte abbiamo collezionato. Colgo l’occasione per ringraziare il regista Adriano Giotti per lo splendido lavoro, la Diocesi di Arezzo per la collaborazione, tutti gli attori e il cast. Il risultato credo sia davvero ottimo, emozionante ed emozionale; lascia chi guarda libero di dare alle vicende il significato che preferisce: il nostro desiderio non era raccontare una storia ma descrivere la fragilità del sentimento umano, in molti e diversi aspetti. Le parole di “Keep Me By The Stars” sono un inno di speranza: dove l’uomo cade, tradisce, muore, Dio invece resta.

– “Magdalene” e “Human Divine” sono le canzoni che, in modi differenti, esternano il mondo sonoro degli Inside Mankind…è difficile bilanciare dolcezza e aggressività all’interno di un disco?

E’ molto difficile essere dolci e aggressivi allo stesso tempo. Per quanto riguarda le mie linee cerco di farmi trasportare dal testo e dalla melodia. Cambio il mio modo di cantare un pezzo in base ai miei stessi sentimenti e sensazioni. “Human Divine” per me è l’emblema della difficoltà. Come posso rendere l’umanità dell’uomo e la divinità di Dio? Nel duetto di Divine c’è la chiave di questo dilemma. “Everything I see, everything I feel, the Known”, dolce e quasi sussurrato che ricorda una preghiera, va a scontrarsi con il canto feroce e l’umanità di “Everything I need, everything I mean, wisdom” . Ma in fondo questo è l’essere umano. Questi due concetti sono innati nella nostra natura.

– Parliamo di promozione…oltre al 31 gennaio, dove farete il release party di “Oikoumene”, state pianificando altre date per il 2015?

Insieme alla nostra etichetta Qua’Rock Records di Gabriele Bellini e Giacomo Jac Salani stiamo organizzando diverse date. La prima sarà al Pianeta Mèlos di Pistoia per.. San Valentino! L’invito è aperto a tutti i lettori di Heavyworlds.com con o senza partner! Sul palco con noi anche Bug e Paola Pellegrini, altri due artisti usciti con la nostra etichetta. Per me sarà una grande gioia cantare su quel palco perché in questo posto ho cantato metal per la prima volta con la mia prima band. Un ritorno nel luogo che mi ha dato alla luce come cantante metal.

– Gli Inside Mankind sono attivi da circa dieci anni, durante i quali i cambi di line up sono stati molteplici…siete riusciti a trovare un equilibrio tra i membri?

Quando la band viene lasciata da un membro è sempre un momento traumatico. Nel nostro caso abitiamo anche a molti chilometri di distanza ( io per esempio abito a circa 100km da Arezzo, così come Christian sta vicino a Cortona e Antonio, il nuovo tastierista, a Siena) quindi riusciamo sempre a vederci poco oltre alle prove. Questo forse fa allungare i tempi di conoscenza tra membri vecchi e nuovi, ma alla fine ci sentiamo ogni giorno. Credo che il momento più importante per questo equilibrio sia il concerto. Condividere il palco è una cosa molto importante. Non sei più solo ma sei una band. Sei parte di qualcosa in più ed è una cosa che mi da tantissima carica.

– Ok Claire, abbiamo terminato. Grazie del tuo tempo e se vuoi aggiungere qualcosa o salutare, fai pure!

Grazie a voi! I miei saluti vanno a tutti i lettori di Heavyworlds.com e a voi della redazione che mi avete fatto delle domande davvero interessanti. Se posso vorrei consigliarvi di ascoltare l’ultimo brano di “Oikoumene”, “Human Divine”, con gli occhi chiusi mentre vi state rilassando. Vivetelo, immaginatelo… poi scrivetemi le vostre impressioni! A presto, Claire.


Grazie a te Claire per questo interessantissimo viaggio, ben oltre la musica. Heavyworlds.com continuerà a seguirvi ovunque andiate!