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MYLAND – Guido Priori

Il disco dei Myland, uscito a marzo di quest’anno, è un qualcosa che in Italia non capita troppo spesso di sentire: AOR di qualità pregiata, con melodie trascinanti, chorus immediati ma che non sfiorano mai la banalità, prove strumentali superbe e un ritmo ed un’energia che fa spiccare il volo a tutte e dieci le canzoni del disco.
Abbiamo contattato il singer del gruppo, Guido Priori, per avere qualche notizia in più sulla genesi di questo grande album che è
No Man’s Land .

I Myland nascono come progetto di Paolo Morbini, che ha scritto musica e testi di entrambi i dischi. Gli altri musicisti hanno semplicemente suonato le loro parti senza dare alcun contributo a livello compositivo?

Innanzitutto grazie di cuore per l’intervista e l’ottima recensione del nostro album!
Esattamente. I Myland sono il naturale proseguimento del progetto a cui Paolo diede il via nei primi anni ’90, e più precisamente quando decise di realizzare il suo primo album solista intitolato “Paolo Morbini”. L’album,in perfetto stile AOR e cantato in italiano, fu suonato da molti degli attuali musicisti che hanno registrato il recente No Man’s land, tra i quali io in veste di cantante.
Solitamente le idee nascono sempre da Paolo, alle quali si aggiungono in seguito quelle di tutte le persone coinvolte. Si tratta sempre e comunque di un lavoro di squadra dove ognuno fornisce il proprio contributo, anche se i testi e le parti melodiche nascono da una stretta collaborazione, ormai consolidata da tempo, fra me e Paolo.

Agli altri membri del gruppo, le canzoni proposte da Paolo Morbini sono piaciute subito o c’è stato qualche particolare che al primo impatto non vi convinceva del tutto?

Il progetto Myland, poiché di progetto si tratta, è formato da amici di vecchia data tutti cresciuti ascoltando la stessa musica, in particolare aor e rock melodico, per cui non è stato difficile trovarsi tutti sulla medesima linea compositiva.
Tra l’altro, il nostro produttore Niki della Valery, è anch’esso un grande esperto di questo genere e professionalmente molto preparato. L’ unione di questi fattori, ci ha permesso di realizzare un album che soddisfa tutti, senza eccezioni.

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A prodotto finito, qual è la cosa che vi rende più orgogliosi di No Man’s Land, quando lo risentite?

La consapevolezza di aver realizzato un album che rispecchia in “toto” (e qui il riferimento alla famosa band non è casuale..eh eh eh!) i nostri gusti e le nostre aspettative.
Abbiamo cercato di unire tutte quelle caratteristiche tipiche del genere che più amiamo, ovvero: ricche trame melodiche, riffing rockeggianti, refrain di facile presa e la giusta dose di groove e feeling, ispirandoci ovviamente ai maestri del genere quali Journey, i Toto appunto, e Survivor,giusto per citarne alcuni.
Alla luce dei feedback e delle ottime recensioni ottenute, pensiamo di non essere andati troppo distanti da quanto ci eravamo proposti.
In altre parole,siamo al settimo cielo!

Oltre al rock melodico, e all’hard rock in genere, c’è qualche altro genere di musica che ha lasciato la sua traccia nelle composizioni dei Myland?

Parafrasando un grande della musica, B.B.King, ti posso dire che tutto nasce dal blues. Senza blues nel rock non vai da nessuna parte. Cerchiamo sempre di aggiungere qualche accento bluesy in ogni nostra canzone, seppur il nostro stile sia abbastanza lontano da esso. Ogni tanto ci piace anche aggiungere una spruzzatina di funky e fusion, che non guasta mai. Ah ah ah!

Il disco è pieno di potenziali hit, ma dovendo scegliere un solo pezzo, quali pensi che vi rappresenti meglio?

Questo è un gran complimento e ti ringrazio. Nel rock melodico attuale,infatti, mancano proprio le hit, quelle canzoni che canti sotto la doccia o magari guidando l’auto, e che hanno fatto grande il genere nei primi anni 80/90.
Credo che “Anytime” e “The wind of late september”, per via della loro struttura melodica delle armonizzazioni, siano le songs che più rappresentano la nostra attitudine. La nostra è una musica dai contenuti positivi, poiché siamo persone positive ed entusiaste di ciò che facciamo. Speriamo con il nostro contributo di poter avvicinare sempre più persone a questo genere, in particolare in Italia.

A livello di testi, quale canzone pensate abbia le liriche più profonde e significative?

Con il brano “Voices” ho voluto affrontare un tema che mi sta molto a cuore, essendo diventato padre da poco, ovvero le vittime innocenti delle guerre e del terrorismo, in particolare i bambini.

C’è qualche messaggio particolare che volete comunicare con la vostra musica?

Nessun messaggio particolare.
Solo trasmettere emozioni e segnali positivi alla gente, anche se, al giorno d’oggi, visto come va il mondo, è un’impresa difficile da attuare. Noi ci proviamo, e finché avremo il giusto entusiasmo ,continueremo in questo senso.

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Nell’album hanno suonato parecchi ospiti, è stata un’operazione difficile quella di contattarli e farli suonare tutti quanti sul medesimo disco? Quanto hanno pesato i loro contributi sulla riuscita dell’opera?

Assolutamente no,anzi è stato molto semplice. Sia Tommy Denander che Kee Marcello sono persone davvero speciali , oltre che straordinari musicisti. Kee si è occupato anche del mastering dell’album che è stato realizzato in Svezia. Uno dei nostri chitarristi , Marzio Ker è amico di Kee da molto tempo , mentre con Tommy Denander ho un rapporto di amicizia dai tempi in cui venne a conoscenza del mio album tributo ai Journey. Steve Hangerthal dei Fire Trails fa parte del roster della Valery, mentre Alex Del Vecchio e Scream Chiummo sono vecchi amici.
Stesso discorso per Lia Kant e Nadia Meccano che hanno partecipato in veste di backing vocals. Ognuna delle persone citate sopra ha fornito un contributo essenziale che ha permesso all’album di raggiungere uno straordinario livello qualitativo. E’ chiaro che Kee Marcello e Tommy Denander, con le loro prestazioni, hanno lasciato un segno particolare.
Nei loro confronti riponiamo la nostre massima riconoscenza e stima per ciò che hanno fatto. Siamo onorati della loro presenza sull’album, anche perché siamo tutti loro fans da molto tempo.

A livello commerciale, quanto spazio riesce a ritagliarsi oggi un genere come l’AOR e un disco come il vostro in particolare?

Non saprei, ma spero molto. Tutto dipenderà dalle vendite e dai riscontri che otterremo, ma senza la giusta promozione difficilmente si potranno ottenere buoni risultati. In tal senso apprezziamo molto il supporto fornito della nostra label Valery Records che ha creduto nel nostro progetto. E’ gratificante lavorare con persone appassionate e professionalmente preparate come Niki e il suo staff. Per adesso i riscontri sono andati oltre ogni più rosea aspettativa, per cui attendiamo fiduciosi i risultati di pubblico e critica. Considera comunque che siamo pur sempre una debut band…

In Italia chi pensi che sia in grado di tenere alta la bandiera del rock melodico, oltre a voi, ovviamente?

Siamo (purtroppo) in pochi. Potrei citare i miei amici degli Eva, di cui Paolo ha fatto parte in passato e che hanno realizzato di recente un ottimo album, Bruno Rock e gli Edge of forever, oltre che gli storici Elektradrive.

Dal vivo, farete solo qualche data isolata o pensate a qualcosa di più esteso?

Purtroppo a causa dei rispettivi impegni famigliari e professionali, non ti nascondo che faremmo davvero fatica a fare un numero esteso di date live.
L’ideale sarebbe puntare su esibizioni mirate e coerenti con il genere da noi proposto, come ad esempio alcuni festival AOR, magari il Firefest, ad esempio. Vedremo.
Noi siamo pronti.

Al Bang Your Head 2006, uno dei festival metal tedeschi più importanti, gli organizzatori hanno piazzato i Foreigner a ridosso degli headliner del primo giorno, gli In Flames. A voi piacerebbe esibirvi in un contesto così strettamente metal?

Bella domanda. Premesso che i Foreigner, per la loro storia ed importanza, potrebbero suonare dovunque e a prescindere,penso che chi paga un biglietto per il Bang Your Head si aspetti musica metal dalle band che partecipano all’evento, così come chi paga un biglietto per il Firefest si aspetti principalmente rock melodico, e in tal senso sarebbe corretto rispettare le esigenze dei fans. Seppur stimolato dall’idea, credo che suonare in un festival metal per noi sarebbe una mossa quantomeno azzardata, a meno che vi partecipino anche band che abbiano un minimo di attinenza con il nostro genere, giusto per rendere più omogeneo il contesto e accontentare per quanto possibile l’audience.