CIRCLE II CIRCLE – Reign Of Darkness

Quando si è stati parte di qualcosa di grandioso non sempre è facile riuscire ad andare avanti; le scelte diventano molto più difficili e le aspettative dei fans pressanti, plasmando un sistema stressante che non permette all’arte di riuscire a fruire con naturalezza. Forse in quei casi sarebbe meglio fermarsi a riflettere sia sulle proprie capacità che sulle proprie prospettive…
Zak Stevens ha ben chiaro in mente cosa vuole ottenere ma il modo rimane ancora piuttosto ovattato…”Reign Of Darkness” è il settimo sigillo dei suoi Circle II Circle, act partito con tre album molto cari al vecchio sound dei Savatage (grazie anche alle penne magiche di Jon Oliva e Chris Caffery) e sfociato in un power metal che fa l’occhiolino qua e là sia all’hard rock moderno che alle orchestrazioni del suo primo gruppo; il risultato di queste undici nuove canzoni è un bell’insieme di brani strutturati intelligentemente e arrangiati con esperienza, nei quali però è difficile trovare qualcosa di grande livello.
La produzione è moderna e pesante come il genere richiede grazie a dei suoni rotondi e pomposi che gonfiano le strutture ritmiche indispensabili per la resa del tiro; le performance sono notevoli e il buon Zachary non ha perso un’oncia della propria vocalità, mentre mixing e mastering permettono la piena fruizione di ogni singolo suono registrato.
“Reign Of Darkness” continua quanto maturato da “Seasons Will End”, ovvero la ricerca di impatto e imponenza senza tralasciare melodia e ricercatezza; “Victim Of The Night”, “One More Day” e “Somewhere” faranno la felicità di chi ha apprezzato la band da “Delusions Of Grandeur” in poi, mentre “Untold Dreams” e “Ghost Of The Devil” richiamano qualche aspetto della passata discografia del vocalist di Tampa. Una certa vena intrasigente compare in “Untold Dreams”, “It’s All Over” e “Solitary Rain”, ponendo le basi verso una futura evoluzione della proposta.
Disco da ascoltare più volte e da lasciare macerare per qualche tempo…metal di grande caratura ovviamente, ma a parere del sottoscritto è lecito aspettarsi qualcosa in più da chi ha avuto la fortuna di suonare con uno dei mastermind più introspettivi degli ultimi trent’anni.