Ai Discharge non frega un bel niente di come suona la musica nel 2016. Loro sono duri e puri e se hanno inventato il D-beat un motivo c’è e se lo tengono ben stretto. Che album è “End Of Days“? Una mazzata.
C’è qualcosa di nuovo? No. Ma Tezz e Bones vi direbbero ancora una volta “E chi se ne frega?”. Un elemento nuovo in realtà c’è, Jeff “J.J.” Janiak che sostituisce Ratt alla voce, ed è un cambiamento che aggiunge ruvidezza e marciume all’insieme, il che è ottimo per un gruppo che nell’impatto sonoro trova la sua ragion d’essere.
Quindici pezzi da ascoltare tutti d’un fiato, pregustandosi moshpit e ossa spezzate per i prossimi concerti della band. Spinti al massimo della velocità, Tezz&soci sfornano un album che trasuda anni Ottanta, che ricorda forse ai gruppi di oggi che cosa vuol dire essere delle icone Hardcore e che cos’è l’attitudine punk.
“End Of Days” è un pezzo che non sfigurerebbe su un album degli Slayer, con un tiro ed una potenza micidiali. “Hatebomb” è un chiaro omaggio ai Motorhead e a Lemmy, con una prova davvero notevole del nuovo arrivato J.J., mentre “Infected” è una macina che non lascia niente di intatto, timpani compresi.
Che cosa vi aspettate da un album dei Discharge? Qualsiasi cosa sia, qui c’è. E per un gruppo dalla storia lunga e travagliata come questo, è un traguardo eccellente.