Se c’è un gruppo che riesce a creare grande scompiglio per ogni nuovo album, sono senza ombra di dubbio i Dream Theater. Non solo dividono i fans del Prog Metal in adoratori e detrattori, ma riescono anche a sminuzzare la schiera degli adoratori in molteplici frammenti. Eccoci davanti al nuovo “The Astonishing“, monumentale concept in due atti, due ore abbondanti di musica, 34 pezzi.
Allora la prima cosa da dire è che ci vuole tanta pazienza per ascoltare, metabolizzare e farsi un’idea dell’album.
Inoltre, lasciate perdere il track by track: è un’opera da considerare nella sua interezza e da gestire in maniera differente rispetto a tutti i lavori precedenti della band. Qualche punto fermo da cui partire, si trova? La risposta è sì: non è l’album prog che i fans della band si aspettavano. Per apprezzarlo forse bisogna spogliarsi da qualche pregiudizio, appurato che stiamo parlando di musicisti che ricercano costantemente la perfezione nell’esecuzione dei loro brani, qui qualche pecca nella resa sonora c’è eccome, in particolar modo nel suono di batteria e tastiere. Siamo abituati ad avere sempre in primo piano la grandezza tecnica di Petrucci, ma in questo album, al centro della scena c’è La Brie come non capitava da tempo.
Allora facciamo un passo indietro, non la perfezione robotica del passato, ma in linea con la trama della storia, un’atmosfera più morbida e più lenta, con una quantità notevole di ballad. La noia fa capolino spesso, perchè spesso la prolissità tipica del gruppo non è supportata dalla stessa ispirazione che li ha resi così grandi.
“The Astonishing” è ambizioso, ma pachidermico. Se siete fans della prima ora, lo troverete troppo macchinoso, se invece avete apprezzato il corso della band dell’ultima decina di anni, allora ne apprezzerete epicità e portamento grandioso. Se non li avete mai amati, non inizierete con questo lavoro. Se non siete fans, ma vi piacciono le opere con un concept, potreste perdervi tra i vari personaggi della storia e nelle mille divagazioni che la caratterizzano. In ogni caso, un album dove ci sono dei momenti molto intensi, ma che inevitabilmente, ha anche tante zone d’ombra. Forse troppe.