Chiunque pensi che I generi estremi siano morti o a corto di idee dovrebbe mettersi nei panni dei musicisti appartenenti al genere. Introdurre novità o stravolgere qualche regola non è affatto semplice, anche perché il rischio di non essere ‘capiti’ procede a pari passo con l’accusa di ‘ripetersi’. I fans, le audience, vanno portate passo a passo verso nuovi lidi, in modo da lasciar loro tempo di fagocitare e digerire certe nuove soluzioni.
Gli Unleashed suonano sempre un death metal epico, carico di doppie casse e riff granitici…la vecchia scuola a cui appartiene la band nordica, con ormai ventisei primavere alle proprie spalle, si basa su un death metal diretto che si sposta sul thrash, sul prog o sull’extreme a seconda delle necessità, mettendo in campo una decina di tracce che non smettono mai di mordere nel profondo. La verve oscura di Johnny e soci permette di godere del solito alone opprimente che carica le strutture di pesantezza e forza prorompente, dove i pochi spazi di respiro sono caratterizzati da intro e outro acustici dal forte sapore scandinavo.
La produzione è professionale e meticolosa, dove ogni minimo particolare viene trattato con cura e rispetto…le performance sono mirate alla devastazione completa e alla perfetta ambientazione delle lyrics, dove spietatezza e forza vichinga entrano in gioco di prepotenza. I suoni sono glaciali e pungenti, capaci di dare all’ascoltatore quel senso di ‘gelo baltico’ tipico di certe uscite discografiche.
Si picchia duro con il duo d’apertura “A New Day Will Rise” e “They Came To Die”, dove la voce gutturale di Johnny incarna odio e morte; “The Bolt Thrower”, “Let The Hammer Fly” e la conclusiva “Welcome The Son Of Thor” rappresentano i capitoli più accessibili, grazie ai cori semplici e forzatamente ripetuti, mentre “Defenders Of Midgard” e “Dawn Of The Nine” si forgiano come le vere perle del disco, forti dell’incedere collerico e dal grande pathos.
Come sempre gli Unleashed rimangono un act estremo di difficile assimilazione…ma grazie ad ascolti ripetuti e a una maggiore apertura mentale potrete considerare “Dawn Of The Nine” come l’ennesima conferma che il death metal non è morto ma, al contrario, può ancora stupire.