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PETER HAMMIL – Peter Hammill

Incontrare un mito, incontrare una figura della storia del rock è qualcosa che non può essere spiegato a parole…poco prima di incontrarlo passano migliaia di piccoli pensieri e ovvie considerazioni sull’incredulità del momento (tanto aspettato) che la sensazione è quella di far solo una figuraccia…poi, se la possibilità è di incontrarli a tu per tu, cresce l’angoscia sul fare o non fare domande scontate o peggio ancora un po’ troppo provocatorie. Comunque, armato di passione, mi presento circa tre ore prima dello show nel retro del Teatro Rosmini di Borgomanero, dove mi viene chiesto di aspettare qualche minuto per l’arrivo di sua maestà Peter Hammill…in realtà dopo trenta secondi ecco scendere il cantante inglese, sorridente e visibilmente di buon umore. Mi invita a scendere nelle prime file (passando per il palco dove di lì a poco si sarebbe esibito) e preso posizione in seconda fila, chiede gentilmente al fonico di spegnere momentaneamente la musica di sottofondo per rendere più intima l’intervista (manco fossi stato di una testata giornalistica mondiale, a dimostrazione della persona semplice e riservata che è). Con il cuore in gola e lo sguardo incredulo (e un po’ da pesce lesso, credo) gli pongo le domande per la breve intervista.


Ciao Peter…Benvenuto in Italia! Sei appena ripartito in tour e hai programmato ben cinque date nel nostro paese. Cosa pensi dell’Italia?

Beh, ciao a tutti i lettori di Heavyworlds.com. Ovviamente amo molto l’Italia ed è da molti anni ormai (ride) che vengo sia in tour che per visitarla; quando si tratta di pianificare le date del tour e di scegliere le location, l’Italia è semplicemente un passaggio obbligato, vista l’accoglienza. Per cui è sempre un onore passare di qua!


Lo scorso anno hai dato alla luce un nuovo album, “Thin Air”, che rappresenta un altro step nella tua vastissima carriera e nell’evoluzione dei tuoi ‘scopi musicali’…ti va di introdurlo ai nostri lettori?

Hai usato il termine giusto, evoluzione…ho provato a usare qualche soluzione differente rispetto al passato, cercando di impostare anche certe idee new age, qua e la. Sicuramente risulta molto interessante se preso da un’angoltura più fantasiosa e ariosa in termini musicali, ma fondamentalmente suona sempre e molto Peter Hammill. Quando compongo e quando registro i brani per i miei album solisti, cerco di intendere ogni singolo pezzo come un quadro che andrà a comporre un’opera più ampia; quindi devo cercare di capire come far affiorare le sfumature e come dar rilievo alle tinte forti per far in modo che le songs possano essere convincenti…e alla fine cerco di suonare e registrare tutte le parti da solo, che è l’unico modo per crearle come le voglio.


Nel 2009 si celebrano i primi quarant’anni dalla pubblicazione del primo disco dei Van Der Graaf Generator “The Aerosol Grey Machine”…in questo enorme lasso di tempo, come hai visto cambiare il mondo musicale?

La scena musicale è assurdamente e completamente cambiata…credo che il problema più grande per chi inizia adesso la propria carriera e che cerca di promuovere la propria musica sia trovare un contratto discografico. E’ terribilmente impossibile trovarlo, e bisogna sentirsi incredibilmente fortunati a riuscire a firmarlo…e credo che questa sia anche una delle più grandi differenze tra i giorni d’oggi e quando muovavamo noi i primi passi nel 67/68. E aggiungo che bisogna sentirsi ancor di più fortunati oggigiorno se si riesce ad avere ancora una discreta audience…nel mio caso in parte questo è determinato dalle scelte compositive che si seguono, perché ammetto che certi miei percorsi possano essere difficili da capire e da assimilare, ma ribadisco che la musica stessa è cambiata nel corso di questi quarant’anni.


Quindi se ti chiedessi di dare qualche suggerimento ai musicisti che stanno iniziando adesso la propria carriera, cosa ti andrebbe di suggerigli?

Oh…accidenti! Io credo, e ho sempre creduto, che alla base di ogni persona che voglia intraprendere un discorso musicale ci debba essere la pura passione; e di conseguenza è di vitale importanza seguire il proprio cuore nella musica e trarre pure divertimento da quello che fai…


Facciamo un salto indietro nel tempo, parlando dei Van Der Graaf Generator…sei sempre in contatto con gli altri membri del gruppo? Se non sbaglio nel 2005 avete fatto una reunion dopo anni…

Beh…ovviamente noi continuiamo ad essere in contatto e a trovarci per suonare assieme! Comunque è giusto ciò che dici: nel 2005 ci siamo trovati per una reunion alla quale è succeduto pure un disco, “Present”. Poi, nel 2006 o nel 2007, non ricordo bene, David Jackson se n’è uscito nuovamente dalla band per seguire altri tipi di progetti e quindi il discorso Van Der Graaf Generator è stato un po’ vacillante! Comunque considero tutti loro delle persone eccezionali oltre che musicisti con i quali ho condiviso dei momenti importanti nella vita…per cui siamo sempre in contatto e posso affermare che i Van Der Graaf Generator sono tutt’ora vivi.


Stasera vedo che ci sono solo un pianoforte e una chitarra sul palco…quindi questa sarà una data ‘particolare’?

Si…stasera sarà qualcosa di molto intimo e strettamente personale. Come puoi vedere sarà totalmente acustico senza nessun strumento elettrico! Niente band e niente effetti scenici; solo io, la mia musica e si spera l’audience (RIDE)


Infatti, guardando il programma del tuo tour, ho visto che le location saranno espressamente teatri o posti molto raccolti…da dove deriva questa scelta?

Suonare in piano bar o nei teatri è un’esperienza fantastica…ti permette quello stato di intimità con il pubblico che ovviamente non puoi ricreare nei palazzetti. Un rapporto diretto con le persone che vengono ad assistere al concerto dove puoi trasmettere le emozioni e i concetti in maniera più intima.


Cosa dobbiamo aspettarci stasera?

Un bel mix, diciamo…ci sarà senz’altro del materiale da “Thin Air” ma al contempo andrò a ripescare da tutta la mia carriera, sin dal primo disco del 1971. Il bello di suonare da solo, oltre al rapporto con il pubblico è che posso scegliere e variare la scaletta ogni sera e rendere ogni show differente e unico…ci saranno comunque un bel po’ di canzoni!!


Guardiamo al futuro adesso…hai in mente di pubblicare un album nuovo prossimamente?

Posso preannunciarti che nel 2010 avrete il nuovo album dei Van Der Graaf Generator!!! Dovrebbe essere pianificato per l’estate se tutto procede bene…questo è il prossimo step della mia carriera, diciamo! Suonerà sempre come un disco Van Der Graaf, difficile da descrivere…


Tu sei nato, musicalmente parlando, nel 1967…in quell’epoca hanno cominciato a muovere i primi passi tutte le realtà inglesi più rilevanti del progressive rock, tutte l’una diversa dalle altre. Com’era l’atmosfera che si respirava in quel periodo?

Bella domanda…quarant’anni fa la situazione era completamente diversa, come dicevo prima. Eravamo guidati fondamentalmente da uno scopo comune…tieni anche conto che a quel tempo la musica non poteva arrivare a tutti! Ora la musica la puoi trovare ovunque, durante un viaggio in aereo o al supermarket mentre fai spesa…all’epoca per trovare la musica dovevi andare nei locali, e potevi scegliere cosa seguire e di quale tendenza far parte, perché avevi l’imbarazzo della scelta. E specialmente il businness musicale di Londra viveva nelle sue strade e nei suoi quartieri, e mi ritengo fortunato ad aver vissuto in quel periodo e in quel posto…e ovviamente anche della carriera che da lì è nata…


Ti faccio una domanda un po’ più personale…facendo tour in tutto il mondo ovviamente troverai degli audience sempre diversi. Come ti senti quando vedi di fronte a te gente tua coetanea e allo stesso tempo ragazzi molto più giovani?

(SORRIDE) Beh, come potrai capire la cosa mi riempie di gioia! E’ una soddisfazione inspiegabile vedere questa sorta di ‘continuità generazionale’ nel pubblico che mi segue…ti incoraggia ad andare avanti anche se dietro di te hai già fatto molta strada. Gente come te, che più o meno hai la metà dei miei anni, che presumo abbia scoperto la mia musica dal padre o dallo zio e che viene a vedermi suonare in una location così intima mi da enormi soddisfazioni!


Tre mesi fa, in un paese qui vicino si è esibito Fish…sembra che il rock si stia spostando dalle città principali alle zone più limitrofe…che ne pensi?

Penso che per un musicista che rispetti se stesso e che rispetti la propria arte suonare in una grande città o in un paesino piccolo non debba far differenza…il messaggio che mandi e ciò che deve trasparire deve essere uguale in entrambe le location. Quel pubblico lo avrai davanti soltanto quella sera, numeroso o meno, devi dar loro tutto te stesso perché domani sera saranno altri visi a guardarti…ma ovviamente questo non succede quasi mai…


Siamo in chiusura Peter…grazie del tempo che ci hai regalato. Vuoi aggiungere qualcosa?

Saluto tutta l’Italia, un paese magnifico…grazie a te per l’intervista.


Lascio Peter al suo camerino (non prima di aver fatto una foto assieme e di avergli fatto autografare un cd) e alla sua cena. Questo è il rock, nella sua semplicità…