Per il pubblico italiano (e non solo) il nome Sadist non può essere altro che un sinonimo di garanzia e un marchio indelebile di qualità. Attraverso la loro ormai più che ventennale carriera, il gruppo genovese è sempre stato un punto fermo nel panorama death metal e il loro ritorno sulle scene era carico di aspettative. “Hyaena” non vi deluderà: il nuovo disco di questi raffinatissimi musicisti è un coacervo di originalità e potenza, figlio di un incredibile incontro tra ritmi tribali e tradizione death metal.
Tutto è curato nei minimi dettagli, dalla strepitosa copertina curata da Luca Orecchia all’evocativo design di Manuel Del Bono per il booklet, da una produzione impeccabile ad un songwriting maturo ed incisivo. Ospite d’eccezione, il percussionista Jean N’Diaye, che seguirà la band anche per il prossimo tour.
L’impatto devastante con “The Lonely Mountain“, i suoni intriganti di “Pachycrocuta” aprono alle girandole prog di “Bouki“, un vero e proprio vortice di forza primordiale.
L’inquietante l’atmosfera di “The Devil Riding the Evil Steed“, con intro&outro di gran classe, lascia il posto all’aggressività di “Scavenger and Thief“, per poi cogliere del tutto impreparati con la delicatezza e la raffinatezza di “Gadawan Kura“, pezzo che ci scaraventa nel cuore del mondo fotografato da Pieter Hugo.
“Eternal Enemies” è un pezzo old style, che sembra provenire direttamente dagli anni ’90, mentre risulta moderna e vibrante la successiva “African Devourers“: in questo lavoro i Sadist fondono perfettamente passato e presente in un connubio incredibilmente omogeneo.
I 45 minuti di “Hyaena” si esauriscono con la zampata finale di “Scratching Rocks“, cruda e diretta e il ritmo di “Genital Mask“, per un lavoro dall’incredibile intensità.
Per chi aspettava un album dal suono sporco e disturbante del death più nero, per chi ha amato le sincopi di “Tribe“, per tutti coloro che amano la sperimentazione, la modernità, l’originalità, “Hyaena” è l’album giusto. Il 2015 è decisamente l’annata dei Sadist.
