Ci sono band che interpretano e band che vivono…chi interpreta forse riuscirà ad avere maggiore successo, in quanto potrà apparire più credibile agli occhi dei più grazie alle doti artistiche, ma chi vive una passione (anche) attraverso la musica rimarrà quello più soddisfacente a cui approcciarsi. Discorso difficile a parole ma davvero semplice a pelle.
Terzo disco per la ciurma dei Ye Banished Privateers, combo scandinavo che ha visto la propria formazione arrivare ad una trentina di elementi. I mastermind Björn “Bellows” Malmros e Blackpowder Pete ci catapultano ennesimamente in un universo che negli ultimi anni è riuscito a ritagliarsi uno spazio enorme grazie a act metal e pellicole hollywoodiane, riuscendo però a mantenerne lo spirito intatto e privo di modernizzazioni. Lo stile da locanda marittima unito ai testi legati a vita di porto o di cambusa racchiude l’essenza della vita piratesca, dove l’ambientazione viene rievocata nella fantasia senza troppa fatica.
La produzione è indiscutibilmente moderna ma questo non deve apparire come un deterrente in quanto la fruizione ne subisce grandi benefici. I suoni caldi e passionali si uniscono alle performance uniche mirate alla bellezza e alla semplicità, dove i cori da birreria e le ambivalenze vocali ci ricordano che la musica deve essere soprattutto energia ed emozione.
Per le songs bisognerebbe fare menzione di ogni capitolo…dalla triste “Annabel” alla più satura “Mermaid’s Kiss” il viaggio è avvincente e onesto…”First Night Back In Port”, “Cooper’s Rum” e “I Dream Of You” mostrano i lati opposti di quanto gli Ye Banished Privateers possono comporre, mentre “A Night At The Schwarzer Karter”, “Skippy Aye Yo”, “A Declaration Of Indipendence” (con l’omaggio alla colonna sonora de “L’Ultimo Dei Mohicani”) e “Eastindiamen” rimangono i capitoli più accessibili e fruibili, plasmandosi anche tra i meglio riusciti di tutto il platter.
“First Night Back In Port” non è un album metal…eppure possiede una carica esplosiva da non sottovalutare; costruite con intelligenza e grande pathos, queste quattordici songs possono farvi passare tre quarti d’ora a mente libera senza chiedervi troppo impegno…e paradossalmente li adorerete per questo.