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Hatetyler – Marco Pastorino

Passione…un termine usato molte volte a sproposito ma che se esternato naturalmente può coinvolgere ogni essere vivente che ne viene a contatto. Marco Pastorino è così, passionale. Un musicista giovane ma già dal ‘bagaglio invidiabile’, ricco di idee e di voglia di esternarle all’intero globo terracqueo. L’occasione è l’uscita di “Vidia”, la seconda creatura targata Hatetyler. A voi la nostra intensa chiaccherata…

– Ciao Marco…innanzitutto come stai?

Ciao Valerio! Tutto benissimo dai.

– Partiamo con l’introdurre “Vidia”, la nuova fatica degli Hatetyler! Ti va di parlarcene un po’?

La storia di “Vidia” si sviluppa in sette mesi all’incirca. Dopo aver scritto i dieci brani del disco, ci siamo ritrovati in sala per settimane a delineare ogni singolo arrangiamento e ogni più piccolo particolare. Da lì, a lavoro ultimato, ci siamo presi i giusti tempi per registrare le voci con calma e passare poi ai Domination (Studios-ndr), per mettere su nastro batterie e chitarre. E’ stato un processo inverso rispetto al solito come puoi vedere, ma volevamo prenderci i nostri giorni per
sezionare al dettaglio le parti growl, scream, le parti pulite, i cori e quant’altro , per alzare il livello del lavoro, rispetto ad esempio al nostro primo album.

– Partirei ad analizzare “Vidia” dalla copertina, un artwork molto evocativo e, se me lo permetti ‘esoterico’. Come si pone in relazione alle lyrics titletrack e, ovviamente, del resto del disco?

Innanzitutto, colgo l’occasione per sottolineare il grande lavoro di Simone Bertozzi (Mnemic) a livello di artwork; è riuscito a catturare in pieno quelle che erano le nostre direttive. L’immagine della dea è a mio parere un controsenso generale, una figura mistica che si mescola alla sperimentazione e visioni tutt’altro che banali. La titletrack parte come canzone di protesta, se mi passi il termine, nei confronti del mondo intero; poi, come puoi vedere dalle liriche, si sviluppa fino ad un viaggio interiore che , ad esempio, potrebbe delineare il protagonista di queste tematiche. Mi preme sottolineare che alcune canzoni del disco sono collegate , sia a livello di lyrics che di riff o spezzoni di arrangiamenti. Sono davvero curioso di sapere se la gente che ascolterà il disco, riuscirà a cogliere tutte queste piccole cose. 🙂

– “Vidia” pone un accento particolare sul background degli Hatetyler, viste le sperimentazioni sonore e le contaminazioni inserite…vi siete divertiti a ‘sperimentare’ oppure avevate già ideato a tavolino come porvi nel songwriting?

Ho già parlato di viaggio all’interno del disco, mi piacerebbe riportare ancora questo termine per esprimere quello che ho provato a scrivere l’album; i primi pezzi venuti alla luce sono a mio parere più riconducili al metalcore più classico , benché presentino arrangiamenti vicini ad altri sottogeneri. Ma passo dopo passo , ogni idea raccoglieva influenze di altri suoni in generale. Ad esempio gli ultimi due pezzi a cui abbiamo lavorato sono proprio stati “Vidia” e “D.d.”. La prima ha dubstep, core ma anche un crescendo finale molto più vicino al prog. “D.d.” a sua volta contiene delle parti più riconducili a jazz o fusion a livello di accordi, sfocianti poi in una parte rap, nel riff djent più evidente dell’album , riprendendo le redini verso il finale dove fa capolino la citazione, al contrario a livello di testi, del finale di “Vidia”. Un bel casino generale ahah

– Rispetto a “The Great Architect”, vostro debut, ci troviamo al cospetto di un lavoro più meticoloso e certosino in termini di produzione e impatto…cosa avete salvato dalla prima avventura in studio e dove avete cercato di apporre miglioramenti?

Anche qui, nessuna decisione è stata presa a tavolino. Abbiamo scelto il miglior materiale che avevamo. Scartando valanghe di riff e testi di cui non eravamo pienamente soddisfatti. Sicuramente la matrice core rimane evidente come nel primo album, ma penso che l’esperienze tra live e sala prove costante, ci abbia dato modo di trovare un’alchimia ancor più profonda rispetto a “The Great Architect”. Penso infatti che “Vidia” sia molte spanne superiore al suo predecessore.

– Da un lato troviamo songs ariose come “Photograph”, “Avoid Your Sin” e “Make Me Stronger”, dall’altro veri impatti sonori come “Synapsis”, “Awaking The End” e il singolo “Lifenymph”…”D.D.” mette in mostra il vostro lato acustico mentre la titletrack pone l’accento su un variegato insieme di universi…non temete che i vostri fan rimangano spiazzati da questo ‘mixage sonoro’?

Assolutamente no. Non facciamo musica per seguire mode, o per beccare la giusta ondata di uno specifico momento per avere un minimo successo. Noi siamo interessati a comporre degli ottimi pezzi. Che siano in una o in un’altra direzione, poco conta. Non mi piace porre limiti all’inventiva. Proprio per questo , non ho assolutamente idea di come suonerà il prossimo album; sto mettendo via le prime bozze a riguardo, ma potrebbe suonare completamente rock, come potrà essere un disco decisamente estremo. Il bello della musica è proprio questo secondo me. Se perdiamo anche questa cosa, che potrebbe rimanere???

– Il singolo “Lifenymph” è appena uscito…vuoi raccontarci come mai avete scelto questa song? Avete in programma di fare un video ufficiale?

Volevamo un pezzo diretto e senza tanti fronzoli per aprire la strada a “Vidia”. Volevamo tenere i brani più ‘pesanti’ a livello di struttura per l’album vero e proprio. “Lifenymph” racchiude in parte lo spirito del primo album, mescolando ad alcune sperimentazioni del nuovo, vedi l’elettronica, i tanti cori ecc. . Sicuramente faremo un video ufficiale. Stiamo ancora parlando dei dettagli al momento.

– Una particolarità del vostro sound è l’interscambio tra parti vocali clean e growl…in che modo costruite le parti vocali, partite dalla musica oppure la costruite sulle idee per le vocals?

Dipende da brano a brano; ci sono pezzi che nascono da una piccola linea vocale, un’armonia che poi sviluppiamo per un’intera canzone. Oppure la voce stessa viene messa al servizio di un riff venuto fuori. Per esempio “Vidia” è nata quasi nello stesso istante; quando i primi riff di chitarra sono saltati , la voce è arrivata di conseguenza. In “D.d.” invece ho passato una notte insonne suonando e risuonando diversi tipi di accordi jazz, e solo pochi giorni dopo sono uscite le giuste
melodie. Il connubio clean & growl lo abbiamo sviluppato per dare all’album un aria diversa, come fossimo dei pittori e avessimo così l’occasione di sfruttare una moltitudine di colori.

– Parliamo di promozione…avete già pianificato qualcosa per il futuro?

Con SG Records stiamo preparando un buon piano a livello di recensioni, interviste, apparizioni in radio e quant’altro. Ma niente è come portare i brani live. Stiamo confermando una buona serie di date, italiane e non, per partire con la prima parte del Vidia Tour, se così possiamo chiamarlo.

– “The Great Architect” vi ha portato a suonare sui palchi di mezza Europa, condividendo lo stage con act quali Texas In July o Parkway Drive…immaginavate, nel 2011, che il vostro debut album vi potesse portare soddisfazioni così grandi?

Nel 2011, quando con Luca e Federico abbiamo dato vita a questa band, la mia intenzione era quella di avere un semplice nuovo progetto dove poter dare sfogo alla mia voglia di sperimentare sonorità più dure e moderne, ma in pochi mesi, e con gli ingressi di Olly e Erik, rispettivamente alla voce e batteria, l’entusiasmo è stato tale da indurci a lanciarci nelle prime date. Il resto è arrivato di conseguenza. Siamo partiti per una decina di date estere , senza aver mai diviso il palco. La prima data italiana è stata insieme ai Texas In July, che reputo una delle migliori band core americane, anche se non hanno un grosso seguito qui in Europa. Parkway Drive è stata un’occasione da cogliere al volo; nell’epoca di internet , possono arrivarti proposte da ogni parte del globo.

– Per “The Great Architect” avete scelto la distribuzione esclusivamente in digitale, cosa che ai ‘vecchietti’ come me, amanti dei cd, ha fatto storcere un pò il naso…per “Vidia” avete scelto ancora esclusivamente questa via oppure potremo avere anche la copia fisica?

Anch’io sono legatissimo al formato fisico, e al contrario di tanti miei coetanei, non riesco ad abituarmi al digitale. Non lo sento mio. Perdo ore o giornate a sfogliare un booklet, leggere testi, ringraziamenti e quant’altro. Per quel che riguarda “Vidia”, abbiamo scelto di firmare con una label come SG Records, piccola ma con un buonissimo team e un ottimo piano di lavoro, questo comprendeva appunto anche l’album in edizione fisica.

– Ultima domanda, squisitamente personale: come vanno tutti gli altri tuoi progetti (Temperance, Secret Sphere)?

Con Temperance stiamo per uscire col debut-album, che verrà accompagnato da una buona serie di date già confermate e un grosso lavoro. Coi Secret attualmente stiamo lavorando alla riedizione di “A Time Never Come”, riregistrato dalla lineup odierna, nel frattempo stiamo raccogliendo le idee per il successore di “Portrait Of A Dying Heart”.

–  Ok, siamo in chiusura. Hai carta bianca per poter chiudere questa intervista…

Innanzitutto ringrazio te Valerio e Heavyworlds per il supporto dimostrato ora e in passato. Un saluto a tutti i lettori, speriamo di vederci on stage e col cuore spero che” Vidia” vi colpirà nello stesso modo in cui è riuscito a colpire noi nella sua stesura. Ciao a tutti!!!

– Grazie a te Marco! Ci si vedrà presto!!!

https://www.heavyworlds.com/it/site/index.php/reviews/item/10192-hatetyler-vidia