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Marcus Siepen – Blind Guardian

Siamo soliti osannare quei musicisti ‘visibili’, quelli che più appariscenti e d’impatto…cantanti o virtuosi dello strumento che siano, sembra che sia solo la loro parola a valere all’interno delle band. Ma è nei rifinitori o nei bilanciatori che spesso si nasconde il ritratto reale di questi gruppi, persone che riescono a creare quel collante magico atto a rendere unico il sound. Nei Blind Guardian questo elemento porta il nome di Marcus Siepen, il macinatore ritmico che lavora sotto tutte le orchestazioni e i cori come un moto perpetuo…gentile scherzoso onesto e rispettoso, Marcus è l’interlocutore ottimale, capace di immergere l’intervistatore in quell’oceano vasto che il combo tedesco ha saputo costruire negli anni…a giorni uscirà l’attesissimo “Live Beyond The Spheres” e l’occasione è il Battlefield Festival meneghino. Nel camerino, seduto su un trono (anche se non rende giustizia alla sua umiltà) fornito dagli organizzatori, la conversazione graviterà attorno a numerosi aspetti della carriera più che trentennale dei quattro bardi…

Ciao Marcus. Grazie del tuo tempo prezioso…tra poche ore sarete sullo stage del Battlefield Festival qui a Milano. Come stai?

Ciao a tutti e grazie per questa intervista…sono felicissimo di essere tornato a Milano dopo un paio d’anni e che fuori ci sia il sole e faccia caldo.

Ehm, fino a ieri in realtà pioveva e la temperatura era freschina…

Davvero?? Beh, venerdì abbiamo suonato in Grecia e c’erano quarantadue gradi per cui credo che un po’ di pioggia non avrebbe fatto male. (RIDE).

Per prima cosa, ovviamente, ti chiedo se ti va di parlare del vostro nuovo disco dal vivo, “Live Beyond The Spheres”…ti va di raccontarci qualcosa a riguardo?

Certo! Si tratta del nostro terzo disco dal vivo e raccoglie materiale dai tour a supporto di “Beyond The Red Mirror” del 2015 e 2016…ci sono un totale di ventidue canzoni e credo rappresenti al meglio quello che i Blind Guardian riescono a portare su un palco. Puoi trovarci canzoni del nuovo millennio e brani più datati, alcuni classici, alcune tracks che non suonavamo da un sacco di tempo e alcune chicche che raramente eseguiamo dal vivo…ci sono tutti gli elementi ma credo, e posso parlare a nome di tutta la band, che il vero salto di qualità in un album live sia rappresentato dal pubblico; per noi è importantissimo avere un’audience partecipe visto che le nostre songs richiedono grande pathos nei cori, così abbiamo scelto di trasportare su un disco tutte le migliori performance…chi era presente potrà reimmergersi e chi invece non era presente potra goderne per la prima volta (RIDE).

Com’è avvenuta la scelta delle songs per comporre la tracklist del disco?

E’ un giusto compromesso tra due mondi: da un lato abbiamo in testa una setlist, che normalmente corrisponde più o meno a quella che eseguiamo dal vivo, dall’altro ovviamente dobbiamo selezionare il materiale e scegliere ciò che è venuto meglio sia a livello esecutivo che di feeling. Avevamo in mente da subito di fare un triplo cd in modo da contenere la durata di uno dei nostri concerti, anche se avendo registrato pressoché ogni show in quei tour il lavoro di scernita e scrematura è stato incredibilmente lungo e difficile.

Un particolare curioso, ad esempio, è che le canzoni iniziali sono “The Ninth Wave” che apre il nuovo disco e “Banish From Sanctuary” che è una delle vostre hit più datate…come vi ponete ad eseguire canzoni che rappresentano due epoche diverse e che, in qualche modo, sono incredibilmente differenti tra di loro?

Quando prepariamo uno show uno degli aspetti più importanti è il bilanciamento delle dinamiche di questo…se dovessimo eseguire venti canzoni speed sarebbe noioso e altrettanto si dimosterebbe suonare solo materiale più progressivo o orchestrale; stessa cosa se prendessimo solo materiale nuovo o solo quello vecchio…tutto, alla fine, è Blind Guardian e credo quest’alternanza faccia decollare il gig nel modo giusto. E’ interessante sia per i fans sia per noi perché mantiene l’attenzione viva e non si corre il rischio di far scendere troppo il livello.

“Live Beyond The Spheres” è il vostro primo disco dal vivo con Frederik alla batteria…posso chiederti un’analisi, non prettamente comparativa, tra Thomen Stauch e Frederik Ehmke in sede live?

Indubbiamente i loro stili sono molto differenti, ma credo di non essermi mai posto il problema di cercare delle differenze. Frederik ormai è il drummer della band da tredici anni e sa come far decollare iil sound…già dalla prima prova assieme ha osservato tutte le linee basi del nostro trademark, mantenendo vivi quei cliché che da sempre ci caratterizzano, ma ha saputo intelligentemente inserire le sue caratteristiche riuscendo a rendere personali anche i brani di Thomen.

E’ noto che ogni vostro show sia ‘unico’, nel senso che apportate sempre alcune modifiche alle scalette e non standardizzate in toto un tour…

La creazione di una tour-setlist è un lavoro tortuoso…per una scaletta di diciotto/venti canzoni normalmente vuol dire prepararne quaranta/quarantacinque. Abbiamo un album da promuovere per cui vogliamo suonare materiale nuovo, però abbiamo anche da rispettare i classici e garantire quelle ‘sorprese’ che non eseguiamo dal vivo da molto o che proprio non abbiamo mai portato on stage. Il nostro segreto credo sia avere fissa la prima parte, cinque o sei canzoni, per entrare nel mood dello show senza particolari problemi di memoria e solo dopo cambiare per rendere unica quella particolare data…è anche una questione di rispetto sia per quei fans che ci seguono magari per due o più date sia per noi stessi, perché rappresenta uno stimolo contro la routine…e poi, sinceramente, suonare per un anno o un anno e mezzo sempre la solita setlist sarebbe davvero demoralizzante (RIDE).

Ti farò una domanda molto semplice, da bambino…come fate a tenere a mente tutte le canzoni di uno show, specialmente perché alcune di queste sono una costante progressione?

(RIDE)…Cercherò di risponderti in modo altrettanto diretto: devi prepararti bene, ma molto bene. C’è una sorta di leggenda che professa che dobbiamo effettuare numerosissime prove prima di andare in tour ma in realtà ne necessitiamo solo due…una volta stabilita la scaletta ognuno si prepara individualmente; ci sono canzoni che bene o male si fanno sempre e quindi necessitano poco ripasso mentre quelle che magari non esegui da una decina d’anni richiedono più tempo; strumento, player e via finché non diventa automatico suonarle. Solo successivamente ci ritroviamo per fare una prova, dedita a sistemare il groove o a provare alcune parti più difficili…e poi ci sono sempre i soundcheck dove puoi provare quelle song che magari suoni raramente durante il tour.

Beh, sembra semplice ma all’occhio di un profano non lo è tanto…

(RIDE)…beh, forse facendolo per più di trent’anni diventa quasi un’abitudine…in fondo è il nostro lavoro.

Cambiamo un attimo orizzonte…il famoso album orchestrale di cui si vocifera ormai da un bel po’. A che punto siamo?

(SOGGHIGNA) Ci stiamo avvicinando…(RIDE). Scherzi a parte, stiamo terminando le registrazioni delle parti vocali. Dovevamo finire di registrarle in mezzo alle varie parti del tour a supporto di “Beyond The Red Mirror” ma i tempi morti non erano sufficienti. Hansi necessita di un paio di settimane per recuperare la voce e non c’è mai stato molto tempo tra un ritorno e una partenza…quest’anno abbiamo solo dodici date, tutte in estate, per cui possiamo procedere più speditamente. Poi ovviamente ci sarà tutto il mixaggio e il mastering…non c’è ancora uno scheduling vero e proprio, si parla della fine del prossimo anno o inizi 2019.

Accidenti…

(RIDE)…vedi, mixare un’orchestra presumo sia molto differente rispetto a mixare una metal band, per cui è giusto mantenere un certo margine. In fondo ne si parla da una ventina d’anni, no? (RIDE)

Beh, quattro anni dopo “Beyond The Red Mirror”…

Si, manteniamo i nostri standard (RIDE). Ma ti posso dire che in contemporanea stiamo lavorando anche su nuove songs…ne abbiamo già due quasi pronte ma è ancora presto per delle tempistiche o per delineare un percorso. Diciamo che siamo silenziosi ma stiamo lavorando sodo. (RIDE)

Come procede il tour?

Bene…in questa settimana abbiamo toccato Israele Grecia e Italia. Domani rientriamo a casa…nelle prossime settimane avremo un paio di festival in Germania, poi il Bloodstock in Inghilterra, quindi passeremo per Spagna, Austria e Polonia.

E com’è andata in Israele?

Molto bene…è sempre un’incognita suonare per la prima volta in un paese in quanto non sai come saranno le reazioni.E poi, suonando solo un paio d’ore e di notte, possiamo permetterci di fare i turisti per cui è stato interessante anche visitare uno stato che non avevamo mai toccato prima.

E avete potuto farvi un giro anche a Milano oggi?

No, oggi no…sembra strano ma per volare dalla Grecia a Milano ci sono volute dodici ore per cui ieri sera siamo solo usciti a cena e poi diritti a dormire. Stamattina ci siamo presi il tempo per prepararci allo show senza girovagare per la città.

State per eseguire dal vivo l’intero “Imaginations From The Other Side”, uno dei vostri dischi più acclamati…l’idea è nata per la commemorazione del ventennale oppure avete semplicemente scelto di inserirlo in toto in scaletta?

Ci sono tre ragioni fondamentali…la ovvia commemorazione del ventennale, il fatto che da tre canzoni di “Imaginations From The Other Side” sia partito tutto il concept legato a “Beyond The Red Mirror” e la reazione entusiastica via web quando abbiamo scelto di eseguirlo durante il tour negli USA dello scorso autunno…abbiamo ricevuto migliaia di post che chiedevano di andare ad eseguirlo in questo o quel posto nel mondo e da lì è partita l’idea di allargare la riproposizione anche in altri posti. E’ stato davvero piacevole avere un riscontro tanto positivo.

Tu, André e Hansi suonate assieme da più di trent’anni…Hansi dà la voce, André le melodie e tu crei il mastodonte ritmico. Ma in che modo decidete come costruire una canzone quando componete?

Non è molto facile da spiegare…principalmente componiamo nei nostri studi personali, non abbiamo l’abitudine di jammare assieme perché le nostre canzoni sono troppo complesse per venir ridotte a due sole chitarre…partiamo da un’idea e iniziamo a costruire una struttura, poi la palla passa ad Hansi per la parte vocale. Se tutto fila il brano inizia a prendere forma altrimenti si propongono variazioni e si prova a farlo evolvere…

La fai sembrare incredibilmente semplice…un’ultima domanda: quei quattro ragazzi di Kreifeld, pochi giorni prima di incidere “Battalions Of Fear”, avrebbero mai pensato che un giorno sarebbero diventati una delle icone del mondo metal?

Da come l’hai detta sembra che siamo davvero dei vecchietti (RIDE)!!! Sto scherzando ovviamente…diciamo che l’obiettivo era diventare una band professionale capace di fare dischi e tour e di avere un buon numero di fans, come penso ogni band giovane sogni di fare. A noi è andata molto bene se conti che di certezze non ce n’erano più di tante…posso dirti che ci siamo fatti un gran mazzo e abbiamo lavorato sodo per quel sogno: ricordo che provavamo ogni singolo giorno per migliorare, ce la mettevamo tutta per riuscire a scrivere materiale più convincente e vivevamo la musica praticamente ogni singolo minuto. Forse, il punto forte stava nel fatto che eravamo seriamente convinti che un giorno saremmo arrivati al nostro obiettivo e ogni piccolo passo avanti rendeva ancor più inossidabile questo pensiero. Ma ovviamente senza tutti i sacrifici niente sarebbe arrivato.

Ok Marcus abbiamo finito…dal trono dove sei seduto, ti lascio il microfono per un saluto.

(DIVERTITO GUARDA IL TRONO SU CUI E’ APPOGGIATO) Ciao a tutti, grazie per il supporto e per questo trono che ci avete fatto conquistare (RIDE). Spero che siate qui oggi, al Battlefield Festival…se si, molto bene, altrimenti avrete perso un vero evento! Ciaooooo!

Grazie a te Marcus per questa chiacchierata così spontanea e per lo show che di lì a poco potremo godere.