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Red Pill – N.i.n.o.

“Sinners’ Club”, disco di debutto dei Red Pill, è stato uno dei migliori dischi italiani del 2010. A distanza di poco più di un anno dalla sua uscita abbiamo contattato il chitarrista N.i.n.o. per farci raccontare qualcosa di più sulla gestazione del disco e i progetti futuri della band emiliana.

Il vostro disco d’esordio è uscito ormai da più di un anno: risentendolo adesso come lo giudichi? Quali pensi che siano i suoi pregi maggiori e quali i difetti che dovrete limare nelle prossime uscite?

Nonostante ormai mi venga quasi il vomito risentendolo, io (N.i.n.o.) sono abbastanza soddisfatto, credo sia un bel disco, prodotto bene, suonato bene e abbastanza studiato. Per quanto riguarda il songwriting non credo che cambierei molto, magari qualche finezza qui e là, ma sono cose di cui comunque ci rendiamo conto noi che abbiamo fatto il disco e non l’ascoltatore medio. Il pregio che trovo nel mio disco è la produzione, la trovo abbastanza soddisfacente, il Paso dello Studio 73 ha fatto un ottimo lavoro nella ricerca dei suoni; se proprio vogliamo trovare un difetto, magari adesso farei delle chitarre diverse, pur usando la stessa base cercherei sfumature differenti, uguale per la batteria, cercherei di farla suonare un pochino più naturale. Il basso sarebbe stato da fare in maniera completamente diversa, nel disco è stato salvato all’ultimo visto che una volta allo Studio 73 le nostre registrazioni di basso erano praticamente da buttare.

In “Sinners’ Club” siete riusciti a far convivere il thrash dei Pantera con i ritornelli a presa rapida del moderno hard rock americano. Come ci siete riusciti? Avete mai temuto di sembrare poco metallici e un po’ commerciali con certe scelte melodiche?

Noto con piacere che hai colto nel segno; ci siamo riusciti semplicemente usando tutte le nostre maggiori influenze, abbiamo suonato quello che ci veniva dal cuore e dalle mani soprattutto, senza tanto soffermarci su quello che ne sarebbe uscito, infatti il disco è abbastanza variegato per quello che riguarda genere e stile. Ebbene sì, la paura di suonare “gay” ci è venuta, ma d’altro canto abbiamo pensato agli Slipknot a ad alcune cose dei Machine Head, che sono le uniche band nel loro genere che hanno un discreto successo. Abbiamo pensato che se possono metterci le voci e i ritornelli “gay” loro potevamo farli anche noi! Anche se, a ben vedere, di band che suonano quello che suoniamo noi in Italia non ne ho ancora sentite, o meglio: ne ho sentite tante con un sound più ragionato, ce ne sono altre che sono più thrash, altre ancora più leggere e alcune molte più preparate di noi, ma il connubio che sono riusciti a creare i Red Pill, nel panorama italiano, è per ora abbastanza unico.

La produzione è davvero di alto profilo, penso che siate riusciti a trovare il giusto bilanciamento tra tutti gli strumenti.  E’ stato difficile arrivare a questo risultato o è venuto tutto molto naturale?

Non è stato proprio difficile, diciamo che la cura che ci abbiamo messo noi necessita di parecchio tempo; il grosso del lavoro lo abbiamo fatto nello studio del nostro cantante Dani che ha curato le registrazioni e tutto l’editing di batteria, chitarre e basso, il ché ha richiesto molto, troppo tempo. I suoni veri e propri sono stati fatti dal Paso nello Studio 73, facendo un re-amp delle chitarre, riprocessando la batteria e il basso… E poi oserei dire che si è cimentato in un mixing e un mastering che rasenta la perfezione, se si pensa al costo e ai mezzi utilizzati.

Nel disco emerge l’amore per i generi più in voga nella seconda metà degli anni ’90, ovvero il groove thrash di Pantera e Machine Head e il crossover/new metal. Quali sono secondo voi le lezioni più importanti di questi due stili musicali? Quali sono i nomi che più hanno influenzato la vostra proposta?

Beh, intanto tutti i gruppi che hai citato sono stati fonte di ispirazione, noi tutti nella band affondiamo le nostre radici negli anni ’90 proprio perché la maggior parte della musica che ascoltiamo è stata composta in quegli anni. La lezioni più importanti che ci hanno dato? Far scapocciare la gente, crediamo che la musica sia uno sfogo, e quindi ci piace che il sound sia in grado di farti staccare il collo, la tecnica ci interessa poco, se non hai groove e la gente che ti guarda sta ferma vuol dire che hai fallito… Questa credo sia la lezione, il GROOVE, cosa che manca a tantissime band sulla scena italiana.

Nomi non ne faccio, arriviamo tutti dal miglior thrash degli anni novanta, il death e un po’ tutto il metal di quel periodo a parte il nostro bassista, Nick, che affonda le sue radici nel  brutal death e nella musica più putrescente e abbietta che ti possa venire in mente.

Quali sono le vostre esperienze prima di confluire nel progetto Red Pill? Cosa vi hanno lasciato le precedenti band in cui avete militato?

Ognuno di noi ha avuto esperienze diverse, dal rock italiano, alle cover al brutal death, evito accuratamente di fare nomi; le esperienze passate ci hanno lasciato in dote una cosa molto importante, cioè che non vogliamo suonare quello che suonavamo prima, ma anche la fatica nello scaricare e caricare la strumentazione e il sudore che ci abbiamo lasciato sopra.

Cosa rappresentano per voi i Red Pill? Quanto è importante per voi l’attività della band rispetto a tutto quello che vi coinvolge nella vita di tutti i giorni?

Per me personalmente i Red Pill sono la mia valvola di sfogo e il mio modo di esprimere i miei sentimenti e la mie ossessioni. Io vorrei che i Red Pill diventassero non dico il centro della mia vita, ma vorrei che fosse una parte importante che mi permetta di dire e suonare quello che voglio investendo nella band e spingendola al massimo delle nostre possibilità, ma del resto siamo 4 teste… dure!

Ci sono gruppi italiani che sentite vicini, sia per quel che riguarda il sound che per l’attitudine?

Tutti i gruppi che personalmente ritengo vicini sono parte della mia vita, conosco metà della scena modenese e sono parte delle mie frequentazioni giornaliere. Tanto per fare qualche nome (adesso si può): At the Soundawn, Jesus ain’t in Poland, Neronova, Ever-frost. Per uscire dalla scena modenese vorrei citare i Soulpit di Padova, i Subhuman di Pisa e poi al momento non mi viene in mente altro. Queste sono band che per quanto riguarda il sound  e la qualità non hanno niente a che vedere con noi, ma l’attitudine rock che ho riscontrato intrattenendo rapporti personali con questa gente va al di fuori di ogni possibile immaginazione.

Visto che avete un suono molto americano, volevo sapere se in un modo o nell’altro siete riusciti a far conoscere la vostra musica anche dall’altra parte dell’oceano.

Guarda, qualche anno fa ,quando eravamo ancora agli albori, senza un disco, ma con solo un promo, siamo riusciti a girare in radio in 2 o 3 stati, non ricordo neanche quali… Ma adesso come adesso o tiri fuori soldini per promuovere il tuo prodotto oppure il tuo prodotto è davvero così sopra la media e viene riconosciuto e apprezzato nel nuovo continente, o altrimenti… Evidentemente non rientriamo in nessuna delle due opzioni. Vorrei raccontarti un aneddoto: un amico che suona in una band già di alto livello, quando hanno chiuso il contratto con l’etichetta tedesca (non una major, ma comunque una label medio/alta) che ha lanciato band e che adesso, dei loro dischi, vende migliaia di copie, il capo dell’etichetta gli ha detto: “Ricordatevi che comunque siete italiani.”. Cosa avrà voluto dire?!?

Siete riusciti ad avere una buona attività live nel 2011? Quali sono i piani di battaglia per il nuovo anno?

Il 2011 non è stato particolarmente fertile per quanto riguarda i live, abbiamo fatto poche date e tutte nella nostra zona. Purtroppo, nonostante quello che racconta la gente, per fare tour seri bisogna tirare fuori “vil danaro”, che sia un tour DIY o che sia un tour ben organizzato e di spalla a qualcuno di “noto”, ma come dicevo prima siamo 4 teste e in questo caso anche 4 portafogli…

Cosa ci vuole per emergere nella scena musica odierna oltre a (si spera) doti artistiche sopra la media?

Prima di tutto ci vogliono i soldi, sia che tu voglia “sfondare” o anche solo per far sì che il tuo nome e la tua band giri almeno per tutta Italia; questo te lo dimostrano band di livello basso o medio/basso che però fanno tour con nomi altisonanti o fanno video che riescono a far girare su canali tv dedicati al rock, e questo puoi star certo che non è per doti artistiche. Successivamente alla voglia di investire soldi, magari, purtroppo, anche buttandoli via, c’è la voglia di sbattersi continuamente rompendo le palle a tutti, locali webzine, booking, ricercare ogni tipo di opportunità e investire denaro, a partire dal prodotto che vuoi ottenere, alla pubblicità, al merchandise e anche per i possibili tour e altro… Chiunque ti dica diversamente ti dice bugie; senza sbattimento e senza investire niente, non fai niente! Poi se lo fai per passione… Ti ci vogliono comunque un botto di soldi per qualsiasi cosa, strumenti, affitto sala prove, spostamenti etc.

Ci sono già pezzi in cantiere per un nuovo disco? Ci dobbiamo aspettare grossi cambiamenti?

Sì, ci sono già almeno 4/5 pezzi, qualcuno è già finito, altri sono in fase un po’ più embrionale. Non proviamo molto, quindi la composizione va un po’ a rilento, ma in qualche modo ci stiamo lavorando e stiamo andando avanti. Dai pezzi nuovi che sono usciti adesso, sembra che ci siano dei cambiamenti, i pezzi per il momento a me sembrano più “easy” rispetto a quelli vecchi; anche perché, appunto, provando poco o fai della roba semplice e immediata o da una prova all’altra ti dimentichi, e io di fare come fanno certe band di incompetenti che compongono i brani a tavolino, li registrano e poi devono imparare come si suonano perché li hanno fatti a pezzettini con batterie finte e riff che non si ricordano, mi fa decisamente schifo perché snatura la musica… Questo lo possono fare giusto i Meshuggah, che però hanno una marcia in più.

A quando un vostro approdo nei festival esteri, trampolino di lancio imprescindibile per avere un minimo di visibilità internazionale?

Eh, a me piacerebbe molto, ma purtroppo il nostro è un genere che non funziona più di tanto nell’underground, per quello che è la mia esperienza fino ad oggi; diciamo che forse suonando cose più estreme, che vengono fatte con spirito diverso, avremmo qualche speranza in più. Idem se cavalcassimo le mode, sicuramente avremmo più spazio. Se noi volessimo infilarci in un tour o in un bel festival con qualche nome “importante” dovremmo pagare, e fior fior di quattrini. Ci sono state fatte parecchie offerte, da Pestilence, Misfits, Vader, Gorgoroth e Suffocation… Ma se non sganci non suoni.

Visto che siamo a inizio 2012 e si stanno tirando le somme di quanto successo nell’anno passato, volevo sapere quali erano le preferenze dei membri della band riguardo ai migliori dischi usciti nel 2011 e gli show più belli a cui avete assistito.

Di musica uscita nel 2011 non ne ho ascoltata molta, i miei ascolti più recenti ricadono nello stoner/doom o nell’estremo; una delle migliori uscite del 2011 è “Heritage” degli Opeth, secondo me spettacolare. Ovviamente i fan degli Opeth hanno storto il naso, ma io non sono un loro fan; mi è piaciuto molto il disco degli Uncle Acid, che è un doom sabbathiano con forti influenze ’70s; decisamente bello il disco degli Steel Panther, pieno di testi rock n’ roll a base di sesso, alcool ed eccessi; degno di nota anche quello dei Blotted Science, “The Animation Of Entomology”, un prog estremo molto ben suonato; e poi un disco sicuramente ascoltabile è “Th1rt3en” dei Megadeth, ma sono di parte e lo definirei bello anche se Mustaine registrasse delle scoregge. Gli show che mi hanno colpito di più sono stati i Sunn O))) a Piacenza, gli Electric Wizard a Bologna, e un’altra una band che mi ha davvero colpito sono stati i Taking Dawn, che ho avuto il piacere di vedere a Sacramento (CA). Infine, non posso non citare il primo Big4 americano ad aprile in California.