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Rhapsody Of Fire – Alex Staropoli

In occasione dell’uscita del nuovo album “Into The Legend”, abbiamo avuto occasione di scambiare due parole con Alex Staropoli dei Rhapsody Of Fire. Ecco cosa ne è uscito dalla nostra chiacchierata.

– Ciao Alex, grazie del tuo tempo…in primis come vanno le cose in casa Rhapsody Of Fire?

Ciao, bene bene grazie. Sono stati due anni veramente intensi gli ultimi. La produzione è durata 7 mesi, come forse già sai, siamo pieni di entusiasmo nonostante il lavoro appena finito. “Into The Legend” è un album di cui siamo tutti orgogliosi e non vediamo l’ora di suonarlo dal vivo, per presentare al meglio le canzoni che abbiamo appena scritto.

– “Into The Legend” uscirà a gennaio…ti va di parlare della gestazione del disco, visto che ha richiesto uno sforzo di quasi sette mesi?

Son stati sette mesi di lavoro, ma di lavoro fatto con passione, energia e voglia di fare e con l’entusiasmo e la consapevolezza di aver a che fare con musicisti bravissimi come l’orchestra con cui avevamo già collaborato in “Dark Wings Of Steel”e ciò che faccio con mio fratello che mi ha procurato il Baroque Ensemble, per cui tantissimi strumentisti, tutti con strumenti originali dell’epoca. La cura dei dettagli è stata davvero notevole. Poi son successe diverse cose, mi serviva una soprano e abbiamo trovato questa donna di Trieste che ha collaborato con direttori di livello mondiale, ha lavorato a La Scala, etc. In realtà non la conoscevo e quando è entrata in studio e ha iniziato a cantare, mi sono detto “devo fare qualcosa in più per lei” per cui ho creato il duetto con Fabio che poi abbiamo inserito nella lunga suite. E’ stata una produzione lunga,tanto che, anche durante il mix, quando pensi “tutto è finito, ormai non registro più niente, ho chiamato altri musicisti per realizzare delle parti per cui c’è stato un processo compositivo che è durato davvero fino all’ultimo giorno.


– Ad un primo ascolto sembra che abbiate deciso di riportare il sound alle origini, con delle strutture più catchy e dirette…cosa vi ha spinto a spostare il songwriting in questa direzione?

Probabilmente il fatto che avevamo rilasciato un album come “Dark Wings Of Steel” che, sottolineo, è un album che ho voluto realizzare in quel momento ben preciso. Non è l’album tipico dei Rhapsody of Fire, ed è stato dopo il rilascio di quel lavoro che ho sentito lo stimolo di voler fare qualcosa di più complesso, orchestrato, cinematografico per cui son partito subito col crearmi delle liste mentali, delle cose e delle idee su cui lavorare per fare un album come “Into The Legend”. Come dici tu, un ritorno al passato ma con un occhio al presente, a suoni moderni e soprattutto con tecnologie che ti permettono di avere dei suoni bellissimi, di dare risalto a strumenti a coda, strumenti ad arco, fiati, strumenti originali del Baroque Ensemble, flauti, la cornamusa etc. E’ fantastico quando li registri sentire il suono così puro, così bello, riportato nell’album della tua musica per cui a livello di compositore ok ma anche a livello di ingegneria del suono, a livello del produttore son particolari che per me son davvero importanti.

– Songs come “Distant Sky” e “Realms Of Light” sono veloci e potenti mentre anthems come “Winter’s Rain” vi proiettano in universi più epico/cinematografici…come è stato abbinare le lyrics alla musica?

E’ un lavoro che ha fatto Fabio, come per “Dark Wings of Steel” e anche per “Into The Legend” ha scritto lui i testi. E’ stato duro per lui però ho notato che in un certo senso ha compreso la qualità dei brani già quando erano ancora delle demo, quando glieli ho mandati da ascoltare con le linee vocali che ho scritto io, ancora un mezzo sample con qualcosa di registrato etc. Lui ha avuto un po’ di mesi di tempo per ascoltare, familiarizzare con la musica per poter poi scrivere testi adatti alle melodie poi in studio abbiamo lavorato assieme. La cosa bella che ci tengo a dire è che non è più una saga, non è più una storyboard che devi seguire a tutti i costi. Ogni brano può avere la sua forma a livello di lirica per cui Fabio può finalmente scrivere le parole che poi dovrà cantare, per un cantante è una cosa davvero importante. I testi sono un po’ più immediati, forse un po’ più semplici ma mantengono questa poeticità un po’ italiana con questo modo poetico che ha Fabio di cantare e ho trovato questo modo poetico anche di scrivere le parole che dà molte immagini per cui hai momenti sì di energia, di forza, di metal ma anche parti in ci sono più liriche, più melodiche come in “Shining Star”, le parti della suite con la soprano.. per cui questa versatilità nella voce la troviamo anche nei testi.

– Altro grande capitolo di “Into The Legend” è rappresentato da “The Kiss Of Life”…ti va di dirci come sono avvenuti l’ideazione e l’assemblaggio di tutte le parti?

Sì, innanzitutto volevo dire che non volevo più fare una canzone lunga però avendo questo brano di base mi son quasi obbligato a creare una suite. Questo era il brano che avevo già quasi composto prima di partire con la composizione di tutti gli altri brani. E’ il brano che mi ha spinto di continuare su questa vena epica, cinematografica nel creare “Into The Legend”. E’ un brano che sicuramente che contiene tutto. C’è il Baroque Ensemble all’inizio, l’orchestra, i cori delle voci bianche, c’è il soprano con il duetto con Fabio, le chitarre classiche. A livello di strumenti c’è davvero tutto praticamente.E la cosa interessante è che, nonostante duri quasi 17 minuti, davvero vola via quando lo ascolti. Moltissime persone mi hanno detto che questi minuti passano davvero velocemente per cui è un bel complimento.


– Oltre ad essere uno dei dischi più incazzati dei Rhapsody Of Fire, “Into The Legend” è anche uno di quelli con le orchestrazioni più diversificate…come viene ‘concepito’ un brano dei Rhapsody Of Fire, dalle prime idee fino alla resa finale?

Diciamo che non c’è una vera e propria pianificazione, non sempre per cui spesso ho un brano e ad un certo punto sento che voglio aggiungere qualcosa quindi lo apro, lo modifico, faccio un copia-incolla molto spesso si fa, l’abbiamo sempre fatto praticamente. Tante volte lo faccio in fase compositiva all’inizio e altre volte lo faccio anche alla fine della produzione quando hai un’idea che è valida e va fatta. Diciamo che posso partire dalla chitarra che mi dà Roby che ha un suo riff, lo incastro all’orchestra per cui qualsiasi punto, qualsiasi idea può andare spunto e idee su come poi il brano verrà sviluppato, non c’è una vera e propria regola, almeno per me.


– Maor Appelbaum è stata la vostra scelta per il mastering…cosa ha apportato a “Into The Legend”?

Il mastering, per molte persone, è una cosa abbastanza sconosciuta. In realtà è proprio grazie a un buon mastering che un album può migliorare la sua qualità, non solo la qualità sonora a livello tecnico ma anche il fatto che gli album poi vengono ascoltati dai fans e i fans sanno quello che è bello e quello che non è. Quindi un buon mastering può davvero aiutare l’ascoltatore a sentire meglio e tutto quello che c’è da sentire per cui il lavoro fatto con Maor è stato essenziale. Abbiamo speso più dei giorni necessari in realtà, è stato di una generosità incredibile. Abbiamo lavorato per più di una settimana e quello che posso dire è che ha apportato molta più chiarezza e molta più pulizia nel mix.

– “Into The Legend” continua il percorso compositivo intrapreso da te e da tuo fratello Manuel…come ci si trova a collaborare con il proprio fratello in sede di creazione?

Sicuramente l’esperienza è davvero bella, per me è una cosa naturale perchè io e mio fratello siamo stati legatissimi per cui non c’è niente di sorprendente in ciò. La cosa bella è che lui lavora in un ambito diverso dal mio nel senso io faccio metal e lui fa attività di insegnamento nel conservatorio, fa attività da concertista e insegna per cui ha varie realtà. Abbinare le due cose insieme è fantastico per cui ho affidato a lui il compito di trovare i musicisti del Baroque Ensemble, ho composto insieme a lui varie cose. Lui ha questa vena classica molto presente, magari io tendo a essere più moderno o ad usare più chitarre per cui ci si trova e spesso si combinano elementi insieme che danno risultati davvero molto belli, inaspettati. A livello emozionale è fantastico lavorare col proprio fratello e sapere che ha collaborato anche lui in certe cose fa sentire l’album più tuo, più legato ad emozioni e al momento.

– “Dark Wings Of Steel” è stato il primo disco dei Rhapsody Of Fire senza Luca Turilli…come sono stati i responsi, anche in sede live?

Devo dire molto buoni, i fans hanno capito che avevamo bisogno di lavorare in modo separato, ognuno ha fatto al meglio quello che voleva fare in definitiva. “Dark Wings of Steel” era l’album che volevo fare, rilasciato nel momento in cui volevo rilasciarlo per cui era quello che volevo fare in quel momento praticamente. E anche in sede live, nonostante abbiamo cambiato un paio di membri, avevamo una bella forza. Ora siamo, spero, più stabili. Con questo album ho voglia di suonare varie cose dal vivo e ovviamente anche brani che i fans vogliono sentire, abbiamo in programma dei concerti davvero tosti. Se pensi alla qualità di questo album e a tutte le canzoni del passato, crea davvero una setlist interessante, corposa, piena di brani da sentire e da suonare.

– Parlando di live…state pianificando qualcosa per il 2016 in supporto a “Into The Legend”?

Esatto, ufficiali non abbiamo ancora molte date. Abbiamo la crociera, 70000 Tons of Metal, il concerto assieme ad Hammerfall e Stratovarius in Mexico City, abbiamo rilasciato da poco due date in Giappone, vediamo se riusciamo a collegare ad altre date in Asia, sarebbe fantastico. Poi per primavera inoltrata prevediamo di fare un tour europeo e dovremo, a breve, avere notizie.

– Con così tanti dischi alle spalle, dove trovate ancora la motivazione per creare nuove songs e, soprattutto, come riuscite a organizzare le live tracklist?

Beh, allora, dal punto di vista compositivo, come ti ho accennato all’inizio, per me è stato importante innanzitutto decidere e pianificare quasi a tavolino tutti gli strumenti che avrei voluto usare, che mi avrebbero dato gioia usare come l’orchestra, Baroque Ensembler, il soprano etc., tutti elementi musicali che so che rendono il suono dei Rhapsody Of Fire particolare e unico diciamo per cui è stato già quello la scintilla che fa partire la composizione poi ovviamente con un chitarrista come Roby De Micheli in grado di sfornare dei riff fantastici. Si parte in qualche modo e poi parti da qualsiasi idea come ti dicevo. In sede live, ovviamente, diventa sempre più difficile fare una scaletta che abbia tutti i brani che tu vuoi suonare e che la gente vuole sentire. Più il tempo passa, più concerti lunghi devi fare, le canzoni da suonare son davvero tante magari in futuro cerchiamo di suonare minimo due ore per poter accontentare più fans possibili.


– Tu e Luca Turilli avete creato il primo nucleo dei Rhapsody più di vent’anni fa e siete riusciti ad arrivare a farvi conoscere in pochi anni, nonostante foste italiani; a distanza di tempo e per pura curiosità, quale fu il vostro segreto?

Noi ci siamo detti semplicemente, ci siamo chiesti “che musica vorremo comprare?”. Andare in un negozio, trovare un CD, comprarlo, di una musica che ancora non esiste. Abbiamo deciso noi di fare quella musica, quella musica che avremo voluto trovare nei negozi. E’ una cosa sciocca però in realtà, considerando la giovane età, una decisione molto saggia per cui abbiamo iniziato a scrivere musica che ancora non avevamo ancora sentito e che avremo voluto sentire e comprare. Abbiamo iniziato in quel modo lì senza desiderare di diventare famosi. Volevamo solo fare della bella musica. Alla fine il primo album ha venduto molto, avevano già brani pronti per il secondo e abbiamo fatto anche il secondo. In realtà non avevamo deciso nulla, avevamo solo voglia di creare qualcosa che ancora non fosse stato fatto.

– Come fai ad equilibrare la vita normale con quella musicale?

Beh, per me è quasi impossibile. Ogni mattina ricevo mail e cose, in prima persona devi sempre lavorare sulla band. Essendo io il responsabile devo sempre essere presente 365 giorni all’anno alla fine. E’ la band che amo per cui ovviamente ci son dei momenti in cui stacchi, momenti in cui fisicamente devi fare altro altrimenti non ce la faresti se no. Però devo dire che ultimamente è una cosa che faccio molto volentieri perchè amo la band per cui mi piace dedicarmici.


– Quali sono i cinque dischi che ti hanno cambiato la vita musicalmente?

Daii, son tanti 5 dischi. Il primo sicuramente è “Transcendence” dei Crimson Glory, il primo disco che ho comprato è “The Final Countdown” degli Europe, sicuramente uno dei primi album di Yngwin Malmsteen, ce ne son troppi da dire ma sicuramente “Trilogy” o “Odyssey” son sicurament album che mi son piaciuti fin da subito poi sicuramente Ronnie James Dio e poi anche i King Diamond. Sono tantissimi gli album davvero ma queste band che ti ho nominato mi hanno aiutato davvero a capire che c’era anche altro da ascoltare.

– Ok, direi che è tutto. Grazie della tua disponibilità, Alex! C’è qualcosa che vorresti dire ai vostri fans e ai lettori di Heavyworlds.com?

Grazie a te! Speriamo di vederci presto a qualche nostro concerto in Italia.. e quindi sì, ci vediamo presto!