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FOSCH FEST 2012

DAY 1

Difficilmente troverete in Italia un festival che nel giro di poche edizioni (questa è la quarta) si sia ritagliato uno spazio sempre più ampio all’interno delle kermesse open air estive…di anno in anno le scalette dei gruppi diventano più interessanti, sia per la capacità di scegliere sempre headliner diversi, sia per l’affermarsi sul suolo italiano di realtà più professionali e non sfiguranti di fronte alle più blasonate band straniere. Quest’anno ci si diverte con ben undici band, passando dai giovanissimi Vallorch a realtà in ascesa come Furor Gallico e Draugr, dagli oscuri Negura Bunget fino alla spassosità dei Trollfest, per arrivare all’headlining rappresentato da Moonsorrow e Folkstone. La novità dell’anno è la presenza del famigerato biglietto per entrare: 15€ per due giorni di grande musica sono più che onesti, come onesti sono i prezzi della ristorazione/beveraggio all’interno del festival. L’affluenza rimane comunque buona (anche se, a occhio, lo scorso anno con i Korpiklaani la folla sembrava maggiore) e l’organizzazione è apparsa impeccabile e precisa.

HENDERWYD
Arrivo alla location che hanno già iniziato e la possibilità di ascolto mi è data durante il tragitto dal posteggio all’ingresso: poco più di due canzoni (e non davanti allo stage) sono poche per stendere un ‘verdetto’ ufficiale, ma da quello pervenuto alle mie orecchie i ragazzi piemontesi hanno sciorinato una prova decente, specie per la loro giovane età. Da risentire, comunque.

DRAUGR
Il salto di qualità rispetto agli opener è notevole: la band abbruzzese, totalmente avvinghiata con pellicce e coperti di rosso, prende possesso del palco come una vera macchina da guerra. “De Ferro Italico”, secondo e ultimo album della band, è un’avventura sonora devastante che mostra un act smaliante e che in sede live devasta chiunque gli si ponga innanzi. Black, pagan e folk si miscelano istintivamente nel loro songwriting e la presa dal vivo è inaspettata. La folla ineggia alla band che, grazie anche all’innesto di Nemesis alla voce (un vocalist più ‘screamer’), sembra permeata di un velo di malignità che, tutto sommato, non stona affatto. “De Ferro Italico”, ormai un inno, chiudo il breve ma intenso show dei Draugr, salutata con un tripudio dal pubblico.

FUROR GALLICO
Due annetti fa, furono i Furor Gallico a suonare prima dei Draugr e l’inversione di quest’anno dona una alone di cameratismo. I Furor Gallico giocano in casa e contano su un nutrito pubblico che, già dal cambio palco, ineggia alla loro performance. La band ha scelto questa kermesse per iniziare a presentare i brani del nuovo disco che arriverà nel 2013, e l’attesa diventa spasmodica. ”God Technology” apre le danze, portando all’attenzione di tutti una band maturata tantissimo, sia a livello professionale che di unità! Pagan non si ferma un minuto, alternando i vari moduli di cantato che il songwriting della band permette, mentre le più relegate Laura (violino) e Becky (arpa) danno un che di suggestivo allo show. “The Song Of The Earth” e “Nebbia Della Mia Terra” continuano a mostrarci una band che ha saputo evolversi dal primo lavoro, anche se le successive “Curmisagios”, “Squass” (con tanto di folletto a duettare con Pagan) e la devastante “La Caccia Morta” denotano come la band abbia già delle hit in canna. “Nemain’s Breath” da un ulteriore assaggio del nuovo lavoro mentre la conclusiva “Banshee” scatena il tripudio. Un fiore all’occhiello del metal italiano. I fans chiedono il bis e la scelta ricade su “Venti Di Imbolic”, altro classico dei Furor Gallico che mette a ferro e fuoco palco e audience.

SETLIST FUROR GALLICO
1. God Technology
2. The Song of the Earth
3. Nebbia della mia Terra
4. Curmisagios
5. Squass
6. La Caccia Morta
7. Nemain’s Breath
8. Banshee
—Encore—
9. Venti di Imbolc

ARKONA
Il primo gruppo serale, dopo la pausa per la cena, rappresenta una grande novità per il Fosch Fest; forti di due dischi come “Goi, Rode, Goi!!” e “Slovo” (e di una discografia già mastodontica), gli Arkona si stanno ritagliando un ruolo sempre più primario all’interno del panorama fok/metal! Sarà per la capacità di far apparire accessibile un linguaggio come il russo, sarà per la volontà di attingere a un recipiente folkloristico (quello est europeo) ancora non ben conosciuto, ma la proposta della band è inaspettatamente avvincente. Masha e soci salgono sul palco ignari di dar vita a quello che sarà lo show più intenso e impeccabile dell’intero festival. Nessuna sbavatura ne errore nella performance del quintetto, che si avvale di un buon numero di basi (oltre che di strumenti etnici) per far rendere al massimo lo show. Masha è una belva disumana, sia in termini vocali (dove passa dal pulito sognante allo scream senza la minima esitazione), sia in termini fisici, visti il movimento continuo, l’abbigliamento pesante e il continuo percuotere tamburi. Canzoni come “Goi, Rode, Goi!!” e “Слово” devastano chiunque sotto il palco, mentre in altri momenti si possono assaporare le nenie degli Urali, come con “Туман Яром”. Lo show è tiratissimo e la singer, nonostante il suo oggettivamente scarso inglese, riesce a portare il pubblico dalla sua parte. Un’ora precisa serve a constatare che alle band italiane manca ancora qualcosa, non tanto a livello di idee, ma nel far rendere al 100% la propria musica (sarà che gli stranieri ci credono di più?) e gli Arkona consegnano una performance da ricordare…

MOONSORROW
Dopo il passaggio nelle zone dell’est, tocca ora avventurarci nel freddo polare della Finlandia. Credo che i Moonsorrow siano una di quelle band capaci di far rendere sullo stage il concetto di ‘ambientazione’ senza avere mega effetti scenici; la band, dopo anni di underground, è fresca di un nuovo contratto con Century Media e si gode (in senso lato) il successo che da un paio d’anni li ha abbracciati. Si spengono le luci, e oramai è notte, e dopo una breve intro il quintetto ci saluta con “Ukkosenjumalan Poika”, brano dal sicuro impatto iniziale data la cadenza brutale con cui viene eseguito. Le durate delle songs, che sappiamo essere notevoli, scatenano una scazzottata di idee su quali brani verranno inseriti in scaletta e quali no. ”Huuto” prosegue travolgendo l’audience con un’oscurità crescente, dati i suoi quindici minuti abbondanti. La band è compatta e completamente assorta nella propria musica, dove soltanto il frontman Ville si estranea essendo visibilmente ubriaco (a fine concerto sarà protagonista di un siparietto poco professionale), ma riuscendo comunque a ricordarsi le infinite trame delle songs. Il pubblico canta ma al tempo stesso rimane ammutolito di fronte all’universo sonoro scaturito dalle performance del quintetto finnico, mentre “Taistelu Pohjolasta” e “Kivenkantaja” passano nelle nostre orecchie portandoci già a metà dello show. Sembra che tutto sia stato detto ma è con la successiva “Kylän Päässä” che la band raggiunge la perfezione esecutiva (anche di suono esterno, purchè per tutta la giornata il lavoro del service sia stato decisamente buono) per poi approdare ai diciassette minuti dell’inno “Jotunheim”, vero highlight della serata; chiude lo show “Sankaritarina”, travolgendo ennesimamente l’audience che dopo una giornata così intensa inizia a schiumare…c’è tempo per un bis, “Kuolleiden Maa”, ma la resa di Ville deteriora notevolmente la performance, anche se alla fine il pubblico dedica ai Moonsorrow un’autentica ovazione.

SETLIST MOONSORROW
1. Ukkosenjumalan poika
2. Huuto
3. Taistelu Pohjolasta
4. Kivenkantaja
5. Kylän päässä
6. Jotunheim
7. Sankaritarina
8. Kuolleiden Maa

Finisce qui il primo giorno. Gli ‘accampati’ si trattengono ancora per qualche birretta, in attesa della veglia per il giorno successivo. Al sottoscritto spettano 2 orette di autostrada con orecchie e cervello ancora estasiati dai cinque show.

DAY 2

Il secondo giorno si apre con l’incazzatura per il traffico che permea nelle tangenziali meneghine; che non mi permetterà di godermi i Vallorch, dei quali mi sono giunte voci discordanti sulla loro performance (ma a giudicare dall’affluenza al loro merchandise devono aver fatto il botto) e che mi fa entrare nella location quando i Vinterblot stanno già iniziando.

VINTERBLOT
La partenza della band fa ben sperare, con un ricco death metal che mette in luce le performance del drummer Wolf, un’autentica macchina da guerra…benchè la band ce la metta tutta, la musica dei Vinterblot rimane piuttosto ripetitiva e prolissa, riuscendo solo in un paio di casi ad aizzare il pubblico a dovere (anche se di applausi ne hanno avuti)…da sottilineare, in chiusura, quella “Sons Of Northern Darkness” di ‘Immortaliana’ memoria che ha visto partecipare Pagan dei Furor Gallico come guest vocalist.

KIVIMETSAN DRUIDI

Attendo di vedere questa band da diverso tempo, specie dopo aver letto di loro pareri sempre più positivi…da disco non mi hanno mai attirato ma il contesto live può cambiare tutto. Tecnicamente ineccepibili (ennesima conferma di quel ‘qualcosa’ che manca alle band italiane) e con una presenza scenica (e visiva) notevole, la band di Leeni-Maria e Joni ci guida in un sound dal sapore thrashy, condito con ottime orchestrazioni e una bilanciata combinazione tra growl e cantato lirico…tuttavia, nonostante il pubblico li osanni con trepidazione, al sottoscritto lasciano l’amaro in bocca, dimostrando di non scostarsi eccessivamente dalle band più blasonate del genere…ma l’audience da ragione ai Kivimetsan Druidi e, appena scesi dal palco, un’orda di persone si precipita al loro stand per autografi e foto di rito.

NEGURA BUNGET
Tocca ai transilvani Negura Bunget chiudere le kermesse pomeridiane in attesa dei due big attesi in serata. Il genere della band rumena è un misto sapiente di doom e gothic metal dalle tinte oscure, infarcito dall’utilizzo di strumenti folk come la toaca (una specie di lastra di legno percossa con i martelli, molto suggestiva) e il flauto di Pan. La band riesce a catalizzare il pubblico che pian piano smette di urlare e applaudire per godersi un sestetto che, grazie ai suoni azzeccati e all’uso sapiente delle dinamiche, ci catapulta in un universo nero. La sola tastierista Inia Dinia sarebbe bastata per infondere timore, grazie ad uno sguardo gelido e allo stato di trance in cui la musica la catapultava. Le azzeccatissime ‘intrusioni’ ambient nello show hanno permesso di catalizzare chiunque presente nella location, portando a considerare i Negura Bunget come la band più stragavante di questa edizione del Fosch Fest…circa tre quarti d’ora volano velocemente e la band esce dal palco in sordina, salutando timidamente un audience che si è risvegliato dopo un (inaspettato) incubo.

TROLLFEST
Se i Negura Bunget avevano fatto ‘fiatare’ i metallari presenti, con i Trollfest tutto cambia…ore 20:32, ecco comparire on stage Trollmannen vestito da bottiglia XXX che prende una birra e brinda con i presenti: è il segnale…”Die Verdamte Hungersnot”, “Karve” e “Brakabein” aprono lo show risvegliando anche gli alberi e i fili d’erba; il mix di metal estremo e musica balcanica unito alle magie di sax e fisarmonica attirano un’orda di persone sotto il palco, il cui unico scopo è divertirsi e far casino con i Trollfest. ”Illsint” ci presenta il nuovissimo album, “Brumlebassen”, mentre più si prosegue più ci si accorge che i norvegesi hanno un tiro davvero inimitabile. Le numerose tournèè affrontate dimostrano quanto questa band sia unita sotto ogni punto di vista, non lesinando nemmeno una goccia di sudore e puntando tutto sul divertimento e la resa sonora…verso fine scaletta appaiono le vere hit come “Trinkentroll” e “Der Jegermaister”, mentre prima della conclusiva “Helvetes Hunden Garm” (che rappresenta l’apice di uno show tutto in crescendo) ci regalano la nuovissima “Rundt Bålet”, destinata a diventare l’ennesima hit del combo scandinavo. Show perfetto, che vince la palma del più divertente e micidiale, da parte di una band difficile da comprendere su disco ma che dal vivo ha molto da insegnare…
SETLIST TROLLFEST:

1.Intro
2.Die Verdamte Hungersnot
3.Karve
4.Brakabein
5.Den Apne Sjo
6.Illsint
7.Gjetord
8.Legerdarisk Ol
9.Essenfest
10. Der Jegermeister
11.Trinkentroll
Du Kom For Seint
12.Rundt Bålet
13.Helvetes Hunden Garm

FOLKSTONE
Giungiamo così all’ultima band, i veri headliner (e finalmente aggiungerei) del Fosch Fest: i Folkstone. La band di Lore, con la pubblicazione del nuovissimo “Il Confine”, ha lasciato lo status di cult band in favore di una professionalità e di un sound che non disdegna al confronto degli act esteri. Per dirla tutta, ai Folkstone non manca proprio nulla…e forse quella nota di genuinità che da sempre li contraddistingue spinge sempre un’orda di persone a seguirli, concerto per concerto, perché lo show è assicurato. E nonostante gli acciacchi fisici provocati dal recente incidente (Lore ha cantato con la gamba ingessata), la band non ha perso una nota di smalto ne di colore. ”Il Confine” apre lo show, seguita da “Grigie Maree” e “Non Sarò Mai” cantate da chiunque fosse presente; Lore sa essere un ottimo intrattenitore, rivolgendosi contro la classe politica e contro chi si fa manipolare, risultando un ottimo collante in una scaletta così ben farcita; gli highlights sono rappresentati da “Alza Il Corno”, la micidiale “Anime Dannate” e “Frerì”, intervallate dalla acustica “Anomalus” e dalla versione inedita del classico dei Nomadi “C’è Un Re”…la versione di “Whiskey In The Jar” dei Thin Lizzy lascia spazio al trittico “Luna”, “Omnia Fert Aetas” e “Simone Pianetti”, ovvero i momenti migliori del nuovo album, mentre in chiusura arrivano “In Taberna” e la ovvia “Rocce Nere” (con tanto di organizzatori sullo stage a cantare con la band). C’è tempo ancora per qualche brivido e la band si congeda con “Ombre Di Silenzio”, la sempreverde “Con Passo Pesante” e “Longobardia”, canzone azzeccatissima in questo contesto. La band esce tra il tripudio generale conscia di essersi meritato ogni singolo applauso.

SETLIST FOLKSTONE
1. Il Confine
2. Grige Maree
3. Non Sarò Mai
4. Alza il Corno
5. Lo Stendardo
6. Anime Dannate
7. Terra Santa
8. C’è un Re
9. Anomalus
10. Nebbie
11. FolkStone
12. Frerì
13. Frammenti
14. Un’Altra Volta Ancora
15. Whiskey in the Jar16. Luna
17. Omnia Fert Aetas
18. Simone Pianetti
19. Nell’alto Cadrò
20. In Taberna
21. Rocce Nere
–Encore–
22. Ombre di Silenzio
23. Con Passo Pesante
24. Longobardia

Giungiamo così alla fine di questo Fosch Fest 2012…il giudizio dell’intero festival è più che positivo e, vista l’affluenza nonostante il biglietto, si spera che nei prossimi anni possa continuare a farci trascorrere l’ultimo weekend di luglio divertendoci e assaporando grande musica…
Ci vediamo nel 2013 (Maya permettendo)!