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VALIENT THORR – GORDO – THE CLAMPS

A chi è capitato di incontrarli sulla propria strada, senza sapere chi fossero, da dove provenissero, di che si occupassero con gli strumenti in mano, difficilmente è successo di restarne indifferenti. I Valient Thorr non sono una band complicata, elaborata, ricercata, ma hanno trovato il loro piccolo filone d’oro, la formula chimica perfetta per affrancarsi dalla semplice rimodulazione di rock’n’roll, heavy metal, punk, hard rock stradaiolo, southern, per diventare una new sensation assoluta nel panorama rock mondiale. Fortunatamente le potenzialità deflagranti dei cinque barbuti e disordinati rockers americani sono percepite da appassionati del sottobosco musicale e non dai semplicistici ascoltatori di futilità commerciali, e non c’è bisogno di svenarsi per godere di una scorribanda live dei Nostri. Luogo ideale per tumulti in note in quel di Milano non potrebbe essere altro che il Lo-Fi, che in una ancor non fredda serata di un sabato novembrino offre ospitalità ai soliti prezzi popolari agli autori di “Our Own Masters”, scortati da due supporters italici che si riveleranno essere decisamente validi.

THE CLAMPS

 Si affidano alla formula del power-trio i bergamaschi The Clamps, e come è lecito attendersi da un terzetto che non siano i Rush la proposta è di quelle che badano al sodo, ti inondano di furore agonistico e distorsione e non ti lasciano respirare finché chitarra, basso, batteria e voce non tacciono. In palla dal via, i ragazzi bazzicano con un rock’n’roll selvaggio metallizzato, intorbidito da qualche rovente riffone stoner frullato in un canovaccio sicuramente non eclettico, ma tremendamente efficace. Le canzoni hanno freschezza e frenesia a sufficienza per non annoiare e immettere adrenalina in un’audience che va scaldata a puntino in vista degli headliner. La presenza scenica è essenziale, non abbiamo di fronte degli animali da palcoscenico, basta e avanza quello che hanno da dire sul piano musicale. Il sound a grana grossa, infuocato e diretto dei The Clamps non scontenta nessuno e gli applausi sentiti durante l’esibizione e al termine non sono di semplice cortesia.

GORDO

 I The Clamps erano inquadrabili, più o meno settati, a grandi linee, sulle coordinate dei Valient Thorr e quindi facilmente commestibili per i loro fans. Benissimo, adesso invece si fa una piroetta, meglio due, su se stessi, si bevono un paio di cocktail di quelli che tirano calci nello stomaco e sconvolgono le budella, si danno due testate al muro, et voilà, ecco che si sarà sulla stessa lunghezza d’onda dei Gordo. Questi qui di normale hanno poco, e se in condizioni sane ci si capisce quasi nulla, allora è meglio sconvolgersi un po’ per migliorare la comprensione del loro operato. Messi a suonare all’ingresso della sala concerti del Lo-Fi per abbreviare il soundcheck degli ultimi a suonare, i Gordo ci intrappolano in una tela appiccicosa tra hard jammato e sperimentazione tout-court, mettendo assieme un puzzle di note, umori, stimoli alla psiche di difficile ma appassionante lettura. I componenti del gruppo entrano in scena poco alla volta, in quella che sarà una gigantesca rappresentazione sonora dal percorso accidentato e multiforme, con alcune ramificazioni verso omaggi musicali ben riconoscibili. I primi ad esporsi sono bassista e batterista, che duellano a colpi di stramberie e circonlocuzioni attorno a un rock scomposto e indefinibile, finendo per risultare interessanti nonostante la difficile lettura del materiale. Dopo tanto vagare nell’astratto, compare anche un cantante/tastierista, che con voce inacidita ed alterata dagli effetti si lancia in una azzeccata rilettura di “Mr. Crowley” di chi ben sapete voi. Fino a quel momento fuori scena, ecco che arriva il responsabile della sei corde modello tagliere adocchiata prima dello show, probabilmente assemblata dal chitarrista stesso. Il carattere sghembo e assurdo dell’insieme aumenta, e spunta un altro tizio che si incolla a un altro microfono suonandoci dentro un’armonica, doverosamente inacidita e modificata in qualche maniera. Dal bailamme sin qui generato, con il tastierista e il chitarrista che vanno e vengono, appare un’altra cover smembrata e ricostruita alla Frankenstein, ovverosia “Wrathchild”, anche questa splendida nell’originalità della rilettura. Come tutto è insensatamente iniziato, così finisce. Curiosi.

VALIENT THORR

 Come accade coi pugili prima di un grande incontro, abbiamo seguito Valient Himself passo passo nel suo approdo al concerto. Lo abbiamo beccato in zona bar davanti al suo laptop, mentre davanti ad esso un po’ lo guardava con viso perplesso e un po’ rifiniva alcuni curiosi ritratti che avremmo poi trovato tra il merchandising in vendita. Quindi, una volta beccato per una foto assieme annoverabile tra i grandi capolavori di arte moderna surrealista di questo primo scorcio di secolo, eccolo sottoposto a parziale trasformazione in un bovaro pronto a giocare al rodeo, con il dettaglio vistoso di stivaletti rosso fuoco dove infilare il jeans stretto stretto. Infine, l’arrivo sul contenuto palcoscenico con mantello verde e V rossa da supereroe. Salutato il pubblico per tre volte con questa teatrale entrata, il singer e la sua band partono a spron battuto. E qui si dismaga l’intelletto, avrebbe detto Amleto. I Valient Thorr hanno trasferito l’essere buontemponi e la spensieratezza del loro modo di stare al mondo nella musica, compiendo una compenetrazione di generi frizzante, bizzarramente imprevedibile senza allontanarsi troppo dai sentieri del rock decantato nella sua forma più genuina. Il live amplifica a dismisura la voglia del gruppo, la frenesia dalle dita veloci e la goliardia intelligente di cinque ragazzi che meriterebbero molto di più che un pubblico di nicchia come quello che li ammira stasera. Non ci si capacita che ci sia gentaglia come gli Airbourne a imperversare sui mainstage di mezzo mondo quando i panni dell’icona rock del terzo millennio potrebbero vestirli i nostri eroi del North Carolina, molto più distintivi nel suono e con una classe e un tiro che tanti nomi di grido se le sognano.

I balletti sul posto, praticamente una corsa epilettica su se stesso, di Valient Himself sono un suo tratto peculiare, i duelli alla Thin Lizzy screziati di punk e southern rock, accelerati all’impazzata verso il metal quando meno te l’aspetti, sono la corposa cifra stilistica di Eidan Thorr e Voiden Thorr. Valient sputacchia nel microfono con quella sua grandiosa forza espressiva che non è accomunabile a nessun altro, lì a un centimetro dal tuo naso, sudatissimo e mai fermo, teatrale come un caratterista della commedia dell’arte, vispo e divertito meglio di un comico di professione. Il dialogo col pubblico è spesso esilarante, Valient ama intrattenere chi ha davanti con gustosi siparietti, il migliore dei quali è quello in cui fa sedere tutti i presenti, si siede in mezzo a noi e inizia a mimare una vogata da canottiere. Band e audience sono accomunati da un fuoco interiore modello Ballo di San Vito, oltre al leader il più scatenato è il barbuto bassista, frequentemente sulle spie a dimenare il basso. La scaletta tocca principalmente le ultime uscite, da “Stranger” a “Our Own Masters”, con quest’ultimo a far la parte da leone. “Tomorrow Police”, “Immaculate Consumption”, “Manipulation”, “Torn Apart” sono alcune delle “carezze” affibiateci dai Valient Thorr, che per un’ora e rotti hanno destato dal torpore la triste periferia deindustrializzata in cui si trova il Lo-Fi. Ci godiamo un’altra bella scenetta di Valient, che sul bis esce per primo per farci chiamare con le dovute maniere i suoi compari, i fuochi di artificio di “One Tuff Customer” ci fanno provare gli ultimi brividi e alla fine Valient ne combina un’altra delle sue, e ci fa accomodare tutti quanti sul palco per una foto ricordo della serata. A torso nudo, coi pochi capelli incollati alla testa, questo buffo ma già leggendario personaggio stringe le mani di chiunque gli capiti davanti con un atteggiamento che ti fa capire tutta la sua contentezza e soddisfazione nel vedere qualcuno che si congratula con lui. Valient Thorr, uno dei migliori antidoti al cattivo umore che possiate scovare in circolazione.