Album di debutto per i Bleeding Gods, gruppo formatosi nel 2012 in Olanda. La formazione è composta da musicisti già conosciuti all’interno della scena vale a dire: Edwin Van Den Eeden alla batteria, Erwin Harreman e Ramon Ploeg alle chitarre, Gea Mulder al basso e infine Mark Huisman alla voce. Dopo aver pubblicato una demo nel 2013 “Blood Symphony” in maniera indipendente i nostri si accasano presso la nostrana Punishment 18.
La combo ci propina un efficace death-thrash metal molto diretto e non eccessivamente tecnico accostabile, mi viene da dire, a quello dei Vader. In tutti i pezzi si alternano parti veloci e thrasheggianti a rallentamenti dettati da riff monolitici e una vorticosa doppia cassa. La voce dei Mark è poi solida e aggressiva ma sempre intellegibile. La produzione è ottima senza essere però patinata, si riescono a distinguere perfettamente gli strumenti nel mix ma senza che i suoni di quest’ultimi risultino “artificiali”.
L’ascolto del disco risulta piacevole, tutti i pezzi ( su tutti la title-track) hanno un forte impatto e l’ascoltatore non faticherà ad apprezzarli. Unico neo del tutto è che nel disco non troviamo un vero e proprio pezzo di riferimento. Abbiamo pezzi buoni, soddisfacenti ma ci vorrebbe, perché il disco possa essere definito ottimo, un pezzo definitivo, quello che in ogni live deve essere presente perché identifica il gruppo stesso.
È quindi opportuno fare i complimenti ai Bleeding Gods che, forti anche dei numerosi anni di esperienza alle spalle, danno alla luce un disco ben suonato e apprezzabile, contenente pezzi che in sede live non mancheranno di fare numerose vittime. Aspettiamo però di vedere se nel prossimo disco la band prenderà il volo, imbrigliando la propria esperienza e le proprie influenze al fine di creare pezzi maggiormente identificativi in modo da emergere definitivamente.
