Ritorno gnoseologico per la band norvegese, dopo la controversa triade “Armada” (2006), “Kolossus” (2008) e “Reptilian” (2010), che tanto ha diviso i fans del gruppo.
Dopo l’abdicazione di Thebon, tutti si aspettavano un nuovo elemento nell’organico della band, i più auspicando una nuova iniezione di black metal; è invece il leader del gruppo, Obsidian Claw, che prende sulle spalle il peso di tutte le parti vocali, oltre al notevole onere di chitarra e tastiere.
Con “Epistemology” i Keep ok Kalessin riallacciano il discorso con tutta la produzione precedente, ma si allargano verso nuovi lidi, con un cantato più pulito e una dimensione corale molto più melodica rispetto al passato.
Ci vuole un solo minuto di viaggio interstellare con “Cosmic Revelation” per entrare nel vivo dell’album: molto ispirata la melodia di “The Spiritual Relief“, pezzo in cui si ritrova la dimensione epica tanto cara ai KOK delle origini. Atmosfera che si respira anche nella successiva “Dark Divinity”, con pennellate più cupe e un apprezzabile andamento melodic death.
“The Grand Design“, diretta e maligna, sembra rivelarsi più profondamente black rispetto alla parte iniziale dell’album. Ottimo pieno d’energia con l’attacco di “Necropolis”, intensa e trascinante, portatrice sana di sogni di grandezza.
La veloce incursione della violenza di “Universal Core”, sfocia nella malinconia di “Introspection”, che ancora una volta rallenta il ritmo e mantiene l’album nel terreno del death metal con punte di progressive metal.
L’atmosfera iniziale si ritrova nella conclusiva title-track, dove si alternano pure esplosioni di energia, ritmo forsennato ed intermezzi dal maestoso incedere.
L’album ha sicuramente una buona dose di originalità ed eleganza, i norvegesi sembrano essere cresciuti molto, dimostrando una buona dose di coraggio: è un lavoro che in parte si distacca dal solco del passato, ma non è così immediato e sfrontato da poter assicurare un fronte di nuovi estimatori. Ci vorrebbe forse, a questo punto della carriera, ancora un passo in più, decidere se voler abbandonare definitivamente la strada del black per sperimentare in orizzonti più ampi.
