“Codex Constellatia” è il superamento delle Colonne d’Ercole, è il trapasso del velo di Maya e lo sconfinamento nell’astrattismo, alla continua ricerca dell’Essere in una tetro e oscuro abisso spaziale e stellare.
Questa è l’idea alla base del secondo album pubblicato dal trio americano, sicuramente superiore alla prima non troppo eclatante uscita; i Chasma hanno voluto alzare la posta in palio, con un full length complesso ma in grado di sorprendere e far estraniare l’ascoltatore da ciò che lo circonda.
L’album è un continuo contrasto e equilibrio instabile fra passaggi e arpeggi riflessivi, cupi e esistenziali e riff di chitarra Black metal di stampo norvegese; martellanti e ampliamente distorti ma portatori delle diverse influenze musicali che il gruppo ha assimilato
Infatti questo è solo il principio; il vero arricchimento è dato da tutte le diverse e innumerevoli influenze: le sonorità sludge in “Wormwood Horizon” riproposte sia nella parte introduttiv, sia nelle parti puramente Black Metal; i passaggi shoegaze in buona parte delle tracce (sempre “Wormwood Horizon” e “The Burning Shapeless”), i synth in “Forbidden Symmetry” e “Reflections Of A Bleeding Heaven” e passaggi che fanno l’occhiolino ai Mogway e al post rock in generale, il tutto riletto in chiave ambient.
Un prodotto molto elaborato che si riesce ad apprezzare dopo diversi ascolti; sicuramente, un punto debole dell’album è il fatto che difficilmente ogni singola canzone si può decontestualizzare dal concept di base;inoltre la durata delle tracce inoltre non aiuta in tutto questo e certi passaggi ridondanti e ripetitivi rischiano di far perdere l’interesse nell’ascolto (soprattutto se non si è abituati a “masticare” il genere).
Questo però non inficia sul risultato finale, sebbene Codex Constellatia sia un album di difficile assimilazione, è un perfetto mix di Black e Ambient, dove il primo non puo’ prescindere dal secondo e viceversa.
Non vi resta che sedervi, ascoltare e partire con solo voi stessi per questo viaggio misterioso.
