Quattro anni fa ci avevano lasciati con il controverso “Ylem“; ora i Dark Fortress ritornano con un nuovo, e sicuramente temerario, capitolo discografico, dal titolo “Venereal Dawn“.
Certamente, dai lavori precedenti dei nostri, si poteva cominciare a intuire dove la loro creatività stava andando a parare: nei 68 minuti di durata di questo disco il gruppo tedesco trasporta l’ascoltatore in un mondo cupo e in estinzione, a cominciare dalla lunga e complessa titletrack, densa di atmosfere sinistre e cori velatamente epici, senza disdegnare interessanti partiture di chitarre.
In certi frangenti il quintetto gioca a miscelare nel proprio sound elementi progressive, quasi a voler strizzare l’occhio a certi Opeth, come su “Lloigor“, e tendenzialmente i Dark Fortress si trovano a proprio agio tra mid tempos e parti decisamente groovy: sporadiche sono infatti le accelerazioni, tra cui vale la pena di citare “I Am the Jigsaw of a Mad God“, maligna, epica e impreziosita da un lavoro superbo della sezione ritmica, dinamica e precisa come ci ha abituati da tempo la compagine teutonica.
A questo proposito, bisogna rilevare come, a un progressivo raffinamento della propria proposta musicale, sicuramente sempre cresciuta a livello di varietà, originalità e in termini di ampiezza di richiami e influenze, sia però inevitabilmente venuta meno la componente più naif e rozzamente aggressiva degli esordi: la furia black metal è ormai addomesticata, tenuta al guinzaglio da una produzione patinata e da una padronanza tecnica sicuramente superlativa, caratteristiche che però alla lunga potrebbero far sembrare ad alcuni questo pur egregio “Venereal Dawn” tendenzialmente cervellotico e poco spontaneo.
In definitiva, un gradito ritorno, e un disco sicuramente molto riuscito, ma che non accontenterà tutti i fans. Se sia un capolavoro black metal di terzo millennio o semplicemente puro manierismo, sta ora all’ascoltatore decidere.