Musicisti e fans dei generi definiti ‘di nicchia’ devono possedere una devozione non comune…certe realtà underground possono essere difficili da capire e da assimilare per via delle scelte stilistiche, di conseguenza chi vi si approccia deve saper ‘guardare oltre’, nel profondo.
Chi ama i Demonic Death Judge conosce orgogliosamente a cosa va in contro, approcciandosi a ogni nuova release….”Seaweed” è il terzo capitolo del quartetto finnico ed anche quello più marcio, ispirato ed incazzato. Jaako Heinonen e soci non lasciano nulla al caso e nelle otto tracce vanno a ripescare tutta l’inquietudine che vive alla base del doom rock infarcendolo sapientemente di groove stoner ed effetti che saltellano tra sludge e post alternative. Il risultato è un album che gronda tensione dall’inizio alla fine.
I suoni sono gonfi e compressi oltre ogni previsione, particolare reso ancora più evidente da un mixing fine e da un mastering seguito con cura maniacale. Le idee sono mastodontiche e vincenti, sorrette da performance professionali e da una coesione ritmica naturale e corrosiva.
“Taxbear” e “Heavy Chase” si presentano canoniche e lineari, anche se non in senso negativo; la voce di Jaakko entra nel cervello possente e infettiva, basandosi su una resa rocka che si sposa meravigliosamente con le strutture. E se “Pure Cold” e “Saturnday” vi faranno scapocciare per l’incredibile riffing su cui si forgiano, nel tridente centrale troverete il meglio della creatività della band: la lugubre titletrack con le sue variegature fangose, l’accattivante strumentale “Cavity” e “Backwoods” che si esprime attraverso venature southern malsane. Chiude “Peninkulma”, altro piece lento e macinante che pone l’accento sulla ripetizione perpetua dei licks.
“Seaweed” è un album per devoti del genere e per ascoltatori dalla corazza dura…i passi avanti compiuti dai Demonic Death Judge sono più che convincenti e, sinceramente, il rischio di perdervi nella loro musica è davvero alto.