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ELUVEITIE – Helvetios

Recensire un album come “Helvetios” non è certo un compito semplice.

L’ultima fatica della band svizzera si presenta, infatti, come un lavoro estremamente complesso e variegato dove storia, emozione e tradizione sembrano fondersi in un unico respiro per fissare le basi di un album che segnerà in maniera irrimediabile la storia della band, confermandola come formazione matura e affermata.

Capire e spiegare Helvetios, prescindendo dal suo background storico-culturale, sarebbe assolutamente impossibile, dato che tanto la musica quanto i testi ripercorrono gli avvenimenti delle Guerre Galliche passo dopo passo e se ne fanno manifesto.  Dalla prima canzone sino all’ultima l’ascoltatore viene invitato a entrare nei panni delle popolazioni che vissero le tremende devastazioni di queste guerre e a rivedere, come in un film, i singoli sanguinosi episodi che ne segnarono la storia. Spettatore e testimone, l’ascoltatore non può permettersi un ruolo passivo né può evitare di calarsi nella storia come giudice e come vittima,  condividendo con le popolazioni galliche le speranze, le delusioni, le sofferenze.
Come tutte le storie che si rispettino, l’album si apre con un prologo dove la calda e profonda voce narrante dell’attore scozzese Alexander Morton (Valhalla Rising, ndr) introduce e anticipa quello che sarà il contenuto delle canzoni successive. E’ incredibilmente facile chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dal caratteristico accento scozzese dell’attore e dalle sue evocative parole. Ci troviamo di fronte a un  superstite, un uomo che ha vissuto la devastazione delle guerre e che ne porta il ricordo dentro di sé. Non importa quanti anni siano passati ( potrebbe essere una quarantina di anni dopo la conquista della Gallia come anche ora, il valore del ricordo è universale), i ricordi affiorano chiari nella  sua mente e le canzoni della sua gente risuonano ancora nelle sue orecchie. E’ pronto a raccontare tutto dal principio.

La prima canzone (titletrack dell’album, ndr), ci mette subito di fronte ai protagonisti della narrazione: gli Elvezi. Introdotta dalla ghironda cui subentrano quasi immediatamente le chitarre, Helvetios è una canzone veloce e carica, che riflette alla perfezione l’orgoglio della popolazione di cui parla. La guerra è ancora lontana e gli Elvezi ci vengono presentati a partire da quelle che sono le loro credenze e tradizioni. Non mancano alcune parti corali e diverse voci che si sommano a quella del frontman (Chrigel Glanzmann, ndr), come a enfatizzare la natura comunitaria cui il pezzo rimanda.

E si passa a “Luxtos“, pezzo incredibilmente orecchiabile e decisamente folk che si rifà ad alcune celeberrime danze bretoni e melodie della tradizione. Questo pezzo farà impazzire i fan degli Eluveitie di spirit per la sua atmosfera alla “Uis Elveti“. Ancora una volta, il testo è cantato nella bella lingua gallica.
Con “Home” si entra nel vivo della storia: dopo le suggestioni folk di Luxtos, ci troviamo dinanzi a un pezzo molto più diretto dalle sonorità decisamente pesanti, non prive, tuttavia, di una vena malinconica. I rapporti con le popolazioni confinanti sono tesi e gli Elvezi si rendono conto, se vogliono evitare la guerra,  di non poter continuare a vivere nelle terre che hanno sempre abitato.

Unica soluzione per evitare la guerra rimane quella di migrare verso altre terre e abbandonare la propria casa. “Santonian Shores” è un pezzo colmo di speranza e aspettative che si traducono musicalmente in una canzone decisamente vincente, dove la ghironda e  gli altri strumenti folk hanno un ruolo preminente.
Ed è il momento della partenza: un’unica voce maschile intona un canto incredibilmente malinconico in lingua gallica che accompagna gli ultimi preparativi prima della partenza, è il momento di dire addio a quella che è sempre stata la propria casa e partire verso l’ignoto. “Scorched Earth” è una canzone incredibilmente semplice e triste, che ci rende empatici e partecipi delle sensazioni di tutte quelle persone pronte a lasciare per sempre la propria patria. 

Ma il tempo per la malinconia è poco: con l’entrata in scena della cupidigia romana, le speranze degli Elvezi si rivelano mal riposte e la precedente malinconia non può far altro che cedere il passo alla rabbia. “Meet the enemy” è uno dei pezzi più violenti e disillusi dell’intera discografia della band. I ritmi serrati e il testo decisamente retorico fanno di questo pezzo uno dei punti di forza dell’album e un’ottima canzone da suonare live. (Per approfondire il background storico della canzone che qui sarebbe davvero troppo lungo da spiegare, vi rimando alla spiegazione ufficiale rilasciata dalla band, ndr). E disillusione è la parola chiave anche per “Neverland“, canzone in pieno stile Eluveitie, con un bel coro e una massiccia presenza degli strumenti tradizionali.

Lasciandoci alle spalle Neverland, si giunge a uno dei pezzi più controversi dell’album. “A rose for Epona” è una canzone che si ama o si odia. Decisamente vicina a sonorità pop e caratterizzata dal cantato pulito della bella Anna Murphy, farà storcere il naso a molti dei fan più tradizionalisti del combo svizzero ma riuscirà ad emozionare coloro che ci si avvicineranno senza pregiudizi, pronti a coglierne la profonda drammaticità del testo e della storia.
Il brano successivo, “Havoc“, è uno dei pezzi più significativi dell’album. Degna di nota è l’ottima prestazione di Meri Tadic, perfetta in quella che è probabilmente la parte di violino più veloce dell’intera discografia degli Eluveitie. La guerra si è irrimediabilmente estesa a tutta la Gallia e la devastazione portata dai romani si è abbattuta sulle popolazioni celtiche senza possibilità di rimedio. Siamo faccia a faccia con un brano rabbioso ed energico che non lascia spazio alla rassegnazione e all’accettazione.

Seguono “The Uprising“, un’altra bella canzone in pieno stile “Spirit” che vede l’entrata in scena di Vergingetorige e Hope, brano acustico e semplice nella sua drammaticità che sembra anticipare il tragico epilogo verso cui ci stiamo muovendo.
E finalmente arriviamo a “The Siege“, canzone amara e dritta al punto che vede la nostra Anna Murphy come mai l’avevamo sentita, alle prese con uno scream rabbioso e violento. Dedicata alla battaglia di Avarico, è probabilmente una della canzoni più brutali che la band abbia mai scritto.
Ma queste ultime battaglie altro non si rivelano che spietati massacri. Soverchiati nel numero e deboli, i Galli vedono la fine di ogni speranza con l’assedio della città fortificata di “Alesia“. Il pezzo dedicato all’irrimediabile sconfitta ci porta ancora una volta faccia a faccia con il cantato pulito di Anna che, questa volta, ci lascia freddini: le linee vocali scontate e l’estrema semplicità del brano fanno di questa canzone il vero punto debole dell’album. ‘Alesia’ potrebbe essere la sorella gemella di ‘A rose for Epona’, caratterizzata da linee vocali semplici e dalla consapevolezza della sconfitta, ma non riesce a catturarci e ci fa pensare a influenze pop-rock che, davvero, con gli Eluveitie c’entrano poco .

Tullianum“, breve intermezzo narrato, porta il nome del carcere romano dove Vercingetorige venne rinchiuso dopo essersi offerto a Cesare in cambio della vita dei superstiti ad Alesia. Pochi secondi di agonia a rappresentare la sofferenza di lunghi anni, conclusasi con la spietata esecuzione del capo gallico in occasione delle celebrazioni in onore della vittoria di Cesare: una traccia di pochi secondi che ci lascia con l’amaro in bocca.

Siamo ormai alla fine del nostro viaggio ma gli Eluveitie hanno ancora qualcosa per noi: “Uxellodunon“, ultima vera canzone dell’album, parla dell’ultima rivolta contro l’impero romano di un piccolo gruppo di Galli presso l’omonima roccaforte. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un massacro senza pietà (la storia tramanda che a tutti coloro che in quell’occasione presero le armi contro i romani vennero, come monito, mozzate le mani, ndr) ma a narrarcelo è una canzone che non lascia spazio alla rassegnazione o alla sottomissione. Orgoglio e inflessibilità potrebbero essere le parole chiave di quest’ultimo pezzo, caratterizzato da un bel ritornello orecchiabile e sentito.

Ed è con la voce di Alexander Morton che il cerchio si chiude: poche parole che da sole varrebbero l’intero album che sfumano in un ultimo, drammatico, pezzo di whistle, orchestra e coro. E’ già passata un’ora? Non sembrerebbe eppure è così.
Helvetios è un album monumentale è compatto, che riesce a conciliare la profondità del songwriting con un prodotto finale efficace e diretto. Alla faccia di chi diceva che la band non avesse più molto da dire all’interno del genere.
Probabilmente il miglior album folk metal di sempre.

  • 9,5/10

  • ELUVEITIE - Helvetios

  • Tracklist

    1. Prologue
    2. Helvetios
    3. Luxtos
    4. Home
    5. Santonian Shores
    6. Scorched Earth
    7. Meet The Enemy
    8. Neverland
    9. A Rose For Epona
    10. Havoc
    11. The Uprising
    12. Hope
    13. The Siege
    14. Alesia
    15. Tullianum
    16. Uxellodunon
    17. Epilogue


  • Lineup

    Chrigel Glanzmann: Vocals, Mandola & Mandolin, Tin & Low Whistles, Bagpipes, Bodhràn
    Merlin Sutter: Drums
    Anna Murphy: Hurdygurdy, Vocals, Flute
    Meri Tadic: Fiddle, Vocals
    Ivo Henzi: Guitars
    Simeon Koch: Guitars
    Kay Brem: Bass
    Patrick Kistler: Tin & Low Whistles, Bagpipe