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LIBERTEER – Better To Die On Your Feet Than Live On Your Knees

Situazioni estreme necessitano di musica estrema. Il grindcore è da sempre un genere che ha dato sfogo alla rabbia ed alla frustrazione delle classi sociali più disagiate nascendo come un’esasperazione dell’hardcore e attingendo in seguito anche dal metal estremo. Matthew Widener, già noto agli amanti del genere per la sua militanza nei Cretin e nei Citizen, crea quindi i Liberteer per dare libero sfogo alle sue idee anarchiche in un momento storico in cui, grazie al movimento Occupy, la voce del popolo ha un’importanza considerevole. Venendo al lato prettamente musicale, questo debut album è veremante un ottimo prodotto, ancorato saldamente alle radici punk/HC del genere ma anche capace di spingersi in confini vicini al death metal in alcuni frangenti e addirittura al folk! Sembra una follia, ma in alcuni passaggi, giusto brevi stacchi strumentali, Matt riesce nell’impresa di inserire nel grind elementi come fiati ed archi. La cosa non è assolutamente forzata nè artificiosa, anzi va a creare piacevolissimi contrasti che enfatizzano parecchio le parti più brutali.

Quasi inutile ovviamente fare la disamina di ogni singolo brano, anche perchè alcuni come nella tradizione del genere hanno una durata di manciate di secondi. Ciò di cui si può parlare senza problemi è la solidità e la compattezza dell’album, un muro roccioso di chitarra e batteria su cui si erge la monolitica voce di Matt, dura, massiccia ma fin troppo monocorde. Il cantato un po’ troppo ripetitivo e purtroppo va a togliere spessore alla eccelsa qualità musicale dell’album, molto più improntata come già detto sulle origini del grindcore, quindi fortemente debitrice a gruppi come Napalm Death e Terrorizer e lontanissima da cose più moderne come Nasum ed Agoraphobic Nosebleed. Parlando un po’ dei singoli brani, almeno quelli dalla durata sufficiente per poterli analizzare, il primo pezzo da novanta è l’iniziale “Build no system” che parte come una velocissima scheggia impazzita per poi diventare improvvisamente folkeggiante nella parte centrale. Primo avviso che questo non sarà il classico album grind. Notevole anche la centrale “Class war never meant more than it does now” con un’intro molto epica che va poi a sfociare in un classico brano grind, cassa dritta e pedalare! Nella seconda parte dell’album cominciano a trovare spazio brani più debitori al metal, come la bellissima “Usurius epitaph” col suo riffone vicino al death e il finale che diventa improvvisamente una ballata celtica. “Barbarians at the gate” si rivela essere uno dei pezzi più articolati dell’intero disco, con tre notevoli cambi di tempo all’interno e un riffone di chitarra così classico che ci potrebbe stare anche in un album degli Iron Maiden. Sentire come invece uno degli ultimi brani si apra con un buon “one-two-three-four!” non può non  riportare alla mente i Ramones e l’importanza seminale che i compianti finti fratelli newyorchesi hanno avuto anche per la musica più estrema. Decisamente maestosa anche la penultima traccia “I am Spartacus” in cui i tempi rallentano un po’ per lasciare spazio anche a una possibile idea del trionfo sulle oppressioni dello stato e delle multinazionali.

Concludendo, si può dire che questo esordio dei Liberteer sia un buon album, pieno di idee e sperimentale pur con i limiti del genere a cui appartiene. Chi non ama il grind faticherà ad apprezzarlo e a coglierne le sfumature, ma chi ama questo ostico genere troverà una nuova band da amare ed un album innovativo che difficilmente uscirà dallo stereo.

  • 7,5/10

  • LIBERTEER - Better To Die On Your Feet Than Live On Your Knees

  • Tracklist

    1. The falcon cannot see the falconer
    2. Build no system
    3. Without blazon (is the flag I hold up and do not wag)
    4. We are not afraid of ruins
    5. Class war never meant more than it does now
    6. Rise like lions after the slumber
    7. That which is not given but taken
    8. Better to die on your feet than live on your knees
    9. Usurious epitaph
    10. Revolution's wick burning quick
    11. 99 to 1
    12. Sweat for blood
    13. Barbarians at the gate
    14. When we can't dream any longer
    15. It is the secret curse of power that becomes fatal
    16. I am Spartacus
    17. Feast of industry


  • Lineup

    Matthew Widener. voce, tutti gli strumenti