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FOLKSTONE – Il Confine

Ci sono band che sanno come spaccare l’audience a metà: chi li ama a destra, chi li odia a sinistra o viceversa. Se questo sia fatto con naturalezza o calcolando le mosse a tavolino, oggettivamente fa più clamore la visione bianco/nero rispetto a un miscuglio eterogeneo di sfumature. I Folkstone risplendono nella prima categoria: chi li ama, li segue ovunque e ne rimane ammaliato ogni qual volta, chi li odia continua (a torto, per essere sincero) a considerarli come la versione italiana di act stranieri dediti allo stesso genere.
I Folkstone, ad ogni modo, preferisco sempre analizzarli dal lato ‘evolutivo’. Non è da tutti, nell’arco di poco più di un lustro (ricordiamoci che il primo ep è del 2007) passare da act sconosciuto a band di punta del folk metal italiano; attraverso una serie infinita di concerti, quattro dischi e numerosi cambi di formazione, quello che era un gruppo di amici che volevano solo divertirsi si sono tramutati in professionisti, riuscendo a dare un alone caldo e profondo ad ogni passo compiuto. L’ultimo di questi si chiama “Il Confine” e mostra una band completamente cambiata per feeling e assetto.

Tralasciando “Sganghogatt”, l’ultimo lavoro in studio (“Damnati Ad Metalla” del 2010) mostrava una compattezza raggiunta ma ancora con grossolana cura e approccio timoroso. ”Il Confine” (e mai titolo risulterebbe più appropriato) segna una netta distinzione: in primis la produzione è incredibilmente meticolosa ed elaborata, anch’essa in crescita costante, i suoni sono limpidi e tondi nella loro totalità e le performance sono meticolose e studiate in ogni minimo passaggio. Il songwriting è più guitar oriented in molti punti e la stessa voce di Lore (pur nella sua ruvidità) cerca nuove soluzioni e nuovi spazi in cui esprirmersi; in ultima spiaggia, dopo un susseguirsi di ascolti, si riscontrano arrangiamenti ‘nuovi’ rispetto al passato, che in certi episodi rappresentano la vera differenza.
E se ascoltando songs come “Non Sarò Mai” o “Frammenti” o “Lontano Dal Niente” troverete il tipico e quadratissimo marchio di fabbrica della band bergamasca, affrontando capitoli come “Storie Qualunque”, “Simone Pianetti” e “Grigie Maree” potrete sollazzarvi con la nuova vena ispirata della band. La versione di “C’è Un Re” dei Nomadi lascia il tempo che trova, ma i veri highlight del disco rimangono “Il Confine”, song cupa e cadenzata in apertura, la successiva “Nebbie”, più melodica e diretta, l’innovativa “Omnia Fert Aetas” e la superba “Luna”, oltre alla versione acustica di “Vortici Scuri” posta in chiusura.

Credo che nella vita prima o poi si arrivi a un bivio, davanti al quale si è costretti ad effettuare una scelta. I Folkstone hanno scelto di rischiare, di autoprodursi (come sempre) e di rinnovare il sound. A parere di chi scrive “Il Confine”, pur essendo un disco di altissimo livello, rappresenta un punto di passaggio che è solo lontanamente riscontrabile all’interno di queste quattordici tracce. Per cui, godiamoci questi sessanta minuti, ma rimaniamo all’erta perché il prossimo capitolo sarà il capolavoro.

  • 9/10

  • FOLKSTONE - Il Confine

  • Tracklist

    1. Il Confine
    2. Nebbie
    3. Omnia Fert Aetas
    4. Non Sarò Mai
    5. Luna
    6. Anomalus
    7. Storia Qualunque
    8. Frammenti
    9. Lontano Dal Niente
    10. Ombre Di Silenzio
    11. Simone Pianetti
    12. C’è Un Re
    13. Grige Maree
    14. Vortici Oscuri (versione acustica)


  • Lineup

    Lore: Voce e Cornamusa
    Teo: Cornamusa, Bombarda, Ghironda e Cori
    Roby: Cornamusa, Bombarda e Cori
    Andreas: Cornamusa, Bombarda, Percussioni e Cori
    Maurizio: Cornamusa, Bombarda, Cittern, Flauti e Cori
    Silvia: Arpa e Percussioni
    Federico: Basso e Cori
    Edo: Batteria e Percussioni

    Special guest:
    Mattia Pavanello: Chitarra
    Coro ‘Le Due Valli’: Cori