Wake up the dead. Letteralmente, in questo caso. Questo album dei Leukemia è stato morto e sepolto per quasi vent’anni, chiuso a doppia mandata in una bara di oblio e dimenticanza immeritate, a cui per fortuna il buon Dan Swanö con l’aiuto della Vic Records ha posto fine. Anno Domini 1994. Periodo di splendore per la musica pesante in generale, con il metalcore che era solo una brutta parola senza significato, il grunge che stava tirando gli ultimi, i Pantera e i Sepultura sulla cresta dell’onda, i Green Day che rendono il concetto di punk appetibile anche per i boy scout ed il death metal made in Sweden che comincia a rendersi una miniera d’oro per le etichette. Questo è pressapoco il contesto musicale in cui tre pazzi riuniti sotto il moniker di Leukemia incidono il loro terzo ed ultimo album, appunto questo Love rimasto nell’oblio per una valanga di anni, rimasterizzato di recente da Dan Swanö e adesso pronto per essere finalmente ascoltato. Un’avvertenza giusto per chi fosse abituato ai suoni tipici del death metal del terzo millennio: qua non ci troverete niente di tutto quello a cui siete abituati, niente trigger, chitarre super pompate, bassi che colpiscono lo stomaco come un macigno, solo il suono come esce dallo strumento, diretto e crudo senza manipolazioni. Per qualcuno sarà un suono piatto ed anacronistico, per me è un esempio di coerenza, in quanto sarebbe stato assurdo snaturare lo spirito di Love con dei suoni moderni ed ipercinetici. Ok, avvertito chi di dovere ci si può addentrare nella disamina attenta del disco, che pensando ai tempi in cui venne composto era qualcosa di veramente molto avanti, qualcuno all’epoca lo avrebbe definito “togo”, una testimonianza delle idee che stavano prendendo piede nella testa di Lord K. Philipson e che in parte sarebbero poi confluite nei suoi Project Hate MCMXCIX. Il death metal nei Leukemia è infatti il concetto di base su cui poi il trio è andato a lavorare fino a rendere questo lavoro una amalgama veramente strana e particolare in cui confluiscono soprattutto influenze industrial, ma anche bordate thrash ed elementi progressive. Esempio lampante di una struttura “classica” dell’album è la lunga ed articolata opener “Emotionally dead”, in cui l’intelaiatura costruita su un solido riffone swedish death lascia spazio a cambi di tempo e partiture molto vicine al progressive e una apertura melodica in cui le clean vocals (suppongo di Dan Swanö, visto che è accreditato come produttore e backing vocalist) fanno capolino. Se i primi brani sono un po’ strani ma tutto sommato digeribili ed assimilabili, con “Sad” arriva la prima e vera sorpresa: un brano dal fortissimo sapore industrial, lento, cadenzato e con gelidi inserti elettronici, su cui si staglia incredibilmente bene il timbro della voce di Jocke Granlund, straziato e in grado di trasmettere perfettamente la sensazione di tristezza e dolore. Veramente un’ottima prova la sua dietro il microfono, molto personale e perfettamente in linea con lo spirito avanguardistico di quest’album, tant’è che viene da chiedersi perché tra i componenti dei Leukemia lui sia l’unico di cui si siano perse effettivamente le tracce. Per chiudere il discorso definitivamente sulle influenze che caratterizzano Love e potere tracciare un quadro completo della situazione c’è da dire che in alcuni momenti tirati fa capolino qualche riff che sa di Bay Area thrash ed un pizzico di irruenza hardcore a rendere qualche brano particolarmente diretto. Per non parlare di qualche sprazzo veramente brutal e lo spirito degli Edge of Sanity che ingentilisce un lavoro che a tratti è davvero asfissiante.
Chiaro il quadro della situazione? No? Vi capisco. Effettivamente Love è un disco ostico, seminale, un po’ prolisso ed indubbiamente troppo lungo, che a volte sembra quasi un gioco ed altre prende risvolti di una profondità inaspettata. Probabilmente se fosse uscito quando è stato inciso sarebbe stato ignorato o criticato, ma erano altri tempi e se non ricordo male anche alcuni album dei Death non furono accolti bene inizialmente. Pur non essendo assolutamente un capolavoro, oggi col senno di poi possiamo goderci questo disco ed apprezzarlo per le sue doti avanguardistiche, che lo rendono un prodotto quasi naive ma assolutamente interessante e meritevole di attenzione sotto molti punti di vista.