Romanticamente parlando, i dischi sono delle autentiche opere d’arte; si può insistere riguardo al genere o agli arrangiamenti elevati che lo compongono ma per crearlo ci vogliono passione, tempo, soldi e sudore…inoltre, il legame lirico/musicale, pur se negli ultimi tempi ha preso connotati disequilibrati, deve essere studiato sotto ogni punto di analisi, forgiando dal connubio le emozioni di cui tanto necessitiamo.
Era qualche anno che non mi trovavo al cospetto dei Magnum ed era da più tempo ancora che non analizzavo un album dedito alle ballads…con una frequenza da band giovanissima, Tony Clarkin e soci plasmano uscite annuali e in questo 2017 decidono di abbracciare un’idea controccorrentista: riprendere in mano una poderosa manciata di ‘lenti’ e donar loro uno smalto diverso. Di per sé la mossa commerciale non può essere annoverata tra le più interessanti, essendo un prodotto mirato ai fans e ai collezionisti, ma se è vero che ciò che conta è la ‘mera musica’ allora il cerchio si chiude: come ogni disco della band inglese “The Valley Of Tears” trasuda feeling ed esperienza in ogni solco, arrivando nel profondo con pochi ascolti.
Sul lato ‘tecnico’ il quintetto non si scosta molto dalle ultime uscite, ponendo gli accenti maggiori su una resa vintage e sulle sterminate capacità interpretative di Bob Catley, mentre nella scaletta si può trovare una variegatura sfacciata che abbraccia gli ultimi episodi con qualche piece più datato…songs come “Dream About You”, “Face In The Crowd” e la stessa titletrack appaiono con maggior mordente mentre altri momenti come “Back In Your Arms Again” e “Broken Wheel” si compongono di un pathos più diretto; highlights rimangono l’acustica (e mitica) “Lonely Night”, la solenne “Your Dreams Won’t Die”, la sofferta “Putting Things In Place” e la celebre “When The World Comes Down” (qui ritratta in una live version emozionante), dove la magnificenza dei Magnum fuoriesce con classe pulsante.
Tirando le somme “The Valley Of Tears” palesa quanto sia difficile scrivere delle ballads di classe senza perdersi in amorfi cliché; un disco che non tutti capiranno ma che mostra il coraggio di combo che non si da per vinto nonostante le primavere abbiano abbondantemente superato il n° 50.