Una frase che ho sempre apprezzato, ma non ne ricordo il proferitore, è ‘a volte la miglior musica è il silenzio’…un concetto che amo veder palesizzato in campo discografico, specie da quelle band che non attraversano periodi sereni e qualitativamente soddisfacenti. Il prendere tempo per risolvere eventuali situazioni scomode e per rimettersi in moto rimane, a mio avviso, la più grande libertà creativa…
Ai Malevolent Creation ci sono voluti cinque anni…”Invidious Dominion” non aveva convinto e mostrava una band in affanno e poco concentrata, capace di sciorinare violenza irragionevole e smodata senza infliggere eccessivo danno; ma il tempo per rifarsi è finalmente arrivato grazie a questo “Dead Man’s Path” che vede, tra l’altro, il rientro nella band di Justin DiPinto dietro ai tamburi. Il songwriting sembra essersi evoluto notevolmente, caratterizzando brani più complessi e di maggior durata, e la ‘voglia’ di suonare del sano death metal pare essere ancora quella dei primi anni 90, particolare da sottolineare per giustizia e onestà.
Con la presenza di Dan Swano in consolle, tutte le dieci songs si aspergono di un’aerea maligna e rabbiosa che incute terrore; le performance sono allucinanti e tecnicissime, dove i numerosi cambi tra uptempos e extreme permettono di assistere anche a una corretta capacità di arrangiamento, mentre i suoni appaiono corposi e ben amalgamati (è un piacere sentire il rullante durante i blast beat). Mixing e mastering, sempre ad opera di mr. Swano, pongono sugli scudi l’impatto feroce e devastante del quintetto.
Esperienza e personalità viaggiano a braccetto in capitoli come “Corporate Weaponry”, “Resistance Is Victory” e “Exctintion Personified”, dove i tecnicismi disparati si uniscono a un riffing d’altri tempi; violenza inaudita potrete trovarne in “Soul Razer”, “Imperium (Kill Force Rising)” e “Fragmental Sanity”, mentre la maggior variegazione si paleserà in “Blood Of The Fallen”, “12th Prophecy” e la galoppante “Face Your Fear”; da segnalare infine l’attacco doomy caratterizzante la titletrack, che vi mostrerà i Malevolent Creation sotto una luce meno ossessiva.
Il primo lavoro del quintetto statunitense per Century Media ha tutti i presupposti per essere considerato un vero capolavoro; il genere estremo necessita di innovazione e influenze, certo, ma anche di conferme stabili da parte dei suoi pionieri.