Scrivere di certe band non è mai facile e il rischio di trattarle superficialmente è molto più probabile rispetto ad act sconosciuti…specialmente se si è fan da una vita entra in gioco quella maledetta componente emotiva a cui si è legati indissolubilmente, per cui occorre concedersi il giusto tempo di assimilazione e di non scadere in quel vortice di cliché da tirapiedi tanto allettante.
Erano anni che non parlavo dei Mr. Big…da quando hanno scelto di riunirsi in formazione originale, ormai quasi un decennio fa, la band californiana è tornata a far parlare di sé con maggiore frequenza grazie ad una serie di fortunati tour e di uscite inedite. Ammetto che il precedente “The Stories We Could Tell” non fosse propriamente un disco all’altezza del nome della band (specie dopo l’effervescente “What If…”), per cui le prospettive verso questo “Defying Gravity” nutrivano una componente ambivalente…Eric Martin e soci hanno scelto di realizzare un disco di medio spessore, carico di quel rock anni 70 che da sempre è il loro amore, unendovi la vena melodico/virtuosa tipica del sound della band.
La produzione è curata e versatile, arrangiata ad hoc per ogni singolo capitolo…i suoni sono caldi e intensi, ricchi di rotondità moderna e appeal vintage, resi ancora più efficaci da un mixing dinamico e da un mastering attento a non uccidere l’ascolto. Le performance sono come sempre passionali, diligentemente bilanciate tra resa e virtuosismi; la profonda devozione verso il blues fuoriesce soprattutto grazie alle scelte solistiche di Paul Gilbert e all’attenzione ritmica del duo Sheehan/Starr, sopra le quali Eric Martin può lasciar fluire un’interpretazione non sempre diretta e facilmente assimilabile.
“Defying Gravity” possiede le carte per piacere sia ai vecchi che ai nuovi fans…”Open Your Eyes”, “Mean To Me” e “Nothing At All” sono brani di facile presa che dal vivo non faranno prigionieri, mentre con “Damn I’m In Love Again” e “Forever And Back” ritroveremo quella vena romantica che solo loro riescono a creare. La titletrack, “Nothing Bad (Bout Feeling Good)”, “1992” e la conclusiva “Be Kind” rimangono gli highlights di queste 11-pieces, dove i Mr. Big mostrano di essere sempre una band di primo piano.
Sarà che finalmente possono suonare ciò che a loro piace realmente o sarà la possibilità di poter registrare in presa diretta e con il produttore dei primi tre dischi, ma la resa dei Mr. Big sembra essere tornata ad uno status di grazia degno del loro nome. Disco intelligente e attento in cui gli spunti interessanti non mancano.