Non è un caso, quindi, se l’immagine che traspare, da un ascolto dell’album in questione, è quella di una distesa d’acqua azzurra e al contempo limpida, tanto chiara quanto è il sound che ci viene proposto: leggero, mai eccessivo, nonostante si lavori all’interno di un sottogenere del Metal, e mai esageratamente cupo e oscuro, come ci si potrebbe aspettare dall’etichetta Gothic.
Un album decadente, malinconico, ma che tende sempre uno sguardo verso l’altro, consapevole della risalita che avviene dopo l’aver toccato il fondo.
“Despair“, “Cycles” e “Rain Over My Tears” sono le tracce che meglio rispecchiano la produzione dei Rainover, con un’impostazione che richiama chiaramente i Within Temptation, non solo per la voce leggera della cantante Andrea, ma anche per la vera e propria struttura dei brani, nonostante vi si discosti per il contrasto fra la voce femminile e la maschile, talvolta in growl.
Spiccano “An Ocean Between Us” per la presenza di un tappeto tastieristico molto presente e l’ampio utilizzo di orchestrazioni, e “Dust And Dawn” per un accostamento al Rock anni ’80 con qualche sfumatura Dance, resa grazie ad una venatura elettronica che accompagna tutto il lavoro, e per l’incredibile somiglianza con lo stile vocale di Sharon Den Adel.
“Hopeless” è l’unica ballata dell’album, nonchè la traccia più rappresentativa del Gothic Metal: le tastiere, le orchestrazioni molto leggere e la chitarra arpeggiata per gran parte del brano. “Remembrances” è, invece, peculiare per un aperto riferimento al nome originario della band.
Intensa, profonda, emozionale, la musica dei Rainover è la viva rappresentazione di un sogno, che si presenta nei suoi colori più brillanti, per poi svanire e lasciare, inevitabilmente, il vuoto.
