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SCOTT WEILAND AND THE WILDABOUTS – Blaster

Non ho mai capito se certi personaggi della fortunata era grunge ci fossero o ci facessero; accanto al gusto musicale notevole e alla capacità di scaturire uno degli ultimi ‘movimenti musicali’, era contemplato un contenuto gossiparo che spiattellava al mondo dipendenze di vario tipo o casini oltre il limite della decenza. Il risultato era doppiamente positivo: chi si indignava dell’immagine ne apprezzava comunque la musica e chi invece voleva vivere alla stregua delle star maledette ne riceveva un grande incipit.

Di Scott Weiland si può dire tutto ma non che sia un animo tranquillo. Benchè meno oltranzista di altri personaggi della propria era, il carattere fortemente scontroso (unito agli eccessi perpetrati) è riuscito a fargli perdere posto in alcune delle band più blasonate e ricche di questi ultimi vent’anni, finendo per essere una specie di ‘rogna’ da gestire. “Blaster” ci riporta invece alla sua carriera solista, essendo il secondo nascituro, e cerca di rendere grazie alle origini che hanno spinto il buon Scott a scegliere la via della musica; i contenuti cari al blues anni 70, al beat e al surf si uniscono a una vena più cruda (tipica del sound delle band di cui ha fatto parte) che prova ad apparire equilibrata. Il risultato, per quanto poco innovativo, appare comunque gradevole e ascoltabile. 

La produzione è volutamente polverosa e poco ‘tecnologica’, capace di mettere in prima linea la vena melodica della band; i suoni sono schietti e ruvidi, dotati di un intelligente studio a tavolino, mentre le performance sono votate alla ‘bellezza’ delle strutture. Il mixing riesce a equilibrare le dinamiche del disco, ponendo in auge i mielosi arrangiamenti vocali e la forza interpretativa di mr. Weiland.

Modzilla” apre il disco in modo cattivo ed energico, finendo per essere la song più potente dell’intero platter; gli occhi si annebbiano in presenza di songs come “Way She Moves”, “Bleed Out” e la conclusiva “Circles”, mentre si sobbalza sulla sedia sulle note bluesy di “White Lightning”. “Beach Pop” ci riporta a più di cinque decenni fa, mentre “Youth Quake”, “Hotel Rio”, “Parachute” e “Amethyst” ricevono la palma d’oro come episodi meglio riusciti. La cover dei T.Rex “20th Century Boy” non lascia il segno, finendo per essere un pallido tentativo di presentare un brano con troppe rafforzature.

Scott Weiland ci mette la faccia, proponendo un disco di semplice rock contaminato…per chi si aspetta canzoni in stile Velvet Revolver o Stone Temple Pilots questa uscita deluderà; ma per chi non si aspetta altro che musica, “Blaster” sarà comunque un valido acquisto.

  • 6,5/10

  • SCOTT WEILAND AND THE WILDABOUTS - Blaster

  • Tracklist
    01. Modzilla
    02. Way She Moves
    03. Hotel Rio
    04. Amethyst
    05. White Lightning
    06. Blue Eyes
    07. Bleed Out
    08. Youth Quake
    09. Beach Pop
    10. Parachute
    11. 20th Century Boy (T.Rex cover)
    12. Circles

  • Lineup
    Scott Weiland: Vocals
    Tommy Black: Bass & Guitars
    Jeremy Brown: Guitars
    Dan Thompson: Drums