La prima antinomia, non a caso, emerge immediatamente ad un primo ascolto: siamo ben lontani dal sound leggero, poco naturale e quasi perfettamente orecchiabile del commercialissimo hard rock album precedente, quale “Rubicon”. Con “Darkest White” ritroviamo l’essenza del metal, che nella produzione passata era stata quasi completamente svilita, in funzione di una maggiore cantabilità.
Un album grezzo, dal sound pieno, che ritrova la sua vena drammatica ed oscura nella voce di Anders Høvyvik Hidle, ma anche la sua chiarezza e semplicità con la limpida musicalità di Mariangela Demurtas. Un contrasto netto fra due orizzonti melodici, placato esclusivamente dalle malinconiche note di Kjetil Nordhus.
Quasi del tutto assenti le tastiere, che lasciano il posto ad un impianto chitarristico notevolmente unitario. Semplice ed efficace il basso, sempre presente e ben scandita, invece, la batteria, nella creazione di un tessuto musicale del tutto omogeneo. Totalmente compatta e pulita la produzione.
La traccia iniziale “Number” riassume perfettamente l’essenza dei Tristania: le influenze Death e Doom Metal, la vena di Blues, e il Gothic caratteristico delle sonorità di questo gruppo. Sulla stessa scia, possiamo collocare anche “Diagnosis“, “Scarling” e la bonus track “Cathedral“. Più cattive ed oscure sono, invece, “Night On Earth” ed “Arteries“.
“Himmelfall“, la titletrack “Darkest White” e “Cyper” esprimono al meglio la vena drammatica e malinconica di questo album, nelle sonorità tipicamente nordiche, che talvolta richiamano gli Amorphis di “Silent Waters” e “Skyforger”.
“Requiem” e “Lavender” sono da considerarsi le ballad di questa produzione, anche se, di fatto, del genere “ballata” hanno ben poco. Caratterizzate da ritmi lenti e da chitarre arpeggiate, consentono alla voce di Mariangela Demurtas di emergere in tutta la sua bellezza.
Un salto di qualità notevole per un gruppo che sembrava ormai destinato ad intraprendere la strada della produzione commerciale e dell’artificialità nella costruzione della musica. “Darkest White” descrive perfettamente da sé come anche l’oscurità possa essere piena di luce.