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The Skull @ Spazio Ligera, Milano, 11/10/18

 

A giudicare dagli eventi che vedo pubblicizzati in rete pare che al momento, a Milano e dintorni, il palco di riferimento per gli amanti di doom, stoner, psichedelia e in generale delle correnti del rock duro che affondano direttamente le loro radici negli anni ’70 sia quello del Ligera.

È quindi con una certa curiosità che mi avvicino all’ingresso del locale, la sera in cui The Skull si presentano a Milano per promuovere il loro secondo album, il freschissimo ’The Endless Road Turns Dark’, e due cose saltano subito all’occhio. Uno, siamo pochini. Due, quasi tutti i presenti hanno più di quarant’anni di età. In ambo i casi non dovrei stupirmi, ma per gente che ha scritto pagine di storia del doom (Eric Wagner e Ron Holzner vantano una lunga permanenza nei Trouble, e se mentre leggete avete un’espressione interrogativa vuol dire che vi mancano i fondamentali…) forse era lecito aspettarsi qualche anima in più, e un maggiore interesse da parte dei giovani ascoltatori. Ma tant’è.

 

Entro nel locale e vedo un tizio un po’ imbiancato che firma autografi al bancone del bar mentre si fa una birra con un fan. E’ Ron Holzner, e decido di approfittarne anche io dopo aver fatto una puntata al banco del merchandising. Purtroppo il buon Ron firmerà con un diabolico pennarello di quelli che non asciugano istantaneamente e poi chiuderà i booklet, con il risultato tristemente appiccicoso che tutti potete immaginare. La prossima volta li obbligo a firmare con il mio, di pennarello. Maledizione.

 

Dopo un breve check la formazione attacca con ‘Trapped Inside My Mind’, dall’album di esordio di quattro anni fa. A dispetto dei miei timori iniziali il basso soffitto a volta e le ridotte dimensioni del seminterrato in cui si svolge lo show non compromettono più di tanto l’audio, ogni strumento è chiaramente distinguibile e possiamo quindi apprezzare lo spessore del suono della band e al tempo stesso i virtuosismi individuali.

Eric Wagner parte un po’ in sordina, ma dopo cinque minuti la voce acquista sicurezza e recita i suoi rituali allucinati con la solita immensa classe. Tanto carismatico quanto statuario sul palco, la sua espressione di pietra, tra il solenne e l’estatico, sottolinea sempre alla perfezione il carattere ‘spirituale’ delle composizioni che portano la sua firma.

Ma il resto della band non rimane indietro. In particolare destano ammirazione le ‘fughe’ di Lothar Keller, autore della maggior parte degli assoli, ma anche il modo in cui scambia la parte da protagonista con la seconda ascia Rob Wrong, con il quale sembra aver sviluppato una perfetta sintonia, e il lavoro della batteria, asciutto ma spietato e potentissimo, e capace di ‘rifinire’ là dove gli altri erigono un muro di impressionante potenza.

Dopo poco più di un’ora equamente ripartita tra entrambi i dischi, è il momento dei bis. Eric scherza con un pubblico ingordo, nonostante il suo evidente affaticamento (“I do it for free, man…”) e infine accontenta anche chi non vuole saperne di tornare a casa senza aver celebrato il glorioso passato dei Trouble. Arrivano puntuali, quindi, chicche come ‘At The End Of My Daze’, ’The Tempter’ e ‘Bastards…’ prima che la band si congedi definitivamente e che la si possa raggiungere per gli autografi (stavolta con il mio pennarello…) e per i saluti.

 

Nota a margine. A onor del vero, per qualità e omogeneità, il nuovo materiale non sfigura vicino ai classici, e questo dà la misura di quanto i The Skull siano una realtà che ormai non deve più temere il confronto con la pesante eredità dei Trouble, e che anzi sia lecito aspettarsi degli interessanti margini di evoluzione.

 

Scaletta

 

Trapped inside my mind

Till the sun turns black

Ravenswood

Breathing underwater

The sun draws near

The touch of reality

A new generation

The longing

The endless road turns dark

Send Judas down

For those which are asleep

 

Bis:

R.I.P.

At the end of my daze

All is forgiven

The tempter

Bastards will pay