Alle volte, cercare di distinguere i punti salienti di un determinato show risulta parecchio difficile, soprattutto quando questo ne ha offerti tanti.
Pensate dunque a quanto possa essere difficile parlare di un festival, insomma, ognuno lo vive in un modo diverso,vede cose che ad altri sfuggono e ne perde tante altre, ma quello che importa è essere li, viversi il momento e godersi la propria “rilassante” vacanza al di fuori della solita routine.
In questo articolo racconterò la mia personale (prima) esperienza in quello che è probabilmente il festival più conosciuto ed importante d’Europa, il WACKEN OPEN AIR, la mecca del metallo.
Seguirò bene o male la cronologia di arrivo, cercando di non dilungarmi troppo, ma se siete qui solo per leggere riguardo i concerti avvenuti, vi consiglio di scorrere in basso fino a 01/08/2018.
Aspettativa: L’aspettativa era alta per quanto riguarda il festival in generale, ma bassa per i concerti Pensavo che (, dati i continui cambi di band tra un palco e l’altro) il suono sarebbe stato di scarsa qualità e mi aspettavo di vedere tutti i gruppi da grande lontananza.
Fortunatamente cosi non è stato e salvo pochi concerti, i suoni sono sempre stati all’altezza di grandi e piccoli nomi facendomi da subito capire che se a Wacken volere è potere in molti casi tra cui il piazzarsi in un’ottima posizione per guardare il proprio artista preferito.
Mi ero sempre fatto l’idea che a Wacken piovesse sempre, infatti mi aspettavo 6 giorni di, ma cosi non è stato, ottimo per certi versi, ma disastroso per altri
La temperatura registrata è stata infatti una delle più alte degli ultimi anni, il sole cuocente sebbene illuminasse tutti i concerti, dava parecchio fastidio durante lo svolgimento di questi, difatti è stata un’impresa riuscire a rimanere tutto il giorno impuntati di fronte ai vari stage.
L’entrata: Entrare nell’area campeggio del W.O.A. può sembrare una passeggiata, teoricamente basta seguire le indicazioni o chiedere informazioni, ma sta di fatto che, tra indicazioni poco chiare da parte degli addetti e cartelli che si contraddicevano da soli, in più persone (compresi noi) hanno avuto problemi.
Fortunatamente il paesino è piccolo, quindi una volta trovata la giusta via, ci siamo messi in coda finché non è arrivato il nostro turno di parcheggiare.
Immaginate Neil Armstrong atterrare sulla luna, ecco, mettere il primo piede sopra la terra di Wacken è stato simile.
Prime ore: Dopo aver montato le tende, ed aver fatto amicizia con i vari vicini, ci siamo avviati verso gli appositi sportelli per prendere il braccialetto identificativo (questo fa le veci del biglietto, senza esso non si può infatti entrare nell’area concerti) e la Full Metal Bag, contenente varie cianfrusaglie, tra le quali un preservativo, un sacco dello sporco, una borraccia (elemento importantissimo per sopravvivere nel fest) e varie altre cose.
Eravamo pronti per quella che a mio avviso è stata una delle settimane più belle di sempre, , senza sprecare un attimo, abbiamo da subito iniziato ad esplorare il i dintorni.
Servizi: Sebbene fossimo arrivati il 30 Luglio (ufficialmente i concerti sarebbero iniziati l’1 agosto) e quindi l’area centrale fosse ancora chiusa, abbiamo trovato tutto il necessario per vivere in armonia in un campeggio.
C’erano bagni, docce, vari rubinetti per riempire le borracce, una zona ambulatoria, bancarelle, un piccolo mini market/bar piazzato sotto un tendone, ed altre cose più o meno interessanti.
Per arrivare in quest’area dalla nostra tenda bisognava camminare per qualche minuto, e cosi è stato praticamente per tutti, la fortuna di aver montato la tenda vicino a questa zona è spettata a pochi.
La lontananza dal punto centrale può scoraggiare qualcuno, ma una volta abituati, ed imparata la strada giusta, questa non pesa più di tanto anche perché i punti di riferimento non mancano, basta solo fissarli nella mente, dal camper con aerografata sula portiera una bella donzella in perizoma alla bandiera più alta issata, dai cancelli che si vedevano in lontananza del Wackinger alla discarica di ruote in parte alla propria tenda.
Come tutto basta un po’ di abitudine, ed il gioco è fatto.
Le prime giornate: Di giorno si girava urlando “Wacken” tra le tende e andando alla ricerca di cose da fotografare o negozietti da vedere, specialmente usciti dal campeggio ed entrati nella vera e propria cittadina di Wacken (parlo della parte abitata dalle famiglie del posto) dove ogni pochi metri era situato un “official merch store” per gli articoli firmati Wacken Open Air e sebbene ogni negozio avesse la maggior parte degli articoli uguali a quello in parte, si poteva trovare qualche articolo che altri non avevano.
Nel paesino non poteva mancare il ridente e gioioso mini market, che sembrava più un buco dove flotte di persone entravano “ordinatamente” uscendo successivamente con metà negozio.
Insomma… anche se i circa 2000 abitanti erano in netta minoranza, erano molto organizzati.
I bambini salutavano dalle casette facendo il segno del diavolo ed i vecchietti guardavano i greggi di “pecore nere” correre per strada occupando tutta la carreggiata.
Le prime notti: Le prime notti sono state a mio parere le migliori, non c’erano show in ballo, quindi la gente pensava solo a divertirsi e lo faceva nel modo più pazzo e chiassoso che si possa.
Ho fatto diverse amicizie nuove ed ho bevuto assieme a sconosciuti giocando a giochi mai giocati prima o ballando ubriachi a suon di musica.
Ogni area del campeggio aveva qualcosa di particolare, c’era chi aveva costruito un vero e proprio fortino, chi aveva più casse per la musica che terreno, chi aveva creato gruppi più o meno grandi con connazionali (ad esempio ricordo benissimo un gruppo veramente grande di Cileni) o chi lanciava luci colorate al cielo, facendo sembrare la propria piccola tenda una casetta in festa.
Diciamo che descrivere esattamente gli avvenimenti su quel piccolo terreno tedesco risulta difficile, ma è inutile negare che anche la più inutile delle azioni, a Wacken diventava un momento magico.
Per quanto riguarda il dormire, se fossi stato abituato a prendere sonno per le 22.00 probabilmente avrei passato un’orrenda notte, tra dj che continuavano a far suonare musica dalle proprie gigantesche casse fino alle 3.00 di mattina ed il calore insopportabile dentro la tenda sarei crollato.
Piccola precisazione da fare; si, di notte non si riusciva a momenti ad addormentarsi dal caldo che faceva, ma il peggio è stato di mattina, dove le temperature calavano di molto, dando un brutto, ghiacciato, risveglio.
Area centrale: Il primo agosto è stata la prima giornata di concerti (per lo più minori, fatta eccezione per qualche band tipo i Sepultura), ed hanno dunque aperto la zona centrale del festival, per intenderci, la zona che viene sempre riportata nelle foto del festival, dove si può trovare di tutto.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le bancarelle presenti erano o di vestiti a tema o di cd/dischi, nuovi e usati, non mancano però grossi nomi come Impericon o Emp (a proposito di questa, molto bella e comoda la sua area riservata al Backstage club, con bagni puliti, fontanelle, posti a sedere, un bar “privato” e gadget gratuiti) o i vari negozietti particolari, ad esempio nel Wackinger (l’area del festival dedicata al panorama celtico/folkloristico) dove si poteva “vivere” dentro un panorama medievale, con giochi cibi e bevande legate alla tradizione popolare, ma anche negozietti di oggetti intagliati o cappelli fatti a mano, oltre a questo venivano proposti (a pagamento) dei giochi antichi a premi, o delle lezioni di spada.
Le pietanze offerte nei vari street food potevano sfamare quasi tutte le bocche ( quasi perché avendo un’amica vegana, riporto che lei non ha trovato nulla per la sua dieta in questi, ma fortunatamente c’era il mini market del paese che offriva prodotti adatti.), dalla carne, alle patate olandesi, alla “pizza” al taglio (che dai, non era male) ed ovviamente i tipici bratwurst tedeschi.
Oltre a tutto ciò c’era anche una specie di galleria d’arte, dove vendevano diversi dipinti tra i quali copertine di album (ricordo per esempio il dipinto dell’artwork di “The Scarecrow”, degli Avantasia) o l’area dedicata allo yoga (corso che si svolgeva tutte le mattine).
Un sogno per qualsiasi metallaro, anche se.. (nota dolente), la birra (solo Becks) veniva servita solo bionda o un misto con idromele, quest’ultimo veramente buono.
01/08/2018 Show: Il primo show al quale ho assistito è stato quello dei nostrani Tarchon Fist, (vincitori della Wacken Metal Battle Italiana) al WET stage, il palco più importante tra quelli più piccoli posizionato sotto un grandissimo tendone.
L’audio era Eccellente e la performance è stata di alto valore ma sebbene il pubblico abbia apprezzato molto la loro esibizione, non sono riusciti ad entrare nella top 5 dei vincitori di quest’edizione, peccato.
Sempre restando nei paraggi, mi sono spostato al Wackinger stage (che come potrete capire, è lo stage dedicato alle band folkloristiche, medio minori) dove hanno suonato prima i Bannkreis, band tedesca di rock folkloristico acustico, che ha incantato tutti i presenti con una grande performance da parte di tutti i membri e più tardi i Dartagnan, che con il loro folk rock danzante hanno fatto scatenare i presenti, tra danze, trenini e balli azzardati,
Per quanto riguarda la prima giornata, questo, è stato lo show che ho preferito, mi sono veramente divertito ed è stato un piacere ascoltare questa band.
L’ultimo show al quale ho “assistito” è stato quello dei Sepultura al WET stage, anche se non mi è stato permesso di entrare per via degli spazi ridotti; ebbene si, non so per quale motivo, ma qua ha sbagliato l’organizzazione, ad una certa (prima del concerto) lo staff ha chiuso l’entrata del WET stage, impossibilitando la visione dello show a centinaia di persone, che, come me, sono state dietro la transenna a cercare di scorgere qualcosa tra le aperture del tendone.
Dal poco che ho potuto vedere la performance non è stata male, anzi, direi molto buona, Derrick Green ha dato tutto con la voce e mi è sembrato in più che ottima forma, cosi come il batterista Eloy Casagrande, che ha battuto sulle pelli in modo divino, facendo risuonare i pesanti suoni dentro la testa.
Peccato solo non essere potuti stare sotto al palco ad applaudire perché sebbene le mie aspettative fossero basse, mi hanno fatto ricredere.
02/08/2018 Show: Eccoci alla prima, vera data del Wacken Open Air.
Le prime luci del mattino confermano che anche questa sarà una giornata all’insegna del sole e del calore, ma niente può fermare un metallaro voglioso di correre in un gigantesco circle pit o di sfidare sui eguali in un wall of death.
Eccoci giunti finalmente all’area riservata agli stage principali, Faster (posto sulla sinistra) Harder (posto centralmente) Louder (posto sulla destra).
L’emozione è molta, essere finalmente nel luogo dove si hanno visto migliaia di video e foto sul web non ha prezzo; quindi, dopo aver baciato il suolo, mi sono avviato verso il Louder per il primo show della giornata, quello dei Tremonti.
Dopo qualche minuti di attesa il sotto palco si è riempito, lasciando però molto posto negli spazi più esterni (erano circa le 14.00, quindi probabilmente molti stavano ancora dormendo).
Quando la band è uscita, è stata accolta da esili applausi, di gente che doveva ancora riprendersi dalla serata precedente.
Sebbene i suoni fossero molto buoni e la band abbia eseguito i brani al limite della perfezione, lo show non è riuscito a prendermi, poco incitamento da parte del giovane Mark e poca differenza tra un brano e l’altro.
Successivamente, mi sono diretto verso l’Harder, che rispetto al palco precedente era già pieno.
A suonare sarebbe stato Vince Neil (ex Mötley Crüe ) con il suo progetto solista.
Nell’aria giravano voci che il concerto sarebbe stato sospeso, per via del lutto del cantante Americano, pochi giorni prima (come ha ricordato anche sul palco) ha infatti perso la madre, ma questo non l’ha fermato dal salire sul palco e riportare live alcuni dei suoi pezzi più famosi.
Calato il telone la band ha intimato le prime note della famosissima Dr Feelgood, facendo scatenare i presenti dal primo istante.
Applausi a tempo salti e cori, il pubblico ha reagito bene.
Purtroppo ho letto e sentito parlare molto male di questo show, ma devo dire che sebbene Vince non sia stato certamente all’altezza degli album in studio, la loro performance è stata a mio parere molto valida.
Sul palco sono stati tutti delle tigri(anche considerando l’età), Vince ha saputo intrattenere la folla da vero professionista, Dana e Jeff si sono mossi perfettamente e… menzione speciale al batterista Zoltan Chaney, che con la sua energia ed i suoi trick mi ha tenuto con lo sguardo costantemente incollato ai suoi movimenti.
I suoni sono stati molto buoni, e la scaletta pure, con vari classici del repertorio dei Mötley , quindi a mio avviso, questo è stato uno show promosso a buoni voti.
Come se niente fosse, a Wacken, si passa dal glam frizzante e ballabile di Vince Neil al black/death dei Belphegor (WET stage), che hanno tenuto come loro solito, uno show che non passa inosservato.
Il palco era come sempre durante i loro show, pieno di croci rovesciate miste ad ossa e come ormai viene sempre fatto, una volta suonate le prime note di “Conjuring The Death” due finti “monaci” sono entrati sul palco, quasi a voler dare l’immagine di una messa nera in corso.
Tecnicamente sono stati mostruosi, ottima esecuzione di ogni brano ed ottima presenza scenica, i suoni potevano essere migliori, la voce mi è sembrata leggermente bassa ma comunque lo show è passato a pieni voti.
Tutto bello, tutto ottimo, ma se dovessi confrontarlo con lo show tenutosi qualche ora più tardi, non ci sarebbe confronto.
Probabilmente quello a venire è stato il concerto più atteso per i fan del black metal, perché sul palco sarebbero saliti i Gaahls Wyrd, la band norvegese del famosissimo cantante ex Gorgoroth “Gaahl”.
Ancora una volta dopo i Sepultura, ho visto il WET stage pieno, ma fortunatamente questa volta ero dentro.
Quello dei Gaahls Wyrd è stato uno dei concerti che più ho apprezzato dell’intero Wacken, sarà perché la figura del cantante norvegese mi ha sempre incuriosito ed era la prima volta che lo vedevo live, sarà perché Gaahl sa incantare il pubblico, sarà perché sembrava di ascoltare un album in studio, ma lo show è stato fantastico.
La voce del frontman, profonda e misteriosa, ha fatto una bellissima scena live senza cedere e restando precisa in ogni canzone; anche se devo dire che il meglio l’ha dato con il suo clean vocals e sebbene le parti con questa tecnica siano state molte meno rispetto a quelle in scream, a mio avviso hanno reso di più.
Nella scaletta ho riconosciuto diversi classici scritti durante la sua carriera nei Gorgoroth, pezzi come “Carving a Giant” o “Incipit Satan”, che sono stati accolti dalla platea con grida di approvazione.
03/08/2018 Show: Il mattino è iniziato prima del previsto.
L’idea di vedere i Dark Tranquillity a Wacken premeva forte nella mia mente non facendomi riprendere il sonno; cosi, dopo una rinfrescata fatta nella calde docce del campo, ho fatto quello che avrebbero fatto tutti… mi sono messo a girare per i dintorni desolati da solo, godendomi l’alba in quel bellissimo panorama campagnolo, un inizio di giornata particolare e molto apprezzato.
Più tardi, arrivato l’orario di apertura per i main stage, mi sono diretto al Louder, dove prima dei Dark Tranquillity avrebbero suonato gli Amaranthe.
La band era da me conosciuta solo di nome, ma una volta iniziato il loro show, sono rimasto sconvolto negativamente.
Ho sempre trovato brutta la presenza di due cantanti su un palco, quindi vederne tre mi ha lasciato molto perplesso, soprattutto in quanto due su tre cantassero si e no una piccola strofa a canzone, restando con “le mani in mano” per tutto il resto dello show.
Le canzoni personalmente non mi sono piaciute, le parti strumentali nulla di che ed i suoni al limite dell’accettabile, anche se vocalmente, tutti e tre se la sono cavata bene.
Non posso dire che lo show sia stato pessimo perché comunque qualche elemento buono come la cantante che oltre ad aver cantato egregiamente ha avuto carisma, c’è stato; ma la musica elettronica che prevaleva sul resto, i due cantanti che sono rimasti fermi per più di metà show e lo scarso valore che mi è sembrato dato a batterista/bassista e chitarrista, me lo hanno fatto valutare negativamente.
Finito il concerto degli Amaranthe e liberatasi la transenna, sono corso a posizionarmi sotto il centro palco, aspettando l’entrata di una delle band melodeath più famose di sempre.
Dai vari art work posizionati sul palco, tra bandiere e colori, il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato quello che anche durante questo show, la band avrebbe proposto molti pezzi del loro ultimo album Atoma e sebbene una volta entrati siano partiti alla grande Encircled, le canzoni che sono seguite più tardi hanno variato tra i vari album, ahimè senza toccare “Skydancer” o “The gallery”.
Lo show è stato veramente bello, anche se a differenza di quello a cui ho assistito a Bologna, Mikael era leggermente sottotono e purtroppo mancava Chris Ammott alla chitarra.
Ho però apprezzato molto il fatto che non abbiano usato suoni registrati per sostituire il chitarrista assente, lasciando a Johan Reinholdz il compito di riempire tutte le parti a 6 corde con la sua Ibanez.
Il pubblico ha omaggiato la band per tutto il concerto, ed il solito stupore, ed i vari ringraziamenti di Mikael, come se fosse la prima volta che suona live, mi hanno conquistato ancora una volta.
Lo show è stato chiuso al massimo, con Misery’s crown, dove il cantante Svedese è sceso tra il pubblico ed ha dimostrato nuovamente il suo valore dal punto di vista socievole, battendo cinque, prendendo in braccio un ragazzo che stava per cadere dopo un crowd surfing e cantando di fronte alla prima fila, non facendosi quasi notare a sbagliare l’entrata per il bridge, ma questo non possiamo non perdonarglielo.
Non smetterò mai di stupirmi per questi signoroni che riescono sempre a dare forti emozioni ed a fare grandi show, senza parlare della loro cordialità durante il meet and greet, tenutosi poco dopo il loro show.
Più tardi, restando a grandi linee sullo stesso genere, mi sono spostato verso lo stage Faster, per lo show dei Children Of Bodom.
L’ultima volta che vidi la band Finlandese, mi lasciò con dell’amaro in bocca, i suoni dello show a cui avevo assistito al Live music club di Trezzo (per il ventennale del loro primo disco “Something Wild”) erano stati pessimi, lasciando sembrare tutto l’evento un fallimento… ma fortunatamente cosi non è stato a Wacken.
La band guidata da Alexi Laiho ha deciso di iniziare lo show con uno dei suoi classici più conosciuti, “Are You Dead yet?”, che ha avuto immediatamente una forte risposta da parte del pubblico.
Accompagneranno tutto lo show dei suoni straordinari (anche se, come ha fatto notare Janne stesso, avrei qualcosa da ridire sul basso volume della tastiera) ed ovviamente, il sole cuocente che seppur fastidioso per la nuca, ha donato una bella visuale del palco.
I pezzi suonati sono stati presi da diversi album dando la possibilità ai fan di godersi buona parte della discografia e salvo qualche piccolo errore, soprattutto durante i soli, non ci sono sbagli da riportare.
Diciamo che se a Trezzo mi sono fatto un’idea, qua a Wacken l’ho cambiata e tra pogo, circle pit e crowd surfing, mi sono anche divertito veramente tanto.
I COB hanno saputo riconquistarmi, e adesso non vedo l’ora di poterli rivedere in Italia.
Apro una parentesi per raccontarvi una piccola vicenda successa durante questo show, che considero una delle tante magie del W:O:A.
Rientrando di corsa verso centro palco, dopo un crowd surfing, sono riuscito in un modo poco umano, a riconoscere un amico che non avevo mai visto prima dal vivo.
Questo ragazzo, lo conobbi infatti pochi mesi prima su face book e ricordo anche che, una volta avvicinatomi, gli dissi “Sembravi più grosso e vecchio”, insomma… questo avvenimento ha dell’ impossibile.
Dopo aver assistito a pochi minuti del concerto dei Nightwish dove le mie orecchie hanno dolcemente sentito le melodie di pezzi come “End of All Hope” o “I Wish I Had An Angel”, mi sono diretto verso l’area “Meet and greet”, per conoscere di persona uno dei gruppi più influenti della scena melodeath di Gothenburg e parlo degli In Flames che poco dopo avrebbero tenuto il loro show a pochi metri di distanza, presso il Faster stage. Dato che la mia esperienza con un membro della band non è stata molto piacevole (non voglio fare nomi in quanto spero sia stato solo un brutto momento) non parlerò del mio incontro con loro, ma andrò subito a parlare del loro show. Il vasto prato (o quello che ne rimaneva) di fronte allo stage era pieno, le prime file erano affollate perlopiù da ragazzi dal giovin pelo, ma l’aria respirata in tutto il circondario era quella di grande eccitazione.
Durante l’ultimo show tenutosi a Wacken, gli In Flames fecero fuoco e fiamme, anche se la voce di Anders sugli scream e growl non fu all’altezza del resto della band. Piccolo preavviso, purtroppo prima dello show a Wacken. non avevo mai avuto l’occasione di vedere il gruppo Svedese live, quindi le mie aspettative erano basate su video visti online (tra questi anche quello del wacken che ho citato prima). Durante tutto il concerto durerà un gioco di luci molto ricercato, anche se in generi musicali ben diversi, la scenografia fa la sua parte, anche se non mi convince a pieno, avrei preferito fuoco e fiamme, ma come già detto in un altro articolo.. i tempi cambiano e gli In Flames sono una di quelle realtà che sono cambiate col tempo e non di poco.
La scelta della scaletta è stata azzeccata, dando molto spazio a pezzi più vecchi come “Take This Life” o “Only for the Weak” ma senza tralasciare pezzi degli album più recenti, che sebbene in studio non mi siano piaciuti, live hanno superato l’esame. Aspetto fondamentale di questo show è Anders in perfetta forma vocale, che mi ha veramente sorpreso, non avrei mai pensato di sentire live degli scream da parte sua fatti in buona maniera, ma cosi è stato, il cantante è riuscito a tenere botta per tutta la durata del concerto e per questo va premiato. Ovviamente anche dalla parte di Gelotte e soci nessun errore, il concerto è filato liscio come l’olio. Certe canzoni sembravano mixate meglio di altre, ma forse è stata semplicemente l’onda di crowdisti che mi volava i testa a farmi inebriare i sensi.
Gli In Flames si sono guadagnati grandi applausi da parte di tutto il pubblico e del sottoscritto, chiudendo la mia personale serata di concerti, in vista dell’ultimo, grande giorno.
04/08/2018 Show: Dopo pochi minuti dal risveglio, l’aria respirata è la stessa che circola per tutto il campeggio, un’aria nostalgica ed a tratti triste, d’altro canto il festival sta finendo e lo spettro della solita monotonia riservata dalle abitazioni originarie dei presenti si avvicina.
Ma non bisogna disperare, perché la data di oggi sarà piena zeppa di eventi importanti, quindi cappe in spalla e ci si dirige verso L’Harder stage, che ospiterà i Wintersun.
Scaletta corta quella dei finlandesi, ma questo perché ogni brano ha una durata consistente, eppure sembra tutto un momento da vivere, sembra tutto passare alla svelta.
Come di consuetudine la band capitanata dal talentuoso Jari Mäenpää (che ricordiamo essere passato alla sola voce qualche anno fa) non sbaglia un colpo, la tecnica elevatissima dei singoli musicisti scandisce ogni nota, ma non manca l’effetto scenico ed il carisma di Jari che fa cantare la folla e la trasporta nel suo freddo universo epico con pezzi come “Time” e “Sons Of Winter And Stars”. Lo show non ha momenti bassi e procede a gran ritmo fino alla sua conclusione, che arriva fin troppo presto. Ancora una volta i talentuosi musicisti hanno saputo dare il massimo, divertendosi come matti sullo stage, dimostrando che fare musica è oltre ad un’arte uno svago. Sullo stage di fianco i preparativi per il concerto più festaiolo del giorno stavano per iniziare.
Ad esibirsi con grande richiesta saranno gli Alestorm, il gruppo piratesco che in questi ultimi anni ha ottenuto un notevole interesse da parte di critica e fan.
Keelhauled è la prima scelta della band, le sue melodie non riescono a trattenere i presenti dal danzare e creare circle pit, che lasciano in secondo piano l’ottima esecuzione dei musicisti.
Le “finte navi” a terra con centinaia di “rematori” coinvolgono tutto il pubblico e c’è anche chi crowda “surfando” letteralmente su un altra gente o chi “nuota” nel fango incitato dal pubblico. Le idee pazze ma divertenti non hanno un limite in uno show del genere e man mano che pezzi come “No Grave But The Sea” o la ballad intonata da buona parte del pubblico “Nancy the Tavern Wench” si alternano, il sottopalco diventa sempre più rovente.
La band continua ad incitare i presenti e verso metà show, lancia sul pubblico l’enorme paperella di gomma firmata Alestorm, che è stata fatta roteare fino a fine concerto.
Il concerto è volato, ma si è guadagnato il posto di show più divertente del Wacken, grandi Alestorm.
Dopo una piccola pausa a farsi firmare un paio di dischi dai Wintersun presso l’area meet and greet, mi sono diretto verso lo stage Harder, dove avrebbero suonato i Gojira, una delle realtà metal più forti e convincenti degli ultimi anni.
I loro dischi in studio sono sempre stati apprezzati da pubblico e critica, cosi come i live. Prima d’allora, non avevo mi assistito ad uno show della band francese, ma le aspettative erano alte, anche se purtroppo non sono state soddisfatte sotto certi criteri che ritengo essenziali per la buona uscita di uno show.
Premetto che i musicisti singolarmente abbiano suonato veramente bene, senza errori e con grande abilità tecnica, ed anche se i suoni non sono stati mixati benissimo, la parte sonora rendeva parecchio, facendo sembrare il live un cd.
Quello che veramente non ho apprezzato per nulla, è stato l’approccio col pubblico praticamente assente per tutta la durate dell’evento. La band è stata molto statica durante tutto il concerto, rendendo il tutto a mio avviso noioso anche se sono stati suonati pezzoni come “L’enfant Sauvage” e “Vacuity”.
Ma questo non è bastato, ricordo infattio molto bene che a circa metà show pensai “spero finisca presto”.
Mi spiace molto per i Gojira che sono una band validissima e che mi piace molto, ma immaginavo questo show in altro modo, so di andare contro a molte persone, ma questo è tutto.
Poco più tardi, mentre dalla lontananza osservavo il divertente show degli Steel Phanter, il palco per gli Ensiferum al Louder stage era quasi pronto.
Aspettative non molto alte per questo show, la band Finlandese da qualche tempo in crisi dopo alcuni anni passati sulla cresta dell’onda, aveva recentemente perso la talentuosa tastierista e cantante Netta Skog e dopo lunghe ricerche non ne aveva ancora trovata una sostituta. Ma ancora una volta le mie aspettative vengono ribaltate, Petri e soci entrano sul palco carichi e regalano uno show memorabile, all’insegna del folk metal. La scaletta varia tra classici e nuove canzoni ma non lascia spazi a chiacchierate inutili.
Il ritmo frenetico fa saltare e mi fa tornare quella voglia di Ensiferum che mi era passata da qualche anno, cosi, come un fan sfegatato, mi avvicino sempre più alla transenna prendendo gomitate e scarpate in faccia. Lo spettacolo è eccezionale e grazie alle alte prestazioni dei singoli lo show procede a gonfie vele, unico punto a sfavore, come già detto prima, la mancanza della tastierista e l’utilizzo (inevitabile) di registrazioni vocali per le sue battute durante le canzoni, ma per il resto resta tutto perfetto.
Sami sfoggia al massimo le sue abilità al basso ed incita costantemente il pubblico, anche più rispetto al frontman, che non resta però impassibile e si fa vedere attento e preso dallo show. Petri è riuscito a mantenere buona la sua voce per tutto l’evento, calando leggermente solo nella parte finale, ma niente di drastico. Lo show non poteva che concludersi con due dei pezzi più amati della band “Lai Lai Hei” e “Iron”, scritti dall’ormai frontman dei Wintersun Jari Maenpaa (la cui band stava assistendo dal retro palco allo show dei connazionali), suonati alla perfezione ed intonati da tutti i presenti.
Con molti ringraziamenti, la band esce lasciando dirigere la maggior parte dei presenti verso l’harder stage, per il concerto più atteso della giornata e forse di tutto Wacken, parlo dei mitici Helloween. Una band nata ad Amburgo che suona a pochi km di distanza dalla suddetta città, durante il suo tour Pumpkins United che vede sul palco molti degli ex membri della storica band power metal Tedesca. La tensione nell’aria era palpabile, ed i secondi sembravano darsi il cambio come fossero ore, ma dopo l’annuncio della band e le prime note di “Halloween” suonate dietro al telone che ancora stava coprendo lo stage che però volutamente faceva scorgere le ombre dei musicisti, tutto è sparito, lasciando spazio ad applausi a tempo e grida. Finito il breve intro, un grande scoppio ha accompagnato l’ascesa del telone ai piedi del palco, ed eccoli li, Kiske, Sascha, Weikath e tutta la band, a suonare per il loro pubblico, che aveva riempito tutta l’area disponibile di fronte al palco. La voce di Kiske anche se non perfetta è stata gradita da tutto il pubblico, il pubblico è senza età, perché la loro musica, come il metal in generale, è senza tempo o moda, anche se qui in particolare, si parla di una band che ha sfornato diversi capolavori. Dopo l’entrata di Andi i cantanti (compreso Kai Hansen che ha cantato un meddley di “Starlight”/”RideThe Sky” e “Judas”) si sono un po’ alternati facendo un paio di pezzi ciascuno o cantando insieme. Dopo aver fatto cantare il pubblico la ballad “A Tale that Wasn’t Right” e la più recente “Pumpkins United” si è giunti a circa metà show.
A questo punto, la band ha lasciato il palco al batterista Daniel Loeble rimasto seduto dietro le pelli pronto ad onorare il purtroppo deceduto, Ingo Shwichtenberg batterista originario della band. Sullo schermo in fondo al palco è stato fatto partire un video di un suo assolo di batteria, nel mentre che questo procedeva, l’attuale batterista ne riproduceva i suoni live. Forti applausi hanno accolto la fine di questo tributo e successivamente la band è ripartita alla riscossa con altri classici come “A Little Time” o per il primo “encore” “Eagle fly Free”.
Giunti verso la fine mi sarei aspettato di sentire “Victim Of fate”, uno dei miei pezzi preferiti creati band, ma purtroppo non è stata suonata, lasciando spazio a Kai per degli assoli di chitarra, a “Future World” e la conclusiva “I Want Out”.
Giunto al termine il concerto, un inaspettato lavoro pirotecnico con fuochi d’artificio volati dietro al palco ha sbalordito la platea.
Non posso dire altro se non che gli Helloween hanno confermato quello che ci aspettava dal loro show, precisione, suoni di gran qualità, presenza scenica perfetta ed anche il fattore sorpresa è stato soddisfatto.
Fine show Helloween e conclusione: Cosi, dopo non essere riuscito a prendere al volo una delle pelli lanciate dal batterista, mi sono diretto a comprare le ultime cose ed a vedere gli ultimi show spezzettati. L’esperienza a Wacken è stata come già detto una delle più belle che abbia mai fatto, se siete arrivati a leggere fin qui vuol dire che in qualche modo sono riuscito a farvi incuriosire un po’ e a trasmettervi la gioia che mi ha accompagnato durante tutta questa settimana.
Salutati gli amici conosciuti e la sacra terra non è stato facile, ma i ricordi che mi sono portato dietro valgono più di molto altro.
Detto questo mi auguro di vedervi presto alla prossima edizione del WACKEN OPEN AIR, pronti anche voi a divertirvi come non mai.
In my heart, in my soul
I really hate to pay this toll
Should be strong, young and bold
But the only thing I feel is pain