Loading

Watain + Rotting Christ + Profanatica @ Live Club, Trezzo sull’Adda, 11/11/18

Il rituale andato in scena ieri sera al Live di Trezzo era, inutile dirlo, un appuntamento immancabile per gli amanti del black metal; a fare da padrone sono state le sonorità oscure e maligne dei Watain, istintive seppur con qualche spazio concesso a melodie comunque sempre diaboliche, e quelle relativamente epiche dei Rotting Christ, meno morbose ma decisamente più raffinate. Il tutto, naturalmente, condito con croci rovesciate e gare di bestemmie creative, come nella migliore tradizione.

L’onore di introdurre la serata di gala spetta ai Profanatica, trio americano dedito a un black metal tanto primitivo quanto essenziale, capitanato dal cantante e batterista Paul Ledney. Se il look appare decisamente studiato, facendo però somigliare i tre sinistri messaggeri di morte alle guardie di carta della regina di Alice nel Paese delle Meraviglie, non si può dire altrettanto della proposta, spesso basata su costruzioni molto elementari. Nei rallentamenti, però, e nei brani finali dello show, il trio dona il meglio del proprio repertorio, per una prestazione che, a conti fatti, arriva alla sufficienza.

[fotografia gentilmente concessa da Manu Liotto Photography, che ringraziamo per la disponibilità]

Salgono quindi sul palco i greci Rotting Christ. Forti di un suono perfetto, nitido e molto definito per gli standard del genere, Sakis Tolis e sodali macinano riff pesanti e ritmati, conditi con cori ripetuti ossessivamente, creano un buon contatto col pubblico e sfoderano le loro armi migliori: “Elthe Kyrie“, agitata come sempre, la mistica e tribale “Apage Satana“, la violenta “The Sign of Evil Existence“. Il finale è lasciato alle evocative “In Yumen / Xibalba” e “Grandis Spiritus Diavolos“. La prestazione dei nostri risulta assolutamente convincente, e conferma che anche in sede live i Rotting Christ siano uno dei gruppi più interessanti nel panorama metal estremo attuale.

[fotografia gentilmente concessa da Manu Liotto Photography, che ringraziamo per la disponibilità]

Terminato lo show del gruppo greco, è quindi il turno degli headliner della serata, i Watain. A questo giro Erik Danielsson deve rinunciare alle sue solite manie incendiarie, ma anche se al Live in quest’occasione non arde nemmeno una candela, il palco è come al solito arredato da tridenti, croci rovesciate, catene e simboli vari.

[foto gentilmente concessa da Melissa Crema, che ringraziamo per la disponibilità]

Dopo una breve intro dal sapore gregoriano, i nostri esordiscono con l’ormai classica “Storm of the Antichrist“. La potenza sonora degli svedesi si manifesta a tutti i presenti, nonostante la scelta deliberata di mantenere un suono ovattato e oltremodo riverberato (soprattutto la voce di Danielsson). Ciò non inficia però il risultato finale, e i Watain rigurgitano violenza mefistofelica sulle note della recente “Nuclear Alchemy“. Come al solito, tra un brano e l’altro il cantante interloquisce, decantando macabri rituali, ma anche omaggiando il nostro connazionale Set Teitan (chitarrista turnista dei Watain, ex Aborym, che fu al centro di un polverone mediatico per via di un presunto saluto nazista in un concerto in Svezia). Non manca poi il momento di “Furor Diabolicus” e di “Malfeitor“, gioiellino di black metal contemporaneo perfettamente in equilibrio tra odio cieco e melodie vagamente malinconiche. Chiude il sipario infine “The Serpent’s Chalice“, che appone il sigillo a una notte fatta di demoni e di riti pagani.