Dopo un album di successo, acclamato dalla critica come l’apice dell’evoluzione musicale della band, è sempre difficile venire con un follow-up che sia all’altezza delle aspettative, e ancor più difficile è superarle. Questo è proprio il caso dei Borknagar che, quattro anni dopo l’acclamatissimo “Urd”, in occasione della celebrazione dei vent’anni di attività, pubblicano “Winter Thrice”.
Dopo vent’anni, il sound della band è totalmente cambiato: partiti come band black metal, hanno lasciato sempre più spazio alle influenze folk e progressive fino ad arrivare a questo nuovo album in cui confluiscono tutte le esperienze di più di vent’anni di lavoro di musicisti eccellenti. Winter Thrice, frutto della mente del chitarrista Øystein G. Brun, si propone come una sintesi di questi anni di lavoro e, riprendendo da dove era rimasto Urd, procede oltre, inondando l’ascoltatore, già dalle prime note di “The Rhymes Of The Mountains” di un sentimento di riverenza e impotenza davanti alla magnificenza della natura, suggerito dalle armonie di chitarra e dai duetti tra voce pulita e growl di Vintersorg e ICS Vortex.
Segue la canzone che dà il nome al full lenght, “Winter Thrice”, che a mani basse può essere definita un capolavoro a livello di performance vocale: oltre alle voci dei Borknagar ha dato un contributo anche il vocalist delle origini della band, Garm, che appare in un contesto totalmente inaspettato, offrendo un incredibile tono progressive al brano.
L’apice del growl di Vintersorg però si ha in “Cold Runs the River”, brano che comincia come vero e proprio black metal in chiave Borknagar che risale a “The Olden Domain” … ma l’atmosfera cambia continuamente! Si passa da puro black metal a melodie progressive ed echi folcheggianti, tutto perfettamente messo insieme da melodie di tastiera e chitarre.
E il meglio deve ancora arrivare: il vero capolavoro dell’album è “Panorama”. Questa canzone va oltre qualsiasi interpretazione progressive che io abbia sentito negli ultimi tempi: la sonorità non è mai la stessa; appena si pensa di carpire la struttura musicale e prevedere un andamento, tutto muta! Le influenze che si possono percepire in questo brano sono svariate e vanno dal rock psichedelico anni ’70 delle tastiere classicheggianti, alle sonorità folk che ricordano i vichinghi di Tyr nei cori armonizzati, tutto eccezionalmente combinato da ritmi sincopati e mai uguali della batteria di Baard Kolstad.
Il livello della produzione non si abbassa, continuando ad offrire canzone dopo canzone un nuovo spettacolo godibile tanto individualmente quanto nel contesto di questo album curato in ogni dettaglio. “When Chaos Calls” ed “Erodent”, due tracce lunghe, si presentano come due storie o due odi raccontate con lo stile epico dei Borknagar, saturate di suoni diversi tutti in perfetta armonia, che fanno viaggiare la mente dell’ascoltatore. “Noctilucent” d’altra parte, il brano più breve dell’album – di circa quattro minuti! ndr. –, sembra una classica ballata, un lento con ritmo valzereggiante e con un assolo che ricorda classici blues.
“Terminus” invece è la traccia perfetta per chiudere un full lenght eccezionale. In circa sette minuti ripropone quella che è l’essenza dei Borknagar: ricerca musicale continua difficilmente classificabile in un unico genere. Anche in questa canzone a Vintersorg si affianca Garm che presta ancora una volta la sua voce.
C’è poco da aggiungere: un album perfetto in ogni dettaglio, curato sia nelle lyrics che nell’aspetto musicale. L’interpretazione è impeccabile e la produzione eccezionalmente professionale. Senza ombra di dubbio Winter Thrice è ciò che di meglio i Borknagar abbiano mai regalato al pubblico.
