In una realtà, quale quella italiana, che ad un primo impatto appare ancora lontana dall’essere pronta ad accettare una mentalità musicale aperta ai generi del Metal, sorprende come, invece, siano sempre di più le band disposte ad accettare la sfida di intraprendere questo percorso tanto ostico.
Gli Eternal Silence rappresentano l’ennesima dimostrazione che il gioco vale la candela: formatisi a Varese nel 2008, rilasciano ora il loro album di debutto dal titolo “Raw Poetry“. Una produzione Symphonic Metal, che si discosta in maniera piuttosto notevole dall’impostazione nordeuropea di questo genere, nonostante annoverino fra le influenze grandi band come Nightwish, Epica, Within Temptation e After Forever.
Immancabile un’overture strumentale ad aprire questo album: “Musa“, il titolo della opener che introduce direttamente all’aspetto orchestrale della sinfonia, con melodie e ritmi realizzati completamente dagli archi.
L’aspetto strettamente Metal, invece, si manifesta perfettamente a partire dalla seconda traccia, “The Day Of Regret“, che con riff cattivi e ritmi serrati, e l’alternanza di voce femminile e voce maschile, rimanda lontanamente al duetto di Simone Simons (Epica) e Roy Khan (ex Kamelot) di “The Haunting”, sfiorando talvolta punte di Power Metal a livello strumentale, per poi restare peculiare dell’intera produzione.
A discostarsi da questa tipica impostazione Symphonic, “December Demise“, che introduce a qualche venatura di Gothic, portando avanti una struttura costituita esclusivamente da archi e tastiere, sulle quali spicca la leggera voce di Marika Vanni, e “Forlon Farewell“, ballad dell’album, che si apre con il medesimo assetto, per poi lasciar entrare pian piano tutti gli strumenti, senza tornare però all’impostazione “cattiva” del resto dell’album.
Orchestrazioni leggere e sempre presenti, che si accompagnano a tappeti tastieristici malinconici e strutture ritmiche forti e precise, sulle quali spiccano una voce femminile non orientata al lirico, tipico del Symphonic nordeuropeo, ed una voce maschile non il growl, come ci si potrebbe aspettare: se si dovesse scegliere un solo aggettivo per descrivere questo “Raw Poetry”, questo sarebbe sicuramente “elegante”.
Un album per gli appassionati del genere, non facilmente digeribile da chi è abituato al motivetto “catchy”.